Fin dalla premessa, è chiara l’importanza delle visioni del digitale contenute in Nello sciame (Nottetempo, 2015), il saggio nel quale il filosofo Byung-Chul Han analizza il funzionamento dei dispositivi che stanno modificando, da tempo, le modalità della percezione, della sensibilità, del pensiero e del comportamento umano. In un mondo dominato da internet e dalla globalizzazione, ci inebriamo del medium digitale, senza essere in grado di valutare del tutto le conseguenze di una simile ebbrezza, ci dice il filosofo di nascita sudcoreana, che insegna Filosofia e Cultural Studies alla Universität der Künste di Berlino, e questa cecità e il simultaneo stordimento rappresentano la crisi dei nostri giorni.
Autore di saggi sulla globalizzazione e sui processi culturali, legati soprattutto alla comunicazione fra gli esseri umani mediata dalle protesi tecnologiche sempre più avanzate quanto invadenti, Han aveva già posto l’accento, ne La società della trasparenza (Nottetempo, 2014), sul falso mito dell’accessibilità democratica alla “realtà”, grazie alla “trasparenza” delle informazioni a disposizione di tutti, comprese quelle relative alle esistenze individuali, che diventano anch’esse trasparenti e più facilmente esposte al controllo degli apparati del potere con la scomparsa della privacy. Tra i capitoli brevi ma densi di Nello sciame ritorna a parlarne, a proposito della funzione degli occhiali informatici (Google Glass) che ci calzano al punto tale da essere percepiti come una parte del corpo e, in effetti, vedere il mondo coincide col coglierlo. Questo accade, tuttavia, con l’ottica del cacciatore, che accantona tutto ciò che non è preda, e così la percezione umana perde la qualità dell’efficienza autentica, che consiste nel guardare e soffermarsi sulle cose del mondo senza doverne fare oggetto di sfruttamento, ma per soddisfare il vitale bisogno di conoscenza.
Nell’eterno presente della comunicazione odierna, invece, gli uomini e le donne sembrano rinunciare alla narrazione di sé per controllare compulsivamente i like della loro ininterrotta connessione, dove anche il privato si trasforma in pubblico. Il medium digitale privatizza la comunicazione, se ne impossessa e trasferisce la produzione delle informazioni dal pubblico al privato, favorendo anche l’anonimo e irresponsabile fenomeno dello shitstorm (tempesta di merda) rappresentata dai commenti volgari, violenti e dagli insulti, spesso presente sui blog e sui social network.
La domanda che domina il lavoro di Han, infine, svolta in maniera più articolata nel suo saggio Psicopolitica (Nottetempo, 2016), è legata alla riflessione sulla quantità dell’informazione e sulla qualità della nostra esistenza e della comunicazione umana: la continua e massiva connessione e l’accesso a una immensa mole di informazione in tempo reale ci rendono più liberi e responsabili? Partendo dalle analisi del filosofo francese Michel Foucault, che ci raccontò del passaggio, nel XVII secolo, dal potere di vita e di morte del sovrano al biopotere che funziona, invece, con il rafforzamento, il controllo e la sorveglianza dei soggetti e delle forze che sottomette, Han descrive l’apparire della società del controllo psicopolitico, che domina senza divieti e obblighi, ma anzi ci sollecita a comunicare, a condividere e a esprimere desideri e raccoglie, intanto, informazioni su tutti gli aspetti della nostra vita.
Gli uomini e le donne contemporanei fanno sempre più fatica a far parte di una comunità o anche di una folla che si unisca per ideare e praticare un’azione comune. Sono diventati, quindi, uno sciame digitale di anonimi e isolati soggetti che si muovono come insetti, in maniera disordinata. La seduzione mitologica della libertà di comunicazione funziona e realizza, in effetti, una più ampia, gigantesca e subdola costrizione, con la formazione delle mappe psichiche dei soggetti individuali e collettivi diventati produttori di grandi masse di informazioni personali che viaggiano, nell’era della psicopolitica digitale, sulla Rete Telematica Globale a uso della commercializzazione, della produzione e del consumo delle merci materiali e immateriali, organizzata dal sistema capitalista che domina l’intero pianeta e controlla, attraverso i suoi dispositivi tecnologici, i suoi abitanti in tutti gli angoli del mondo.