Napoli capitale del turismo non è più una notizia. Eppure, il sold-out previsto alla vigilia del ponte pasquale non solo si è confermato ma, probabilmente, ha superato qualsiasi aspettativa.
Secondo le stime Confesercenti, sono stati almeno 250mila i visitatori che hanno raggiunto la Campania nel fine settimana appena trascorso. In 173mila sono arrivati soltanto a Napoli, occupando, in media, circa il 90% delle strutture ricettive. Un giro d’affari che, considerando anche gli incassi indiretti, ha superato gli 80 milioni di euro e numeri che hanno sfiorato e in alcuni casi addirittura migliorato quelli pre-pandemia. Ma perché, da napoletana, non sono contenta?
Sia chiaro: le immagini del centro storico, dal cosiddetto Largo Maradona ai Quartieri Spagnoli, fino alle file chilometriche del lungomare a fare da corollario di un weekend che ormai non è un caso isolato ma la costante di un processo che da anni vede la città cartolina affissa nelle cucine di ogni angolo del globo, non possono che rallegrarmi. Tuttavia ce ne sono altre che non riesco a ignorare. Sono le immagini dei tanti appartamenti svuotati dei loro affittuari, delle famiglie costrette allo sfratto, delle botteghe artigiane trasformate in scadenti fast food. Della città che non è più mia.
In appena sette anni, dal 2010 al 2017, il capoluogo campano ha visto incrementare le presenze sul proprio territorio del 91%, classificandosi seconda città d’arte più visitata di Italia e fiore all’occhiello per il turismo italiano e internazionale, arrivando persino a superare Roma in occasione del ponte del 2 giugno 2018. All’epoca, stando ai dati, le strutture prenotate furono l’88% del totale contro l’86% della Capitale. Numeri che, dicevamo, allora facevano notizia e che adesso non più.
Nel marzo del 2017, a Napoli, si contavano 5472 bed and breakfast. Nello stesso periodo di due anni dopo, erano già 8137, vale a dire un aumento del 50% delle sole camere ufficialmente registrate. Oggi, dopo la crisi legata all’emergenza Covid, il settore è nuovamente in ripresa. Come spiega a Fanpage.it Piero Orlando, responsabile Aigo-Confesercenti, infatti, si sta registrando un aumento delle richieste di SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) fino al 300% in più rispetto all’ultimo triennio. Ma cosa significa?
Significa che, se fino al 2019 più del 60% delle offerte ha riguardato la possibilità di usufruire di interi appartamenti in gran parte situati in appena dieci chilometri quadrati, quelli del centro storico che l’UNESCO riconosce come patrimonio dell’umanità, adesso attività di b&b, affittacamere e case vacanze stanno interessando anche altri quartieri come Fuorigrotta e Capodichino. Il primo per la compresenza dello Stadio Maradona e il sogno scudetto che si avvicina, il secondo per la prossimità con l’aeroporto.
La prima conseguenza diretta sono, ovviamente, i quasi duemila sfratti esecutivi annui, una vera e propria messa al bando dei cittadini che, soprattutto in alcune zone, appartengono a fasce economicamente più deboli. D’altro canto – aggiunge Orlando –, un appartamento di sei stanze nel centro storico, affittato con una locazione breve, può fruttare incassi da ventimila euro al mese nei periodi di maggiore affluenza come Natale e, mediamente, tra i cinquemila e i settemila euro al mese nei momenti meno frequentati. Vien da sé che i proprietari di un immobile, di un appartamento e di un qualsiasi buco stiano pensando bene di farsi imprenditori a danno di chi quell’immobile, quell’appartamento e quel qualsiasi buco lo ha abitato a lungo a prezzi più o meno esosi. A facilitare il processo, il vuoto normativo che vede la Campania ferma al 2001.
Non è un caso che tra le formule più gettonate ci sia quella del bed and breakfast. Per la locazione breve fino a trenta giorni, infatti, le regole in regione sono piuttosto blande – in questi casi, non è richiesta la SCIA (ma, per essere a norma, occorre che l’attività non si svolga in continuità) – e anche i controlli sono decisamente scarsi, nonostante la volontà espressa di aumentare gli sforzi. Molto spesso, dunque, ci si trova dinanzi a fittacamere travestiti da b&b per raggirare le leggi e a escamotage di ogni tipo per evitare di dichiarare più del dovuto. Ma solo il contrasto all’abusivismo e all’evasione fiscale può tutelare i cittadini, far sì che il fenomeno turistico confluisca nelle tasche di tutti ed evitare truffe ai viaggiatori ignari.
È per la cittadinanza, in particolare, che è stato necessario, a Napoli come in molte altre città del continente azzannate dai tour operator, dare vita a SET (Sud Europa di fronte alla Turistificazione), la rete che intende promuovere a livello internazionale una riflessione critica sul fenomeno e un coordinamento di analisi e pratiche alternative. L’obiettivo è evitare esattamente ciò che già sta accadendo: la disgregazione del tessuto sociale, la conseguente emergenza abitativa e l’inefficiente risposta delle istituzioni, incapaci – perché disinteressate – di monitorare e gestire un boom che rischia di implodere. Non solo non si vive di solo turismo, ma le città, per definizione, sono dei cittadini. Omologarle, appiattirle, privarle di chi le abita, di chi ne definisce l’anima e i tratti più caratteristici, significa farne parchi giochi destinati a restare vuoti, giostre che girano senza bambini. Cimiteri della curiosità.
Come già abbiamo raccontato, nell’analisi di un interesse così netto per alcune realtà come Napoli bisogna essere imparziali quanto serve per comprendere che le cause che stanno muovendo milioni di visitatori da ogni parte del mondo sono molteplici. Non basta soffermarsi sull’inestimabile patrimonio storico e artistico o sulle bellezze paesaggistico-naturali. A farla da padrone è il mercato, sono le OTA, le Online Travel Agencies, vale a dire i portali turistici quali Booking, Expedia, Airbnb che consentono di verificare disponibilità, tariffe e offerte vantaggiose, confrontandole, e di prenotare la struttura sul suolo di proprio interesse. Siti accessibili a tutti, intuitivi e di facile utilizzo che hanno totalmente cancellato i vecchi sistemi di domanda-offerta, arrivando persino a stabilire i margini di guadagno di ciascun albergatore o tipologia di struttura preventivamente catalogata in base a una serie di svariati criteri.
Nel più lampante caso italiano, in particolare, essendo sempre stata città economica, le OTA non hanno potuto evitare di puntare fortemente su Napoli, soprattutto in anni condizionati dalle scarse disponibilità delle tasche di chi desiderava viaggiare e dai numerosi attentati in giro per l’Europa. Una fortuna, dunque, ma anche un campanello d’allarme che ha portato, tra le altre cose, molte famiglie, in origine non proprietarie, a indebitarsi pur di vedere sistemati i propri figli. Questo rischio ha prodotto impiego, certo, ma pure precarietà e monotematismo del lavoro. E come lo stiamo affrontando? Con una rapida mutazione del contesto urbano, con la massimizzazione dei pregi e persino dei difetti, facendo di criticità e buchi neri souvenir di viaggiatori – e, ahimè, cittadini – superficiali.
Si tratta, pertanto, di una crescita tanto effimera quanto aleatoria, di guadagni per molti e perdite per troppi. Lo abbiamo visto, in effetti, nei mesi più duri di pandemia, quando i turisti non potevano affollare le strade e molte attività hanno dovuto chiudere i battenti. All’epoca ci siamo accorti – per dimenticarcene subito dopo – che per parlare di rinascita di Napoli mancava un investimento concreto e lungimirante in termini di servizi, impiego e infrastrutture che non solo consentisse a tutti di trarre dei vantaggi dalla folta presenza di forestieri, ma anche di pensare a un presente più agevole e a un futuro meno incerto.
Siamo pur sempre la città che vede il più alto tasso di abbandono scolastico del Paese (23%), superando di gran lunga la media nazionale (Centro-Nord 10,4%, Centro-Sud al 16,6%), e la provincia che nel 2023 registrerà il maggior incremento di disoccupati (+5327 unità). Non dovremmo parlarne? Sembra di no.
Non è più tempo: le strade colme di viaggiatori che non fanno più notizia devono comunque coprire, con il loro cianciare, le grida di chi chiede ascolto a volte a gran voce, a volte in silenzio. Poco importa se è sempre qui che vivremo il più importante dimensionamento scolastico a partire dal prossimo novembre, Napoli deve prepararsi ad accogliere, nel 2024, due colossi dell’extralusso alberghiero: il Marriot, che aprirà nell’ex sede della Banca di Roma a Piazza Municipio, e il Radisson, nell’ex storico palazzo de il Mattino a via Chiatamone. Napoli deve riscattarsi. Chiaramente, solo agli occhi di chi può permettersela. E, tra non molto, saranno veramente in pochi.