Diciannove anni, ragazzo semplice, nessuna pretesa. Un giovane assolutamente nella media e, per certi versi, sotto la media, si ritrova improvvisamente a sventare una rapina in banca. È così che comincia la storia di Ed Kennedy, eroe per caso o, forse no: se c’è una cosa che Io sono il messaggero di Markus Zusak insegna è cercare lo stupore nell’ordinario, la grandezza degli insospettabili.
Ed fa il tassista. La sua vita scorre senza che lui se ne accorga, in un misto di veglia e sogno disincantato che conosce solo il presente e non sa sperare nel futuro. Tutto procede con ritmo banalmente tranquillo finché, un giorno, il protagonista si ritrova insieme al suo migliore amico, Marvin, davanti a un ladro inesperto. Stupito di se stesso, in quello che è forse il suo primo vero atto di coraggio, il ragazzo che si credeva incapace di tutto riesce a fermare il rapinatore. Da quel momento, la sua vita cambia e con essa la sua posta ricevuta. Nella buca delle lettere, infatti, oltre a pubblicità e bollette, c’è una piccola busta chiusa con dentro qualcosa che, per molto tempo, Ed non riuscirà a spiegarsi: un vecchio asso di quadri con sopra tre indirizzi e, accanto a questi, tre orari diversi. È il suo primo incarico.
Un mittente sconosciuto continuerà a inviargli nuovi compiti scritti su carte da poker. La quotidianità del giovane sarà destinata così a intrecciarsi con sconosciuti che, apparentemente, sembreranno non aver alcun collegamento con lui, ma dei quali contribuirà a stravolgere la quotidianità.
Quadri, fiori, picche, cuori e, quando tutto sembra finito, il Jolly: ogni carta ha obiettivi diversi, sfide sempre più difficili, nuove domande senza risposta. Ed esegue, raccoglie e riporta il suo messaggio sotto forma di missione da portare a termine. Ogni volta inaspettatamente ci riesce, scoprendosi molto più coraggioso e audace di quanto non avrebbe mai sospettato prima.
Frasi brevi, ritmo concitato, lettura gradevole. Lo stile di Zusak condisce un’atmosfera intrisa di mistero, stimolando la curiosità del lettore a ogni nuova pagina. Definirlo una semplice fiction, però, sarebbe troppo riduttivo. L’autore, infatti, non si accontenta di incuriosire e divertire chi legge, vuole trasmettere qualcosa di più importante.
Io sono il messaggero, si legge in copertina. Ma chi è, davvero, il messaggero? Per tutto il libro sembra che sia Ed, intento com’è a fare da committente per conto di un personaggio anonimo dai fini sconosciuti. Eppure, sfogliando le ultime pagine, si intuisce pian piano che il ragazzo, in realtà, è il messaggio e Zusak è lo strumento offertosi volontariamente per trasmetterlo: nessuno è troppo piccolo, nessuno è troppo umile per poter essere grande, per poter essere utile.
Non solo il libro, quindi, è alla portata di tutti, ma anche il suo invito: rendere straordinario l’ordinario. Ciascuno è capace di superarsi e l’unico limite, l’unico freno è quello che ognuno pone a se stesso. Convincendosi di essere troppo modesti, ci si incatena in una vita banale, senza aspettative e dal presente piatto. I giorni si susseguono sempre uguali, finché non succede qualcosa, non si incontra qualcuno, non si legge Io sono il messaggero.
Con la sua penna fresca, originale e intensa, Zusak consegna al lettore la sua missiva: c’è un Ed in ciascuno di noi. Ognuno conserva dentro di sé un giovane impacciato che la vita, il contesto, il carattere hanno convinto di non essere abbastanza, nascondendo l’infinito mondo di possibilità che invece custodisce. La proposta o, meglio, la sfida è dar voce al proprio potenziale represso. Il messaggio di Ed è chiaro: uscire dal torpore, consegnarsi alla vita e, con essa, cominciare la partita giocando al meglio le proprie carte.
E voi? Voi siete pronti a scommettere?