Il 3 ottobre del 1839 nacque la Napoli-Portici, la prima ferrovia italiana, lunga 7411 metri, che permise di raggiungere il capoluogo campano in appena 11 minuti. Per l’occasione, il percorso fu effettuato da due convogli progettati dall’ingegnere Armand Bayard de la Vingtrie – su prototipo dell’inglese George Stephenson –, di cui il primo era composto da una locomotiva a vapore, battezzata Vesuvio, con otto vagoni.
Questa linea non era altro che una prima parte di un ben più vasto progetto che vide nascere negli anni seguenti nuove tratte: nel 1842, il primo agosto, la linea ferroviaria arrivò fino a Castellammare per poi raggiungere, due anni dopo, Pompei, Angri, Pagani e Nocera Inferiore. Infine, nel 1846, Bayard ottenne la concessione per un altro prolungamento su San Severino e Avellino. Voluta dal Regno delle Due Sicilie, però, la prima stazione della tratta in oggetto, intitolata all’ingegnere francese, funzionò fino al 1866 quando fu declassata, in seguito al collegamento con la stazione di Napoli Centrale, a impianto di servizio.
Già l’anno successivo alla nascita della strada ferrata più antica d’Italia, nel 1840, fu realizzato il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa proprio tra Napoli e Portici, a San Giovanni a Teduccio. Si tratta di una struttura che Ferdinando II di Borbone aveva concepito come industria siderurgica e dal 1845 come fabbrica di locomotive a vapore. L’editto emanato dal sovrano diceva infatti: È volere di Sua Maestà che lo stabilimento di Pietrarsa si occupi della costruzione delle locomotive, nonché delle riparazioni e dei bisogni per le locomotive stesse degli accessori dei carri e dei wagons che percorreranno la nuova strada ferrata Napoli-Capua. Il sovrano aveva l’ambizioso obiettivo di affrancare il suo regno dalla supremazia tecnologica di Inghilterra e Francia.
La questione delle strade ferrate è stata, fin dalla loro nascita, accompagnata da molti dibattiti. Si discuteva, infatti, soprattutto sul ruolo del treno come simbolo del progresso e in seguito la ferrovia si è affermata nella rivoluzione industriale inglese. Il treno, infatti, era diventato il protagonista della modernizzazione economica e sociale grazie al quale era possibile facilitare la circolazione delle merci e dello spostamento delle persone, il tutto con costi di trasporto ridotti e con tempi di viaggio decisamente inferiori. La ferrovia però ebbe anche un ruolo prettamente politico, visto che grazie a essa fu possibile controllare il territorio, permettendo alle proprie truppe di muoversi più facilmente ed estendere i confini per via della presenza dei binari. Gli itinerari dei treni erano tratte sicure, senza rischi se si confrontavano con l’insicurezza delle strade che potevano essere bloccate per intemperie, attacchi o semplicemente per mancanza di manutenzione.
Il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa per festeggiare questo 180° anniversario dal 3 al 6 ottobre ha previsto un programma ricco di attività tra le quali performance musicali, sfilata in abiti ottocenteschi, convegni, presentazioni, visite e tanto altro. Questo incredibile museo ha ripreso vita il 31 marzo del 2017 quando il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inaugurato il completamento del restauro architettonico. Circa quindici milioni di euro investiti per le architetture ottocentesche dei padiglioni, per gli spazi aperti, il rifacimento e l’implementazione degli impianti tecnologici, la fruibilità interna, ma anche per interventi a livello urbano e ambientale. Uno degli interventi più importanti è il rifacimento completo dei padiglioni espositivi, i nuovi impianti di illuminazione, la revisione della pavimentazione in pietra degli spazi esterni, il restauro della pensilina ottocentesca e dell’edificio della fermata ferroviaria di Pietrarsa, nonché il restauro della statua di Ferdinando II e molto altro. Oggi il museo ospita 55 mezzi tra cui locomotive a vapore, cimeli ferroviari, carrozze e littorie, modellini e il grande plastico Trecentotreni.
Un’occasione speciale, quella fino al 6 ottobre, per festeggiare un anniversario davvero significativo: la ferrovia, infatti, non fu realizzata soltanto per spostare le truppe più velocemente o per collegare residenze reali, ma aveva e ha ancora oggi lo scopo di permettere alle persone di raggiungere un posto preciso, chi per lavoro, chi per necessità personali. La costruzione di una stazione ferroviaria non rappresenta soltanto un passo in avanti nello sviluppo di un Paese, ma racchiude in sé la volontà di unire, di accorciare quelle distanze che adesso, forse, si sentono un po’ di più perché si dà troppo spazio all’odio e poco al confronto. Che questa data possa quindi simboleggiare non soltanto il passato e i grandi passi in avanti compiuti, ma soprattutto il futuro, verso il quale arrivare con una consapevolezza e una maggiore umanità.