Al largo di Posillipo, nell’incantevole cornice di Coroglio, protetta dalla terraferma che le tende una mano di cemento e conforto, c’è Nisida, e a Nisida c’è un carcere. Guarda l’acciaio di Bagnoli, lì a poche bracciate, e ne soffre come l’intero paesaggio deturpato. “Nisida è un’isola, e nessuno lo sa”, cantava Bennato.
A Nisida si raccontano storie, racconti di epica bellezza e fascino, come quello di Ulisse, stregato dal canto delle sirene nel tratto di mare che la unisce con Capri. I protagonisti dei giorni nostri, invece, sono ragazzi giovani, spesso giovanissimi, della stessa origine della terra che li ospita, vulcanica, esplosiva, travolgente, quella forza che non bada al danno. Come l’isola, sfidano le onde che ne testano la resistenza, come l’isola, restano a galla, in attesa di ripercorrere al contrario la strada che li ha rinchiusi lì.
A indicargli una via diversa, ci pensano le diverse associazioni e cooperative sociali che operano direttamente nell’istituto penitenziario. Tra queste, ormai dal 2015, Nesis, è un vero e proprio punto di riferimento.
Abbiamo raggiunto il Presidente, Eduardo Gravina, nella loro sede di Fuorigrotta in via Tiberio.
«Tutto è nato come un esperimento. Abbiamo promosso un primo laboratorio di ceramica all’interno del carcere minorile di Nisida già lo scorso anno. I prodotti dei ragazzi sono piaciuti, qualcuno si è proposto di acquistarli, e lì è nata l’idea di farne una cooperativa che potesse insegnare un mestiere dal quale poter ripartire dopo il periodo di detenzione, favorendo il nuovo ingresso nella società e nel mondo del lavoro. Qualcuno di questi ragazzi è stato assunto proprio da noi. È un modo per toglierli a un destino altrimenti già scritto nella maggior parte dei casi, e una via pulita per insegnargli a guadagnarsi una prima forma di sostentamento.»
Quali sono le attività che promuovete all’interno dell’istituto?
«Al mattino siamo impegnati nei laboratori a cui possono partecipare tutti i ragazzi che ne risultano interessati. Al pomeriggio, invece, le sale a noi destinate fungono da vera e propria officina presso la quale lavorano i giovani già assunti con contratto nazionale di artigiani ceramisti.»
Com’è nata questa idea?
«L’idea è nata nel lontano 2005, quando con un paio di amici, Fulvia Russo e Gino Turrino, abbiamo creato dei laboratori che aiutavano i ragazzi che uscivano da Nisida e dovevano affrontare il mondo del lavoro. Abbiamo messo in piedi stage professionali per insegnare il mestiere di barman o pizzaiolo a chi aveva davvero intenzione di abbandonare il tessuto camorristico dal quale proveniva e nel quale, purtroppo, molti tendono a ricadere una volta fuori le mura del carcere. Purtroppo, il mondo del lavoro è molto restio a dare un’opportunità a chi, come loro, si presenta con i problemi che li ha afflitti. La ceramica è venuta in seguito a questa che, per noi, è stata una vera e propria palestra.»
Come si sostiene un’attività come la vostra?
«La nostra cooperativa è interamente autofinanziata attraverso le attività di cui ci facciamo promotori. I prodotti che i ragazzi ‘nciarmano (confezionano, ndr), come noi amiamo dire, vengono venduti al pubblico in occasione di feste, manifestazioni politiche e culturali, conferenze e permettono il sostentamento di tutte le attività.»
“Nisida è un’isola, e nessuno lo sa”, cantava Bennato. Qualcuno, però, non ci sta. Qualcuno mostra una strada, tende una mano di cemento e conforto. Qualcun altro la percorre al contrario e, anche grazie a loro, non tornerà finalmente più indietro.