Alle elementari i bambini ricevono insegnamenti atti a plasmarne la formazione e parte della personalità in maniera decisiva. Si insegna loro che costanza e impegno sono determinanti nel raggiungimento di un obiettivo. Bisogna scrivere bene, leggere tanto, ricordare le tabelline e la paginetta di storia. Durante le verifiche in classe, nasce la competizione a chi sia il più veloce, a chi riesca a ottenere il voto più alto e qualsiasi altro obiettivo possa immaginare la mente ambiziosa di un pargoletto. Quando arriva il momento della correzione dei compiti, lo sguardo severo della maestra intimorisce i più, che sperano che la grafia vada bene, di aver rispettato il rigo, di non aver dimenticato qualche doppia o di non averne messa una di troppo, di aver fatto bene i problemi di geometria e che i risultati delle espressioni siano giusti. Essere bravo, anzi bravissimo, è la grande aspirazione di un bambino, mentre non c’è gloria per i meno grintosi. Fin da piccoli si inizia a temere un fallimento, la bocciatura, il solo grande e possibile quando si ha un’età quasi sempre con una sola cifra. E si impara come evitarlo: con la forza di volontà.
Alle medie, la situazione si inverte in moltissimi casi. Emergere tra i più bravi può divenire motivo di derisione e, dunque, di vergogna, mentre i meno volenterosi hanno al contrario più speranze di integrarsi e ottenere simpatia e popolarità tra gli studenti. Maggiore è l’approvazione dei professori, minore diventa quella di una parte della classe. L’autorità dell’insegnante subisce un duro colpo, se questi non impiega buona parte delle sue energie per guadagnarsi un certo rispetto.
Da quest’anno, però, il passaggio dalle elementari alle medie sarà meno critico, poiché il menefreghismo inizierà a regnare sovrano fin dalle classi primarie. Con la Buona Scuola – un piano di governo la cui antifrastica denominazione suscita un amaro sorriso – le nuove regole del decreto legislativo n.62 renderanno quasi impossibile la bocciatura: Le alunne e gli alunni della scuola primaria sono ammessi alla classe successiva e alla prima classe di scuola secondaria di primo grado anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione.
Difatti, oltre ad aggiungere la prova Invalsi di inglese a quelle di italiano e matematica alle classi quinte, la riforma Renzi-Giannini ostacola duramente la bocciatura. Sarà possibile respingere un alunno della scuola primaria soltanto in circostanza di mancata frequenza, mentre i casi di lacune nell’apprendimento non avranno più alcun peso.
Per gli alunni delle elementari così come delle medie, si potrà fare gran festa: qualora un solo insegnante si mostri in disaccordo con una proposta di bocciatura, questa sarà automaticamente respinta, provvedendo a rimediare alle carenze dello studente con piani di recupero. Nonostante le insufficienze, dunque, bocciare sarà un’impresa ardua, e mentre la sicurezza di sé degli scansafatiche aumenterà a dismisura, i più diligenti saranno sempre meno stimolati a dare il massimo. Perché tanto passano tutti e si premiano tutti, alla faccia di quel sano principio da tempo dimenticato dal nostro Paese: la meritocrazia. In Italia resta poco spazio per i volenterosi e i caparbi, mentre i furbi ottengono tutto il resto.
Si immagina, quindi, che saranno i giovani che oggi gioiscono per l’abolizione della bocciatura coloro che un domani attenderanno una legge a favore di chi nella vita non sa guadagnarsi nulla con le proprie forze.