Amedeo Modigliani, nato a Livorno il 12 luglio 1884, artista maledetto e dalla vita dissoluta, fu uno dei più grandi esponenti del XX secolo grazie alla sua pittura basata sul disegno lineare e alle sue sculture caratterizzate da una sorta di purezza arcaica. Ricevette molte suggestioni dall’opera di Brâncu?i e nei primi anni del suo soggiorno parigino, dal 1906 al 1914, si dedicò soprattutto alla pratica della scultura. Un artista italiano dall’intuito sorprendente che, poco più che ventenne, nel multiforme ambiente di Parigi fu capace, sin da subito, di far propri i valori più alti e autentici.
Picasso, Brâncu?i e l’arte negra furono per lui fonti di ispirazione, al punto tale da influenzarne il gusto delle forme liricamente alterate grazie all’accentuazione degli andamenti verticali e alla semplificazione dei volumi. Queste soluzioni erano già diventate una naturale acquisizione per Modigliani, appartenente alla colta borghesia toscana e formatosi in anni di appassionato trasporto per la purezza delle forme primitive e preraffaellite.
L’artista arrivò, inoltre, a toccare il gusto secessionista che lo aveva diretto verso Gauguin, Klimt, Lautrec e il periodo rosa di Picasso. Le sue creazioni materiche e la sua luminosa attività di pittore – purtroppo troncata dalla precoce morte a trentasei anni, nel 1920 – dimostrano come i suoi interessi, con la stessa intensità, si rivolgessero anche alla costruzione della forma; problemi che avevano trovato una drammatica affermazione nell’arte francese, a partire da Cézanne, fino ai primi anni cubisti del pittore nativo di Malaga.
A queste componenti va aggiunta quella di matrice fauvista, assimilata attraverso Van Dongen e Matisse che però non riuscirono a distruggere l’originalità del linguaggio di Modigliani. L’artista italiano rimase sempre estraneo all’astratto intellettualismo dei simbolisti, all’approdo delle forme brancusiane, così come lo fu nei confronti della lucida violenza del mondo creato da Picasso. Egli fu, infatti, quasi esclusivamente pittore di ritratti e di nudi, ma una sorta di simpatia per il soggetto lo preservò – quasi costantemente – dalle tentazioni di un manierato arabesco figurale, verso il quale era fortemente predisposto a causa della duttilissima modulazione del segno e dei ritmi formali fluidi e spontanei.
Nei personaggi da lui dipinti, artisti, amici israeliti, modelli occasionali, quasi sempre di umile condizione, Modigliani scrutò e ritrovò la sua stessa inquietudine, le sue fragilità, quel sentirsi indifesi, che però mai lo condussero al parossismo, allo scoppio dell’angoscia. I suoi ritratti più intensi racchiudono una misura formale che coincide con una coscienza assorta, un’incantata infelicità, che racchiude il vuoto che lo circondava.
Ho ben conosciuto Modigliani; l’ho conosciuto affamato, l’ho visto ubriaco e l’ho visto abbastanza ricco. Mai l’ho visto mancare di grandezza… Mai ho sorpreso in lui il minimo sentimento basso… Ora che tutto è imbellettato e azzimato, ora che si crede di poter sorpassare la vita, dove tutto è super, da supertassa a surrealismo, alcune parole perdono il loro vero senso. lo non so più usare le parole “arte”, “artista”. Ma supponiamo per un istante che questa parola riprenda il suo colore, il suo senso, il suo sesso… Allora Modigliani era un grande artista. – Maurice de Vlaminck