È una città senza pace Napoli, una città incapace di liberarsi dalle catene che l’hanno oppressa e ancora la opprimono, una schiavitù da pagare alle logiche clientelari, alla mala politica, alla camorra. È un legame al veleno quello tra il capoluogo campano e il sistema affaristico di stampo mafioso, una patina tossica che soffoca ogni abitante, anche chi – attraverso la propria azione quotidiana – prova a soffiare aria pulita.
La settimana appena trascorsa ha offerto alle cronache locali e nazionali almeno due titoli shock, notizie dal tono clamoroso che in Italia, però, sembrano avvicendarsi senza più destare scalpore, al contrario, danno l’impressione – quando l’argomento ruota tra finanza o politica – che via alternativa alla corruzione non possa esistere.
Napoli è scossa, da mesi, dal caso Whirpool (circa 400 lavoratori a rischio licenziamento), congestionata nelle sue arterie principali dagli eterni cantieri (come via Marina, dove il racket blocca l’avanzare della ristrutturazione) eppure, anche in questo stato di crisi, qualcuno è riuscito ad anteporre i propri interessi a quelli dei cittadini. È il caso smascherato da La Repubblica lo scorso 25 ottobre attraverso un audio pubblicato sul sito del quotidiano nel quale si sentono alcuni consiglieri di maggioranza definire il patto di sangue contro il Sindaco de Magistris.
«Lo logoriamo, dopo una settimana si arrende. È finito!»; «Votiamo a maggio insieme alle regionali»; «Gli assessori li decidiamo noi, altrimenti arrivederci e grazie…»: sono solo alcune delle frasi chiaramente udibili nella conversazione avuta luogo nelle stanze del consiglio comunale tra gli eletti dei gruppi Agorà, Verdi e Riformisti democratici, un manipolo di sette elementi che avrebbe il potere, votando contro la giunta dell’ex magistrato, di metterne in crisi la sindacatura. Il motivo del voltafaccia – secondo la testata romana – sarebbe da attribuire al mancato coinvolgimento dei gruppi sopracitati nelle decisioni di Palazzo San Giacomo, in particolar modo per ciò che riguarda le nomine dirigenziali delle aziende facenti capo al Comune, come per l’impresa responsabile della nettezza urbana: «Se mi vuoi dare ASIA, devo mettere il presidente e due consiglieri».
Ancora una volta, dunque, il Sindaco de Magistris si trova a dover difendere il mandato conferitogli dai napoletani dai soliti giochi di palazzo, dalla bramosia dei soggetti coinvolti che – tornando all’audio – si preoccupano di rinsaldare la propria posizione, la propria poltrona, anche a discapito dell’interesse della città: «Tutti noi abbiamo i voti per essere eletti un’altra volta»; «Prendiamo ancora più voti se facciamo questa operazione».
Com’è giusto, andrà ora accertato cosa sia accaduto nel corso dell’inusuale riunione tra i consiglieri di maggioranza pronti a rovesciare la leadership di de Magistris, tuttavia è difficile non giungere alla conclusione che, spesso, l’azione del Primo Cittadino risulti indigesta alle dinamiche solite della politica di casa nostra. Troppe volte ha già fatto a pugni con le logiche di stampo malavitoso con cui abbiamo aperto questo articolo e di cui la città di Napoli sembra non saper smettere di soffrire.
«Non mi farò mai intimidire o pressare da qualcuno – ha prontamente risposto de Magistris – non vedo chi possa sostenere quelle istanze che non sono collettive e che si configurano come meschinità umane e politiche. I napoletani hanno votato i consiglieri perché facciano gli interessi dei cittadini e non l’interesse personale». A prescindere da come la si pensi nei confronti dell’operato dell’ex magistrato, il giallo di Palazzo San Giacomo altro non fa che ricordare a tutta la popolazione della città del Vesuvio come a troppi interessi il business dell’anonimato, una narrazione che fa di Napoli sinonimo di camorra e monnezza, con i pastori del bel presepe statuine omertose complici implicite di un fare generale che ha già mostrato la sua faccia in passato ma di cui, a quanto pare, tanti sentono la mancanza. Chi opera alla luce del sole, nel giusto, nel sostegno alle istituzioni – dalle forze dell’ordine,agli assessori – è spesso milite di una vera e propria resistenza.
Le beghe per il Sindaco, tuttavia, non si sono fermate al tentativo di capovolgimento della sua maggioranza. È notizia di sabato che la tangenziale di Napoli, alle prese con dei lavori di straordinaria manutenzione sul viadotto di corso Malta, abbia comunicato alla metà dei suoi dipendenti la cassa integrazione a cui andranno soggetti per i prossimi mesi. Uno schiaffo tirato a quasi duecento famiglie, un nuovo, vergognoso caso – dopo quello dell’azienda di elettrodomestici a San Giovanni – di cattiva gestione societaria, le cui spese – manco a dirlo – saranno pagate dai sacrifici dei suoi operai. «Ci lascia sbalorditi la notizia che la società Tangenziale metterà da lunedì 28 ottobre e per ben 13 settimane in cassa integrazione 184 lavoratori su 324. E questo per eventi transitori e non imputabili alla società? Cioè le conseguenze dei lavori sul viadotto, necessari per assicurare la programmabile manutenzione dell’asse viario cittadino, unico in Italia a pagamento da 40 anni, ricadono sui lavoratori? Oltre che sulle migliaia di cittadini costretti da giorni a file estenuanti sulla Tangenziale? Davvero non ci sono parole per l’atteggiamento della società Tangenziale che fa pagare ad altri le colpe per una mancata programmazione dei lavori. Intollerabile!»
Nelle parole di Luigi de Magistris c’è la sintesi del nostro pensiero e di quello di migliaia di napoletani, già costretti ogni giorno ai disservizi provocati dal malfunzionamento della strada a scorrimento veloce che percorrere l’intera città. Così, una mancata programmazione della salvaguardia della sicurezza di quanti affidano i propri spostamenti alla Tangenziale ricade su famiglie e conti pubblici. Chi pagherà? Ancora una volta il governo dovrà dimostrare di saper dare manforte alla denuncia della giunta partenopea, di saper combattere il sistema mafioso che tiene al guinzaglio l’intera nazione, tuttavia, il menefreghismo e l’inefficienza mostrati in occasione del caso Whirlpool lasciano intendere che Napoli, simbolo di tutto il Sud Italia, sarà lasciata sola ancora una volta, sola a lottare contro quel legame al veleno, quella patina tossica di cui non frega a nessuno, che fa comodo a troppi.