Spesso il male di vivere ho incontrato, recitano i versi di Eugenio Montale che ha scolpito in una poesia quel malessere distruttivo che troppo spesso si abbatte su di noi spazzando via ogni forma di speranza, compassione, fermezza. Una sofferenza che ha assunto nel nostro tempo il nome di depressione, un velo scuro che annebbia la mente e il cuore. Daniela Merola, giornalista e organizzatrice culturale al suo primo impegno letterario, con Marta, un soffio di vita, edito da LFA Publisher, prefazione di Enza D’Esculapio, ci conduce nel mondo interiore della sua protagonista per raccontare, attraverso la finzione letteraria, il gusto amaro e reale della solitudine, della rabbia mista a rassegnazione, del desiderio d’amore.
Marta Renzulli è una donna apparentemente realizzata nella professione ma con un matrimonio fallito alle spalle e un’adolescenza difficile caratterizzata da disaccordi e indifferenza da parte dei genitori che l’hanno condannata a una forte instabilità emotiva.
Daniela, come nasce questo romanzo?
«Questo romanzo, Marta, un soffio di vita, ha bussato alla mia testa all’improvviso, senza un motivo scatenante se non quello di conoscere una donna che, tanti anni fa, viveva un abbandono emotivo familiare che poi l’aveva portata a una depressione autolesionistica. Questo ricordo è balzato alla mia mente e quindi ho iniziato a scrivere elaborando luoghi e nomi in maniera differente. Il punto di partenza è stato il ricordo di quest’amica, il ricordo che le zavorre mentali possono fare molto male a chi le vive, uomo o donna che sia.»
Un fumo denso che toglie il fiato avvolge la vita di Marta, la induce a farsi del male accettando relazioni sbagliate, compromessi dolorosi. Per riflettere sulle sue scelte, la donna decide di tornare al paese d’origine ma scopre che i genitori l’hanno esclusa dal testamento. Una delusione che, ancora una volta, fa lacrimare gli occhi e ferisce l’anima. Tutti i sogni sembrano andare in frantumi, eppure sono i sentimenti positivi che riescono a penetrare il buio, l’amicizia di Alfio e Alfia, l’amore del veterinario del paese, che comprenderà la sua angoscia esistenziale, la bellezza della natura che la circonda, l’affetto per la sua cavalla.
È un racconto psicologico o una storia d’amore?
«Entrambe le cose perché seguono lo stesso binario. È un racconto psicologico vissuto anche attraverso due differenti relazioni che hanno avuto il loro peso in termini di equilibrio psichico sulla protagonista. Ci sono due uomini nella vita di Marta, completamente diversi fra loro, che hanno influenzato il suo modo di agire.»
Gli anni già trascorsi sono per Marta una forza che la fa remare controcorrente, ceneri che offuscano il suo sguardo volto al futuro.
Il passato è per la protagonista una zavorra o un punto di riferimento?
«Bellissima domanda che ha colpito in pieno il succo di tutto il romanzo. Credo sia valido per tutte e tutti e nel caso di Marta Renzulli, la protagonista del libro, è maggiormente una zavorra che non le permette di guardare avanti lasciandola in un limbo autodistruttivo che poi si esprimerà alla fine. In generale, credo che il passato non macini grano, nel caso del personaggio è un’aggravante pericolosa per se stessa.»
Si può inciampare in questa condizione desolante e il romanzo di Daniela Merola, con la sua scrittura asciutta e realistica, immerge il lettore in situazioni in cui riconoscersi, la precarietà dei sentimenti, i desideri che non si realizzano, gli obiettivi che non si raggiungono, ma dentro ognuno di noi esiste una forza nascosta e trascendente che può salvarci. Per Marta sarà la sua sensibilità, un coraggio ribelle, una voglia di vivere nascosta eppure radicata nel profondo dell’inconscio, per tutti la consapevolezza antica che la vita ha sempre un senso, non va sprecata, deve essere difesa da ogni manipolazione.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere al tuo pubblico?
«Il messaggio è volutamente immediato e semplice ed è quello che non si può restare impantanati nei propri squilibri mentali e che bisogna inventarsi una vita da vivere per salvare l’io pulsante che è in noi. Sembra una cosa banale ma non lo è per niente e non è facile da mettere in pratica.»
È il tuo primo romanzo, anche se hai partecipato a tanti lavori letterari. Cos’è per te scrivere?
«Per me scrivere è isolamento, è fastidio ma è anche rilassamento, è appropriarmi di un coraggio che talune volte nascondo.»
La scrittura plasma scrittori e lettori. Nonostante la grande inflazione di parole scritte, il tempo dedicato alla narrazione come riflessione, come strumento di resistenza ai drammi della vita, resta un tempo sacro.