Sia chiaro – al fine di evitare le solite lagne in difesa del fascioleghista – che è bene precisare, anche se superfluo, che il provvedimento di arresti domiciliari prima e di allontanamento dal proprio Comune dopo ai danni del Sindaco Domenico Lucano è stato deciso dalla magistratura, ma quella circolare del Viminale subito successiva che ha disposto il trasferimento dei migranti desta più di qualche sospetto. Lungi dal voler entrare nel merito delle indagini, appaiono quantomeno esagerate le notifiche di detenzione e divieto di dimora a un Sindaco reo di aver rivitalizzato il suo territorio negli anni abbandonato dai residenti.
Un’accoglienza fatta non di assistenzialismo ma di integrazione di circa seimila richiedenti asilo appartenenti a venti diverse nazioni nel Comune di Riace, attraverso un sistema che ha creato lavoro e dato istruzione ai minori con l’impiego di operatori e personale specializzato. Attività artigianali, coltivazioni agricole e personale addetto ai servizi: una comunità viva che ha ridato luce anche sul piano internazionale al piccolo centro dopo il momento magico del 1972 con il ritrovamento delle due statue bronzee di epoca greca, note come i Bronzi di Riace, e più recentemente nel 2016 con il suo Sindaco inserito nella classifica delle 50 personalità più influenti al mondo dalla rivista americana Fortune per aver realizzato e indicato un modello possibile di integrazione. Tutto questo in un paesino di quella Calabria afflitta da un cancro che grazie all’assenza dello Stato e, peggio, alla collusione con il sistema politico, è diventato una delle più grandi aziende del malaffare, unica tra le mafie presente oltre che nel nostro Paese in tutti i continenti con circa sessantamila affiliati secondo i dati del 2016.
Ma il problema è Riace e il suo modello di integrazione, la ‘ndrangheta può stare tranquilla e nel frattempo le si rende omaggio con l’allontanamento di un uomo onesto. Che salti pure tutto il lavoro fatto, meglio infoltire il mercato degli schiavi nelle campagne di Rosarno, quello sì che fa onore al Paese, dove la politica e purtroppo anche la magistratura hanno più volte voltato la faccia.
Mimmo Lucano ha dormito in macchina la prima notte dopo l’allontanamento dal suo Comune. La sua delusione e sofferenza interiore grandi come quei bronzi che resero nota la cittadina del Sud, quei bronzi le cui facce vive a Roma hanno ancora una volta messo a segno il volto peggiore di un potere che, tra sfacciataggine degli uni e silenzio complice dei paladini del cambiamento, continua a mostrare il profilo peggiore della nazione.
Silenzio ovunque, unico rumore gli attacchi delle Istituzioni centrali, ma non nella città dell’accoglienza, della tolleranza e dell’altruismo – da sempre cardini della sua identità – in cui, in particolare in questi anni di amministrazione arancione, ogni azione è stata basata su principi di solidarietà, di vicinanza e di difesa dei più deboli senza distinzioni tra napoletani e migranti, tra bianchi e di colore, tra appartenenti a religioni diverse, sesso o condizione sociale. Anche qui, a evitare le solite lagne di esperti bucaioli, tuttologi e intellettuali dormienti ma strenui nemici di alberi e corni sul lungomare, consapevole dell’esistenza ancora di qualche buca stradale ben monitorata dagli esperti, dei servizi di trasporto ancora inefficienti, dei servizi di pulizia e di polizia ancora deludenti per mille e una ragione afferenti i ben noti vincoli dello Stato centrale e debiti ingiusti, rivendico tutta l’umanità di ogni azione politica e amministrativa di un Sindaco dal volto, dall’azione e dalle mani pulite che ha ridato dignità a una Partenope stuprata per decenni da bande e data in pasto alla stampa internazionale per la pessima immagine.
Chi ha a cuore l’onestà dell’agire, chi ha l’onestà di riconoscere la persecuzione dei governi centrali per ostacolare una boccata d’aria pulita – come ha titolato il suo articolo il collega Alessandro Campaiola –, se ne fotte nella maniera più decisa di qualche disservizio e inefficienza voluti da chi con ogni mezzo ha intralciato e ancora intralcia un percorso che un Sindaco caparbio e rompicoglioni intende portare a compimento con ogni forza ancora disponibile. Luigi de Magistris ha aperto le braccia della città a Mimmo Lucano perché la sua persecuzione, anche se di diversa natura, tanto somiglia a quella che sistematicamente subisce da anni il Primo Cittadino della terza città d’Italia, espressione di una Resistenza oggi più che mai necessaria, a capo di un esercito di partigiani che non vuole arrendersi alla barbarie.
Benvenuto sia, dunque, questo Sindaco dell’accoglienza nella città che ha porti e cuori sempre aperti e, purtroppo, anche zone-ghetto dove l’incapacità dello Stato ieri come oggi nella gestione dei fenomeni migratori, grazie anche a una legge che porta il nome di un senatore di quella Lega del Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, ancora mortifica la dignità umana creando anche problemi alla convivenza civile.
Benvenuto sia questo Sindaco nelle braccia della città dove intolleranza, discriminazione e barbarie nei confronti dei migranti non possono essere di casa nonostante rigurgiti e tentativi che trovano nel Primo Cittadino uno strenuo e convinto difensore dei diritti di tutti e particolarmente dei più deboli.
Mimmo Lucano, intanto, ringrazia e resta nella sua terra, non ce la fa a lasciare la sua Calabria. La speranza di poter tornare quanto prima tra la sua gente a Riace per proseguire il suo lavoro, riaffermando quei principi e valori che un indimenticabile e sempre vivo don Lorenzo Milani sembra ripeterci oggi più che mai: l’obbedienza non è più una virtù quando l’azione in particolare è rivolta a difesa dei più sfortunati.