Neralbe è l’ultimo progetto della registra teatrale, nonché artista napoletana Luisa Corcione e sarà ospitato, fino al 30 maggio, dal Monastero delle Trentatré. La manifestazione è curata da Anna Cuomo con testi di Giovanni Chianelli e Giovanni Conforti in un audio interpretato da Noemi Francesca e accompagnati dalle musiche di La Claud. «Parlando con le monache ho provato a riconsiderare in modo laico l’essenza nell’idea comune di clausura. Ne è venuto fuori che non è un negarsi al mondo ma, diciamo, alle cose del mondo: per poter mostrare al mondo stesso la strada del colloquio ininterrotto con Dio. Dunque, è altro dal distanziamento ma un modello di apertura al creatore cui si invitano gli altri, magari non direttamente ma mostrando un esempio, è il contrario dell’eremitaggio. Stimolante in chiave artistica», ha spiegato Luisa Corcione.
Il complesso monastico delle Trentatré ospita al suo interno la Chiesa di Santa Maria di Gerusalemme, anche chiamata Chiesa delle Trentatré, e si tratta di una struttura estremamente importante e di riferimento per quanto riguarda l’arte e l’architettura del Rinascimento napoletano. Prende il nome di Monastero delle Trentatré perché questo era il numero delle monache che potevano essere ospitate nel convento, in riferimento numerologico agli anni vissuti da Cristo. È stato fondato nel 1585 da Maria Lorenza Longo, nobildonna catalana che ha fondato anche l’Ospedale degli Incurabili.
Nella chiesa sono conservate decorazioni del Settecento, sull’altare maggiore invece vi è una tavola del XVI secolo che raffigura la Presentazione di Gesù al Tempio; sul timpano invece vi è la Presentazione al Tempio di Maria. «Il monastero, detto di Santa Maria in Gerusalemme, ebbe la sua prima sede in alcuni locali annessi all’Ospedale degli Incurabili messi a disposizione da Maria Ajerba, duchessa di Termoli; le prime consorelle della Longo furono alcune prostitute che presso l’ospedale erano guarite dalla sifilide e si erano convertito (per questo il monastero era anche detto delle Pentite)».
Con Neralbe Luisa Corcione vuole trasformare la clausura in linguaggio d’arte attraverso dipinti, installazioni, sculture, momenti di poesia e prosa, ma anche danza in compagnia di alcune monache. Per la prima volta sarà possibile per i visitatori conoscere più da vicino la clausura. Luisa Corcione, vincitrice del “Fringe” 2021 con il pluripremiato spettacolo teatrale “Camille”, è da sempre impegnata anche nella pittura, nella scultura e nei diversi linguaggi dell’arte. Questo intervento artistico è un modo per scoprire i fasti del luogo, dall’origine leggendaria legata ai miti di Leda e il cigno, fino alla figura di Maria Lorenza Longo, la fondatrice.
La curatrice, Anna Cuomo, ha così descritto Neralbe: «L’installazione ricostruisce tramite interventi poetici, narrativi, pittorici, scultorei e performativi le suggestioni che derivano dalla percezione di un’assenza associata all’idea corrente di clausura. Il progetto nasce dall’interesse per la storia del sito a partire dalla specificità sociale del contesto in cui sorge: dal legame mitologico con la nascita di Castore e Polluce, alla profonda fede che spinge la nobildonna Maria Lorenza Longo a fondare il primo monastero il cui accesso non prevedesse il pagamento di una dote. La Longo sceglie di dotare il centro cittadino di un luogo di contemplazione comunitaria dove la presenza di un nucleo di donne volontariamente dedite alla preghiera potesse generare in maniera invisibile, ma fattiva, rinascita e rigenerazione.
L’installazione sembra emergere dalla stessa pietra che compone la struttura architettonica, pietra che sembra avere inglobato le esistenze delle sue residenti, apparse per frammenti nell’installazione dell’autrice. Luisa Corcione rende nuovamente presenti con l’arte queste figure sparite nell’auto-isolamento dalla società, scelta che nella pratica spirituale si connette impalpabilmente, e in maniera incomprensibile ai più, alla sfera dell’impegno pubblico. La performance della danzatrice Francesca Fogliano su coreografia di Fabrizio Varriale, ricuce la frammentarietà del loro passaggio e diviene ulteriore testimonianza della volontà di indagare la percezione del concetto attuale di clausura e quello di arte, nelle sue più tangibili ed effimere forme.
I testi di Giovanni Chianelli e Giovanni Conforti si trasformano nella traccia audio interpretata dall’attrice Noemi Francesca costituendo una sonorità che sembra venire dal diaframma del monastero, mentre le pitture di Luisa Corcione mantengono un carattere figurativo sconfessato dai panneggi che le rendono scultura: i drappi che riprendono le tonache delle monache ma anche quelli che costituiscono le quinte dei palchi, testimonianza che la mostra non possa prescindere nelle sue evidenze dalla matrice teatrale che caratterizza la sua pratica. L’intero progetto si propone di comunicare quanto quelle spose non celebrate pubblicamente non siano sparite, ma siano vive e operanti in un silenzioso processo collettivo di riconnessione con il mondo».