Lo chiamerò Vincenzo Esposito per tutelarne la privacy. La sua è una storia emblematica che ben rappresenta la condizione di gran parte dei 7058755 anziani con 75 anni e più – di cui 2.5 milioni non autosufficienti – che risiedono nel nostro Paese (l’11.7% del totale della popolazione), spesso ospitati presso le tante strutture a loro riservate.
Vincenzo, uomo di grande cultura e profonda conoscenza della storia di Napoli e del suo immenso patrimonio artistico e musicale, alla soglia dei 90 anni è stato costretto ad adattarsi più volte in abitazioni diverse. Ospite della figlia fino a qualche settimana fa, in un modesto appartamento in una zona abitata prevalentemente da immigrati africani cui ha dedicato parte del suo tempo per l’insegnamento della lingua italiana e a dispensare consigli, al ritorno a casa ha trovato l’ingresso sbarrato, buttato fuori unitamente alla donna dal compagno di quest’ultima.
Non è bastata la solidarietà dei vicini per ristabilire un minimo di ragionevolezza: gli Esposito sono stati ospitati da un’amica a Napoli, ma a Vincenzo non è stato possibile neanche riappropriarsi del pc, unico strumento di collegamento con i tanti amici ed estimatori per cui quasi quotidianamente pubblicava sui social storie di esperienza vissuta, poesie e aneddoti della sua vita professionale spesa prevalentemente per la difesa dei diritti sindacali dei lavoratori.
Fin qui, in estrema sintesi, la dolorosa vicenda vissuta con grande dignità da Vincenzo, senza mai ricorrere alle tante amicizie politiche ma sempre guardando avanti, certo di risolvere anche questa volta l’ennesima difficoltà riservatagli. Ma come affrontare con la sua modesta pensione un affitto per scongiurare il ricovero in una struttura per anziani che sicuramente rappresenterebbe la fine per un uomo in piena efficienza e dalla memoria lucida?
Ho la fortuna di vivere in casa mia, dove abito da tanti anni, e che potrei percorrere da cima a fondo a occhi chiusi… Lo spazio della casa è tanto più essenziale, quanto più un vecchio come me, e come tanti altri nelle mie condizioni, vi conducono la propria esistenza… Tanto più si è vecchi tanto più sono profonde le radici, e quindi tanto più è difficile da sopportare lo sradicamento, l’andare altrove, dove saresti spaesato, perderesti la tua identità, diventeresti un numero in mezzo ad altri numeri, così scriveva in una lettera Norberto Bobbio all’età di 89 anni, autore di uno dei più bei saggi che sia mai stato scritto sulla vecchiaia, De senectute.
Mai pensiero fu così appropriato. Una condizione, quella dei più adulti del nostro tempo, che rientra nella stessa logica del rifiuto spesso denunciata da Papa Francesco: «Quante volte si scartano gli anziani con atteggiamenti di abbandono che sono una vera e propria eutanasia nascosta! È l’effetto di quella cultura dello scarto che fa molto male al nostro mondo. Si scartano i bambini, si scartano i giovani, perché non hanno lavoro, e si scartano gli anziani con la pretesa di mantenere un sistema economico “equilibrato”, al centro del quale non vi è la persona umana, ma il denaro».
Il tema della vecchiaia, della sua qualità e dignità, da tempo non fa parte dell’agenda politica, eppure l’Italia è la nazione europea che ha visto aumentare di oltre un milione la popolazione con più di 80 anni soltanto nell’ultimo decennio, conquistando il primato di Paese più vecchio al mondo assieme al Giappone.
Non è un Paese per i giovani, non lo è per gli anziani, vergognosamente lontano da quegli standard minimi di sostegno al mondo della disabilità, una condizione vissuta con grande dignità con l’aiuto di strutture del volontariato, con sacrifici enormi delle famiglie, con i risparmi di una vita che proprio i più vecchi come il nostro Vincenzo vedono azzerati per sostenere i ragazzi senza lavoro, i cinquantenni disoccupati o in cassa integrazione o, peggio, derubati a loro insaputa per poi essere messi alla porta quando ritenuti inutili. Perché non è solo la politica a ignorarli, anche i propri cari, spesso, non ne sopportano la presenza in casa e per il loro bene (!) ricorrono alle strutture di accoglienza, quelle che in gran parte, lo abbiamo visto anche in questi mesi, significano abbandono e morte.
Quali interessi la politica da tempo al governo e all’opposizione del Paese può avere per categorie di cittadini come Vincenzo Esposito, come quei 3.1 milioni di persone disabili in Italia che secondo l’ISTAT rappresentano il 5.2% della popolazione, di quel mondo dimenticato degli oltre 60mila detenuti nei 190 penitenziari sovraffollati e nella quasi totalità in condizioni vergognose? Un Paese da rifondare, l’Italia, dove le riforme da decenni restano solo nelle belle parole a effetto di una classe dirigente prevalentemente impreparata e inadeguata che, subdolamente e in mala fede, propone ai cittadini la riduzione del numero della rappresentanza democratica nascondendo il vero tema, vale a dire il bisogno di una politica di qualità e delle necessarie regole parlamentari per abolire il mercato delle vacche, il fenomeno dell’assenteismo e l’adeguamento delle retribuzioni agli standard europei.
Il grave e delicato momento economico che attraversiamo e le prospettive certamente non confortanti a livello internazionale non fanno presagire nulla di buono: la politica continuerà in operazioni tappabuco e le sospirate riforme continueranno a restare nel libro dei sogni. Intanto, il Paese continuerà a invecchiare magari scavalcando anche il Giappone e conquistando finalmente il primato della vergogna, con l’aumento significativo dei Vincenzo Esposito in cerca di un tetto sotto cui vivere decorosamente gli anni che la vita ancora riserva loro. Un Paese incapace non solo di garantire un minimo di serenità ma anche di progettare un futuro che è già oggi, dove i giovani possano contribuire alla crescita della propria terra senza vagare per il mondo che sembra porre sempre più barriere e limiti seppellendo definitivamente quel diritto alla speranza senza il quale non esiste né presente né futuro.