È passato già un anno dal 17 luglio del 2019, un anno dalla scomparsa di Andrea Camilleri, il cantastorie più celebre e amato d’Italia. Un Maestro di vita, un faro della cultura, innovatore straordinario del genere letterario a cui si è dedicato – il giallo –, un punto di riferimento per giovani e adulti, colleghi o semplici lettori, un amico, un compagno, un gentiluomo, un elegante pittore della parola, Andrea Camilleri ha lasciato un vuoto che nessun altro potrà mai colmare.
Sono tantissime le testimonianze che si rincorrono in questi giorni, che affollano le pagine dei giornali – culturali e non –, altrettante le iniziative messe in campo da editori e artisti, da tutta la comunità a cui Andrea Camilleri aveva regalato un pezzo di sé, della sua generosità e della sua arte. La casa editrice a cui il Maestro siciliano aveva legato il proprio nome, Sellerio, ha lanciato, ieri, l’ultimo romanzo della serie che vede protagonista il celebre Salvo Montalbano, Riccardino, un libro ideato dallo scrittore già nel 2005 e rimaneggiato solo qualche anno fa, preparando il commissario alla sua uscita di scena.
«Andrea diceva che da grande avrebbe voluto sedersi sul bordo della fontana del suo paese e raccontare le sue storie, per poi girare tra il suo pubblico con la Coppola; e poi sedersi di nuovo e raccontare un’altra storia». Maurizio de Giovanni – altro grande interprete del genere giallo – ha affidato al nostro giornale il suo personale ricordo, un’immagine che tanto ricorda lo spettacolo teatrale Conversazione su Tiresia, con cui il Maestro aveva incantato il pubblico del Teatro greco di Siracusa nell’estate del 2018. «Questa è l’essenza del lavoro del più grande narratore che questo paese abbia avuto negli ultimi quarant’anni: una lezione per tutti gli scrittori che aspirino a incontrare i lettori per ricostruire il grande romanzo popolare italiano».
Altra straordinaria testimonianza di altruismo e creatività è rappresentata dal volume Acqua in bocca, in uscita per minimum fax in data odierna. Nel libro, Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli mettono in connessione i loro personaggi, Montalbano e Grazia Negro, li lasciano dialogare in un romanzo epistolare fatto anche di biglietti, ritagli di giornale, rapporti, verbali e pizzini, il gioco della trama, dove tutto comincia con una provocazione: Partiamo da un omicidio…
Andrea Camilleri condivideva, attraverso la sua voce graffiata, un patrimonio d’amore e cultura, le sue speranze nei confronti dei giovani, a cui mai mancava di rivolgere un consiglio. Amava la propria terra, la Sicilia, e come un faro nel buio, affacciato al suo mare del Sud, dava luce, nei propri racconti, alle tante bellezze che ne hanno segnato la storia, dall’architettura, passando per la cucina (Quello che non posso più mangiare io, lo faccio mangiare a Montalbano), fino alla letteratura, dai classici come Leonardo Sciascia – di cui era amico – a uno scrittore contemporaneo, Giosuè Calaciura di cui diceva: È un nome importante della letteratura siciliana e non solo, ed è, insieme ad altri pochi autori, l’unica ricchezza dell’isola.
«Gli piaceva quello che scrivevo. Ogni volta che ci incontravamo era molto generoso e affettuoso, senza che io avessi fatto nulla. Mi diceva: Giosuè, sei lagnusu (pigro)! Quand’è che ti metti a scrivere così mi riposo un po’? La letteratura siciliana, altrimenti, langue. Abbiamo fatto delle interviste. Quando veniva a Fahrenheit, ormai già cieco, mi metteva una mano sulla spalla e si faceva guidare. Si fidava di me, e quello era il suo modo per dimostrarmelo. Poi scoprii che aveva inserito il mio nome in un capitolo del suo Montalbano, Il metodo Catalanotti, fu un’enorme sorpresa. Non me lo aspettavo».
Sembra di trovarlo ancora, Andrea Camilleri, nelle parole di chi lo conosceva, di chi gli voleva bene, di chi con lo scrittore e sceneggiatore siciliano condivideva la passione per la parola, per il racconto. Sembra di trovarlo ancora, come lui avrebbe voluto: Mi piacerebbe che ci rincontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni! Me lo auguro, ve lo auguro.
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