Dagli anni successivi alla nascita della nostra Repubblica fino ai tempi più recenti, gli avvenimenti che hanno sconvolto il Paese, dagli attentati alla strategia della tensione, la strage di Piazza Fontana, il rapimento Moro o la strage di Ustica, sono stati tanti, così come gli enigmi ancora oggi irrisolti le cui verità restano sepolte sotto un enorme macigno. Sono i misteri d’Italia, non quelli dei fenomeni parapsicologici, la magia o le apparizioni di Dino Buzzati, ma quelli che hanno provocato morti e spargimento di sangue senza mai conoscere le mani omicide e i mandanti assassini.
Anche in tempi recentissimi abbiamo assistito a qualcosa di inedito, di mai accaduto prima: un partito al 17% in coalizione – se volete, chiamatelo pure contratto – con un’altra forza politica al 32% ha assunto il comando del Paese riportando pochi mesi dopo alle Elezioni Europee un risultato più che positivo a scapito dell’alleato e, più in avanti, a sorpresa e con motivazioni incomprensibili, si è assunto la responsabilità della crisi di governo. Pochi giorni dopo, ha poi offerto lo scettro di comando al capo politico del M5S, l’altro contraente, che ha declinato l’offerta. All’indomani del varo del nuovo esecutivo, quindi, il singolare Segretario della Lega ha fatto ancora marcia indietro per imporsi alla guida del suo vecchio schieramento di appartenenza, ormai ridotto a brandelli, escluso una Meloni completamente trasformata – e non solo sui manifesti elettorali –, per aver racimolato qualche punto percentuale in più.
Fin qui, in estrema sintesi, l’accaduto ma resta il mistero del biglietto della lotteria vincente strappato platealmente dal ministro del Papeete beach, che non parla, emette suoni – come ha detto Ciriaco De Mita nel corso di un’intervista televisiva sui due Matteo e il possibile reciproco aiuto –, trovatosi di punto in bianco con un pugno di mosche in mano. Una mossa istintiva dovuta a stupidità o all’incapacità di trovare risorse per i provvedimenti approvati senza preventiva copertura? Queste almeno sembrano essere le motivazioni maggiormente accreditate e a poco o nulla servono le recenti dichiarazioni da pentito o il gran parlare sui suggerimenti dei suoi consiglieri, da Verdini a D’Amico e Luca Morisi, che ha fatto di Salvini il re del web, come ha titolato Panorama.
Resta il mistero e le ipotizzate trame internazionali, che non sarei così sicuro di escludere del tutto. Non sono da meno, infatti, l’intrigo Lega-Russia e le plateali bugie smascherate da foto, filmati e dichiarazioni riportate dalla TASS. Intanto, l’ex Vicepresidente del Consiglio tuttofare non ha perso tempo riabbracciando un Berlusconi sempre più stanco e ripetitivo che ormai sembra aver già dato in eredità il suo gioiellino Forza Italia – che di forza ne ha persa abbastanza – a un Matteo Renzi, mina vagante di questo esecutivo, che quotidianamente aggiunge al suo plastico i nuovi arrivi.
Giorgia Meloni, invece, come clonata da Salvini e divenuta di punto in bianco una rivoluzionaria all’amatriciana, dopo essere stata graziata in tempi non lontani da Gianfranco Fini ricoprendo incarichi di Ministro e Vicepresidente della Camera, ha invocato i muri e assicurato la difesa di Dio, patria e famiglia in un discorso farneticante a Piazza San Giovanni, che il celebre professor Luigi Cancrini ha definito vergognoso: «Bisogna avere il pelo sullo stomaco per seminare odio in questo modo di fronte alla folla che applaude».
Ma la manifestazione di Piazza San Giovanni, al di là dei soliti numeri ballerini – 200mila per i tre dell’apocalisse, 50mila per la questura – è stata la prima prova per sondare proprio il consenso alla coalizione, spostatasi ancor più all’estrema destra con la benedizione ufficiale del partito della tartaruga che ha partecipato all’evento tenendo le braccia rigorosamente ferme e senza alzarle, ubbidendo al leader della Lega. Un centrodestra, dunque, sempre meno centro e una destra sempre più autoritaria. Ma ne esiste una laica, realista capace di dare risposte alle sfide della modernità? Secondo Filippo Rossi, autore del Manifesto per una buona destra, non solo esiste ma è in grande fermento.
Nel frattempo, c’è chi da qualche anno con grande pazienza certosina sta tessendo quella tela che da una vita non è riuscita a Pierferdinando Casini, vale a dire quel centro tanto caro agli italiani orfani della Democrazia Cristiana e dei piccoli partiti moderati che per decenni hanno governato il Paese. La mina vagante di questo governo, d’altro canto, quanto prima avrà bisogno di una verifica elettorale giocandosi il tutto per tutto a qualsiasi prezzo e non è escluso che possa nuovamente volgere lo sguardo a quegli ex F.I. che ne garantirono la sopravvivenza, magari sempre supportato da quel Verdini consigliere anche dell’altro Matteo. Il tempo, anche non molto futuro, dirà se le nostre sono fantasie o, tristemente, i soliti giochi di megalomania tipici dell’uomo borioso e arrogante, oggi senatore, nonostante la promessa di abbandonare la politica dopo la sconfitta referendaria.
A questo punto, dunque, la domanda sorge spontanea: e la sinistra? E quelli né di sinistra né di destra? La sinistra continua imperterrita a farsi del male e a non comprendere la necessità di uscire dai soliti schemi costruendo una realtà completamente nuova che dia respiro e speranza ai giovani, alle tante forze che stanno nascendo per salvare l’ambiente, per porre fine alla distruzione delle nostre terre, per liberare i nostri territori dalla morsa della criminalità che sempre più sfacciatamente regola la vita di amministrazioni locali e centrali.
Una realtà che sia, però, veramente nuova oppure continueremo a essere gestiti da chi né di destra né di sinistra si coalizzerà, come avvenuto per ben due volte in pochi mesi, con la prima fazione disponibile senza un minimo di idea di futuro, amministrando il presente tappando buchi e continuando a indebitare la nostra povera Italia che lasceremo in rovina alle generazioni che verranno, dopo aver rubato loro il presente e il futuro fin da ora.