Il fronte del NO al referendum ha vinto, la riforma della Costituzione proposta dal duo Renzi-Boschi si è infranta contro un massiccio muro di democrazia che l’ha rispedita al mittente con un sonoro 59% delle preferenze di voto. A nulla è valsa, quindi, la faraonica campagna elettorale effettuata dal Partito Democratico che ha invaso per mesi i giornali, le TV, i siti internet e persino le odiose pubblicità antecedenti i video su YouTube. I cittadini italiani, accorsi in massa ai seggi elettorali (circa il 70% degli aventi diritto al voto), hanno difeso la Carta scritta dai padri costituenti, la Carta figlia della resistenza e dell’antifascismo.
Il premier, Matteo Renzi, a un’ora soltanto dalla chiusura dei seggi, già conscio del risultato che andava via via affermandosi, ha diramato il proprio messaggio da Palazzo Chigi, assumendosi la responsabilità della batosta subita, annunciando, come conseguenza logica, le sue dimissioni.
Volge al termine, dunque, un’azione di governo mal concepita sin dalla sua nascita, una legislatura che ha fatto della propria stabilità un patto improbabile tra le forze del centrosinistra (PD) e quelle del centrodestra, prima sancito dal Nazareno, poi dalla sola alleanza con il NCD di Alfano.
Nuove elezioni all’orizzonte, dunque, con la prossima primavera che si annuncia bollente, teatro di una campagna elettorale dai toni accesi, durante la quale i diversi schieramenti che hanno sostenuto il fronte del NO al referendum, si proclameranno fautori di quello che è certamente un grande successo del popolo e della democrazia. Ma quale potrebbe essere, in questo clima di incertezza e divisione, una scelta davvero nuova, in controtendenza a quella che è stata la politica degli ultimi anni? Chi avrebbe la forza e la spinta emotiva di scendere, per una volta, al fianco dei cittadini e farsene portavoce e garante?
Non più di due mesi fa, il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, in occasione della festa dei Verdi di Portici, ha azzardato di considerare la propria città “un partito politico”. Chi può dire se i tempi siano già tanto maturi. Quel che pare certo, però, è che Napoli, stando ai risultati recenti in termini di rilancio, ha il diritto-dovere di provarci davvero. In fondo, è proprio nella città del Vesuvio che il NO si è affermato più che in qualsiasi altra realtà del Paese, in linea con le indicazioni del primo cittadino.
Non siamo una testata suddista, tantomeno nostalgici della partenopea capitale, ma, allo stato attuale delle cose, non si può non riconoscere all’amministrazione del magistrato, l’aver riconsegnato nelle mani del suo popolo una città finora asservita solo ai poteri di Roma e delle aziende del Nord Italia, di aver rispettato l’esito di referendum come quello sull’acqua bene pubblico (al contrario della maggior parte delle città italiane) e l’aver stimolato e incoraggiato una condivisione della cosa pubblica con associazioni e realtà territoriali che operano quotidianamente nel sociale.
Napoli forza politica per cambiare l’Italia. E se non fosse soltanto una provocazione?