Dopo aver fatto i conti con i più disparati tipi di negazionismo – pensiamo a quello pandemico o a quello climatico – oggi parleremo del negazionismo del femminicidio.
Il drammatico epilogo della storia di Giulia Cecchettin e l’intervento, straordinariamente lucido, della sorella scatenano una forte reazione da parte dell’opinione pubblica. Elena Cecchettin pronuncia parole di una potenza tale da infiammare sia gli animi di chi combatte quotidianamente per le “questioni di genere” che di quelli che, invece, combattono contro le “questioni di genere”. Dell’ultima categoria fanno parte i cosiddetti negazionisti, persone secondo cui il femminicidio non esiste: si tratterebbe di una vicenda montata mediaticamente e fondata su numeri sbagliati.
Questi soggetti descrivono chi denuncia e/o parla del fenomeno con lo stereotipo della femminista arrabbiata e profittatrice. Pensiamo soltanto ai commenti indecorosi che si sono riversati su Elena Cecchettin, definita “in cerca di visibilità”. Nemmeno il goffo tentativo del Consigliere Regionale del Veneto Stefano Valdegamberi è riuscito a minimizzare un discorso così potente. Il Consigliere ha cercato di spostare il focus sulla felpa di Elena definendone il logo satanista e, dunque, la ragazza stessa. In realtà è il logo di una famosa rivista di skate.
Conosciamo adesso, in maniera più approfondita, i negazionisti del femminicidio e le loro argomentazioni che sono, principalmente, le seguenti:
– il numero di donne uccise è costante negli anni, l’incremento percentuale è dovuto al fatto che vengono uccisi sempre meno uomini, per cui il femminicidio non esiste;
– in Italia le morti di donne sono di molto inferiori alla media internazionale, quindi il femminicidio non esiste;
– siccome la frequenza delle donne uccise si colloca attorno al valore di 0,5 casi l’anno ogni 100mila abitanti, se siamo in prossimità di quel valore (e in Italia lo siamo) abbiamo raggiunto il “minimo fisiologico”. Stiamo sereni!
Nella testa di queste persone non esiste alcuna emergenza legata al femminicidio poiché, come abbiamo già detto, è un fenomeno costante nel tempo e in calo. Il che è come affermare che la mafia non esiste perché ormai il numero di morti ammazzati è costante, da anni.
L’escalation legata al femminicidio sarebbe amplificata dal sensazionalismo, non confermato da dati. Qualcuno dice che non ha senso parlare di omicidi derivanti da questioni di genere perché la vita di una donna non è più preziosa di quella di un uomo. Sul rispetto di ogni vita siamo in accordo ma lo siamo anche sul fatto che gli uomini, solitamente, non vengono uccisi per il loro genere.
La realtà ci dice che il femminicidio è un fenomeno endemico e drammatico. L’incidenza percentuale dei femminicidi aumenta a fronte di numeri assoluti calanti per gli omicidi di altra natura. Questo significa che siamo stati bravi nel trovare il modo di ridurre certi tipi di assassinii ma non tanto bravi da ridurre quelli ai danni delle donne. Il femminicidio esiste e non cala come gli altri crimini.
Purtroppo non siamo abbastanza bravi nemmeno nella raccolta dei dati ma è una caratteristica estendibile anche ad altri paesi. Nel marzo 2022 la Commissione Statistica delle Nazioni Unite ha difatti pubblicato un rapporto che spiega quali statistiche vanno considerate per inquadrare meglio il fenomeno dei femminicidi. Secondo il report, i femminicidi sono gli omicidi volontari di una donna in quanto donna. Per intenderci, l’omicidio di una donna in un incidente stradale oppure durante una rapina non è per forza un femminicidio se non c’è una motivazione legata al genere della vittima.
La commissione ha individuato, inoltre, tre tipologie di omicidi che rientrano nella categoria dei femminicidi. In inglese, gender-related killings. Le prime due categorie di femminicidio comprendono gli omicidi di donne commessi da partner o ex partner, o da un parente. Le evidenze mostrano infatti che nella maggior parte dei casi gli omicidi legati a fattori di genere sono commessi proprio da chi è più vicino alla vittima, sia da un punto di vista sentimentale sia da un punto di vista famigliare. La terza tipologia riguarda le donne uccise da una persona, nota o meno alla vittima, con uno specifico modo di agire o in un contesto legato alle motivazioni di genere.
I negazionisti dei femminicidi sottolineeranno anche che si ammazza di più in Nord Europa, nei paesi più emancipati e dove le donne sono più libere. La percentuale di morte in Norvegia è del 41,4%, in Svezia e Danimarca del 34,5% contro il 23,9% dell’Italia. Nella trasmissione televisiva Di Martedì Mauro Mazza, giornalista, utilizza proprio questo espediente mentre risponde a Eliana Como, sindacalista: «Vorrei capire cosa sia questo patriarcato. Ha a che fare con il pater familias, con il Padre Nostro? Vi dico una cosa: i paesi dove i casi di femminicidio sono il doppio di quelli che purtroppo registriamo in Italia sono di cultura protestante, hanno abbandonato il cattolicesimo da ben cinque secoli. Queste cose vanno dette. Un po’ di confusione forse c’è. Cosa è questo patriarcato di cui tanto si parla?». Mauro Mazza sarà commissario straordinario del governo per la Buchmesse di Francoforte 2024.
Tornando ai numeri, ci dobbiamo concentrare sulla percentuale di donne uccise in Italia. In sintesi è la crescita il fenomeno da andare ad analizzare. L’ISTAT ci mette a disposizione dati dal 2002 al 2021 sulle donne vittime di omicidio, suddivisi in base alla relazione con l’omicida. Questi numeri hanno come fonte il Ministero dell’Interno.
Nel 2002 gli uomini vittime di omicidio in Italia sono stati 455, scesi a 184 nel 2021: un calo del 60%. Le donne uccise sono scese invece da 187 a 119, con una riduzione del 36%. In rapporto alla popolazione, gli uomini vittime di omicidio sono stati 1,65 ogni 100mila nel 2002, vent’anni dopo sono scesi a 0,64. Nelle donne questo rapporto ha registrato un calo meno marcato, passando da 0,64 a 0,39 ogni 100mila. A prima vista si potrebbe quindi sostenere che i femminicidi siano calati ma i dati, in realtà, non ci dicono questo.
Che cosa indicano? Indicano che nel 2021 quasi il 60% delle donne vittime di omicidio è stato ucciso da un partner o un ex partner, percentuale che sale all’84% se si considerano i parenti. Nel 2002 questa percentuale era del 52%. Tra gli uomini, nel 2021 solo il 4% circa è stato ucciso da un partner o da un ex partner, ed era il 2% vent’anni prima. Di fatto, le donne sono uccise quasi sempre da qualcuno che è loro vicino e più di quanto succedeva in passato.
I dissensi, aspri e ottusi, verso le parole di Elena Checchettin vanno a smascherare i prodotti della società patriarcale. Il negazionismo è uno di questi e dobbiamo combatterlo. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto.