«È un risultato commovente» ha esclamato, a commento del buon risultato del candidato del centrosinistra a Napoli, quel Roberto Fico che da parlamentare prima e da terza carica dello Stato poi non ha mai mosso un dito per sollecitare interventi in favore dell’Amministrazione Comunale uscente per l’eliminazione dei debiti ingiusti che hanno penalizzato i servizi essenziali tenendo bloccate le casse della città. Una commozione, o forse una lacrima versata, nel constatare la tenuta della coalizione grazie a liste civiche, parte di Forza Italia, Mastella e compagni, transfughi solennemente bocciati e vecchie cariatidi che hanno garantito il successo dell’ex rettore della Federico II.
Per niente commosso, ma sempre pronto a reggersi alla stampella di turno, Luigi Di Maio – «Una casa comune con il PD» –, preoccupato forse che il continuo e inarrestabile declino del MoVimento possa mettere in pericolo la sua posizione. Il Ministro degli Esteri intende, infatti, sfruttare al meglio l’effetto trainante Enrico Letta dopo la dura lezione avuta con la scellerata coalizione con la Lega di Matteo Salvini. Vedremo se casa comune e avvocato del popolo riusciranno ad arginare l’emorragia di consensi in fuga verso i luoghi di provenienza.
Non è, tuttavia, il solo movimento pentastellato a trovarsi in acque agitate, pronto a commuoversi per la vittoria di un’eterogenea e singolare ammucchiata facendo finta di niente dinanzi alle solenni sconfitte riportate ovunque. È l’intero panorama politico che continua a non piacere a quello che comunemente viene definito il partito dell’astensionismo e che, invece, non è altro che una parte del Paese disgustato da una politica sempre più lontana dai bisogni reali e dalle aspettative della gente che purtroppo, anche quando questa si presenta con proposte e uomini credibili, preferisce restare a casa assistendo al ritorno proprio di quella classe dirigente responsabile dei grandi disastri, come accaduto a Napoli e in Calabria.
L’unica casa cui far riferimento per una buona e sana politica – e l’ex capo politico del M5S dovrebbe ben saperlo – è quella da ricostruire dalle fondamenta, riconoscibile dalle specifiche identità ideologiche, da obiettivi e progetti scaturiti dal confronto e da conseguenti comportamenti coerenti e rispettosi della linea che ciascun partito o movimento si è dato. In mancanza, la confusione e il distacco abissale esistente tra elettorato e forze politiche saranno destinati ad aumentare perseguendo ancora una strada senza ritorno.
Gli apparentamenti di comodo sono destinati a durare il tempo della distribuzione di deleghe e incarichi, tra ricatti e minacciosi venti di guerra sempre e soltanto per motivi personali, per poter contare al momento giusto, per una visibilità sulla scena della nullità politica. Talvolta, come accaduto in questi giorni, per raccogliere una manciata di voti dopo aver lasciato poltrone indegnamente occupate e tornare a casa, meglio se priva di specchi.
Uno spettacolo indecente che ha debuttato in tutto il Paese ma che a Napoli ha assunto toni e forme grottesche a opera di personaggi noti e meno noti che si sono offerti sul mercato per pochi danari assistendo, poi, a un declino mai definitivo perché li ritroveremo sotto etichette diverse, pronti a rifarsi una verginità che non sempre riesce, come accaduto all’ex Sindaco e Presidente di Regione Antonio Bassolino, con il suo deludente risultato elettorale e la mancata occasione di un ballottaggio che avrebbe fatto aumentare il suo peso specifico nei confronti dell’ex rettore che ne sarebbe comunque uscito vincente.
E, a proposito di spettacoli indecenti, quanto accaduto e accade a Roma per l’elezione del Sindaco non è da meno. Dal singolare atteggiamento dei pentastellati, che hanno isolato la Prima Cittadina uscente, subendo la scelta del PD di avere un proprio candidato, all’attuale teatrino di Carlo Calenda che detta ordini e condizioni per sostenere l’ex Ministro Gualtieri al ballottaggio e che continua la sua marcia verso il centro sgomitando sempre con quel Renzi campione di imprese titaniche e crisi di governo, oscillando nei risultati sempre con percentuali irrisorie. Nella Capitale non c’è stata la commozione del Presidente della Camera, nessuna lacrima versata, soltanto la sua città è stata capace di procurargli sconvolgimenti emotivi e anche senza alcun rimorso per aver in dieci anni voltato la faccia sempre dall’altra parte, complice la nullità della rappresentanza in Consiglio Comunale, evidentemente per una precisa volontà dettata dall’alto.
Strategie che portano al nulla, destinate a porre termine a un’esperienza tra le peggiori dei tempi recenti dove incoerenza, inesperienza e buona dose di bramosia di potere hanno distrutto una grande opportunità di ribaltare un sistema che sempre più fa acqua da tutte le parti. E non basterà nessun avvocato del popolo o direttorio a evitare un naufragio già ampiamente annunciato.
E il PD? Riemerso parzialmente dalle macerie del massacro operato da quel Matteo Renzi sceso rapidamente da percentuali da due a una cifra, tenta l’ennesima carta con Enrico Letta che appare sempre più avvezzo a qualche strategia di famiglia che, nel bene e nel male, ha mantenuto gli equilibri del carrozzone Forza Italia e della stessa coalizione di centrodestra. Fossi nei panni dell’avvocato del popolo non dormirei sonni tranquilli e prenderei le distanze da quel responsabile politico che per anni ha dettato l’agenda del MoVimento, sommando un insuccesso dietro l’altro, a esclusione della sola carriera personale. Altro che casa comune da costruire.
Napoli sarà il banco di prova della coalizione: non basteranno emozioni e commozione per fare tutto ciò che il Sindaco arancione non è stato capace di fare, come più volte ribadito da Roberto Fico e compagni. Le risorse, quelle sempre negate all’Amministrazione uscente, ci saranno – e anche ingenti – e il giudizio non potrà che essere severo e senza possibilità di sconti. Attendiamo tutti con trepidazione e speranza la rivoluzione annunciata dal duo De Luca-Manfredi.