L’Africa ti accoglie, ma non perdona: è questo ciò che ho pensato al termine di un viaggio incredibile a Marrakech in una terra poco conosciuta, ma in grado di cambiare completamente i propri orizzonti.
L’aeroporto della città fa immaginare un luogo assolutamente diverso, una metropoli dai grattacieli specchiati e le strade pulite, invece, una volta fuori, lo sguardo si perde verso il tappeto di palme, le vie trafficate e impolverate, e le bandiere del Marocco che, quasi con insistenza, sventolano in alto a ogni angolo.
La città rossa, Marrakech, è stata così definita per via delle sue lunghissime mura che circondano la medina, la città vecchia. Confusione, colori e odori inebriano e spiazzano, ma allo stesso tempo presentano la cultura del posto con incredibile semplicità. Gli sguardi non mancano mai, i turisti sono subito individuati dai marocchini, figli di un popolo accogliente che sa donare ogni cosa, ma che può anche approfittare delle ingenuità altrui. Povertà e ricchezza creano un contrasto fortissimo, sia nelle strade e nelle abitazioni che nei modi di fare e di vestire della gente.
Il centro storico di Marrakech è costituito dalla medina, una zona che va da Piazza Jemaa el-Fna alla Medersa Ben Youssef attraversando i souk, i mercati dove si scambiano merci. Nel cuore del quartiere vi è un “faro” che non si perde mai di vista, la Koutoubia, la moschea dei librai che deve il suo nome proprio all’antico mercato di libri che una volta la circondava, un luogo dedicato alla religione dove soltanto i musulmani sono ammessi.
Il Palazzo della Bahia e i Giardini Majorelle sono altri due posti affascinanti: il primo fu voluto dal gran visir Bou Ahmed per le sue quattro spose, un capolavoro di arte marocchina soprattutto per i pavimenti in ceramica, i soffitti in legno di cedro e i giardini incantati. Il suo nome significa brillantezza. I Giardini Majorelle, invece, furono progettati da Jacques Majorelle, artista francese giunto in Marocco negli anni Venti, e acquisiti poi da Yves Saint-Laurent nel 1980. Proprio qui sono state sparse le sue ceneri. Un piccolo angolo di paradiso dove è possibile ammirare tantissimi tipi di piante e volatili di ogni specie.
Ma il fascino del Marocco non si ferma a Marrakech: allontanandosi dalla città, infatti, si scoprono posti incredibili, come le Cascate di Ouzoud e la Valle dell’Ourika, dove si può incontrare il popolo libero: i berberi. Ho avuto la fortuna di conoscerne alcuni, persone umili, dal carattere mite e molto diverso da quello dei marocchini di Marrakech. Vivono di ciò che possono coltivare e hanno una filosofia di vita estremamente pura: sorridere, sorridere sempre, perché la vita regala ogni giorno qualcosa per cui vale la pena di avere un sorriso; fare del bene, dare agli altri ciò che si può e non parlare mai alle spalle.
Il richiamo del Sahara è forte, il deserto e le sue dune dorate, un paesaggio che assorbe ogni pensiero e lo conduce lontano, dove il vento arriva all’improvviso e scatena la sua forza, dove la notte rinfresca gli animi e il cielo culla, un tappeto di stelle che lascia senza fiato, la sabbia sotto i piedi e le corse sui cumuli, i racconti dei nomadi nel villaggio sahariano di Merzouga e, poi, il silenzio.
L’Africa ti accoglie, ma non perdona, regala emozioni uniche, indimenticabili e allo stesso tempo ti cambia, cambia ciò che gli occhi vedono, ciò che la mente può comprendere, un viaggio dove si impara a conoscere meglio se stessi, ma anche gli altri.