Dal gennaio 2019 è in libreria Spostatori di masse, la prima pubblicazione di Eugenio Ressa, nato a Napoli e vissuto al Vomero fin dall’infanzia, edita da Elianto Editore. Forti sono le note autobiografiche riscontrabili nell’opera che si propone di addentrarsi nella Napoli by night o, come viene spesso definita all’interno del libro, nella Napoli bene.
Il volume descrive con lucidità l’ambiente insidioso delle discoteche, dei locali notturni e, in particolare, il desiderio di facili guadagni e la mancanza di scrupoli di chi vi lavora dietro le quinte. Il protagonista, che per i suoi studi di diritto e le sue origini riporta subito alla mente l’autore, è ambizioso, ha voglia di prevalere e vincere quell’incessante senso di inadeguatezza che accompagna la sua vita quotidiana. Inizia, così, a essere un semplice porta gente, ma la sua brama di potere lo porta pian piano a rivestire il ruolo di gestore di importantissimi locali del napoletano. Ogni traguardo che Ge.Re. (viene così indicato nel libro, affinché non sia identificabile) raggiunge non è per lui abbastanza, desidera sempre di più, vuole essere riconosciuto come leader indiscusso, non intende in alcun modo essere parte di un tutto che rifiuta.
Si sente distinto e sopraelevato, separato dal resto del mondo, gratificato all’idea di essere uno spostatore di masse, la guida di un gregge che però non riesce neppure a intravedere il proprio pastore. Si appella all’esistenza di un’etica che segue nello svolgere il suo lavoro, mentendo a se stesso, illudendosi di essere uno spostatore di masse pulite, tentando di ripulire la faccia di fronte agli altri e la coscienza di fronte alla propria persona. Giustifica la sua eccessiva ambizione attraverso un’interpretazione malsana e per nulla conforme di testi filosofici richiamando Spinoza, cui dice di ispirarsi, e il conatus, la sua voglia di essere quello che è al massimo grado. Parla di volontà di potenza, gli piace mostrare la sua abilità nel parlare e nel districarsi anche nei discorsi più complicati, non senza una bella dose di presunzione. Ma quella stessa massa che tanto disdegna e che tanto sente lontana da sé è la stessa dalla quale richiede costante approvazione, è la sorgente della sua ambizione di cui ormai ha una fame inesauribile.
I deliri di supremazia di Ge.Re., che rendono le persone nient’altro che beni di consumo e fonte per lui di notorietà, crescono fino a diventare allucinazioni, visioni, incubi invasi da scarafaggi, individui sottomessi, colpi e schiaffi, in un crescendo di inquietudine. Ciò che muove la sua vita è il desiderio di fascinazione sulla gente, ma quello stesso fascino lo conduce alla solitudine, all’impossibilità di avere rapporti reali e sinceri con chi lo circonda.
In un susseguirsi di episodi che inizialmente si fatica a riconoscere come collegati, Eugenio Ressa si immerge nel mondo notturno delle cubiste, dell’alcol, dei pr, e riesce a trasmettere al lettore l’impressione che sia tutto vero, reale, che si tratti di ciò che quotidianamente è sotto i suoi occhi, in una lettura scorrevole e priva di esagerazioni. L’ambiente che l’autore descrive è definito come quello che mette in luce molte criticità che spesso la società riesce ad ammantare. Dunque, non si tratta altro che di un riflesso del mondo in cui ognuno di noi vive: tutti gli uomini appaiono come pedine, mosse da pulsioni egoistiche e utilitaristiche, che non hanno altra ambizione che soddisfare se stesse, anche a costo di sacrificare il bene altrui. Nell’ambiente di cui Ge.Re. impara a far parte, le persone che partecipano alle serate sono definite come banconote che camminano: il loro unico scopo è comportare il guadagno degli organizzatori, che a loro volta vogliono soddisfarle esclusivamente per aumentare la propria notorietà, il proprio potere di mercato e la propria ricchezza. È in questo contesto che si colloca la riflessione più volte richiamata dal protagonista: esiste il libero arbitrio? Siamo davvero certi di scegliere ciò che facciamo?
Ge.Re. è convinto di no. Le masse sono spostate sempre da qualcun altro, pur illudendosi di decidere per sé. Si tratta di una concatenazione di cause ed effetti che non lascia alcuno spiraglio a valutazioni personali e soprattutto libere. A un tratto, però, una luce: la consapevolezza di poter modificare il corso degli eventi, di fare cose che mai avremmo pensato, di dare alla nostra vita una svolta che ci permette di cambiare il nostro punto di vista. Una delle tante riflessioni che ci lascia Eugenio Ressa, dunque, potrebbe essere questa: la prospettiva diventa cruciale perché ciò che prima ci sembrava prevalente e diverso dal resto del mondo possa in realtà apparirci come un’unità tra tante, indistinguibile, necessaria e indispensabile solo se concepita in un insieme che le dà la sua forma.