In occasione della cena con la stampa estera, Mario Draghi tenta la carta berlusconiana per gettare via la solita maschera cupa rivolgendosi ai giornalisti accennando appena un sorriso: «Mi viene in mente la barzelletta di uno che sta aspettando un trapianto di cuore e può scegliere tra quello di un giovane di 25 anni in splendida condizione fisica e quello di un banchiere centrale di 86. Sceglie il secondo. “Ma come?” gli chiedono. “Eh, perché non è mai stato usato”».
Una breve barzelletta, conclusa tra applausi e risate, che, a differenza di quelle da caserma raccontate in più occasioni dall’ex Cavaliere, afferma una grande verità, ben nota a quanti hanno avuto a che fare con quel mondo in cui denaro, interessi e potere costituiscono un tutt’uno lontano anni luce da quel senso di umanità che dovrebbe, se non prevalere, accompagnare ogni attività a servizio della comunità.
Mario Draghi, economista e banchiere di indiscutibile spessore, è di quei personaggi prestati alla politica nella convinzione generale che date le qualità professionali debba essere capace di tutto, anche di mediare – non di accontentare – tra le varie forze trovando una sintesi nell’interesse generale; di fare scelte non gradite a qualche partito ma ritenute giuste nell’interesse generale del Paese; di prestare la dovuta attenzione ai diritti civili e di avere il coraggio di dire una parola definitiva sui figli di stranieri nati in Italia.
Una barzelletta con finale che è tutta verità e al banchiere va riconosciuta l’onestà intellettuale di aver ammesso quello che chiunque abbia frequentato quel mondo ha constatato e talvolta condiviso. Un mondo che, tranne rare eccezioni, ha visto avvicendarsi capaci manager ma anche troppi avventurieri spesso registi di clamorose distruzioni di grosse e piccole banche vanto di alcuni territori del Paese, risucchiate in grandi gruppi con rilevanti danni a piccoli e medi risparmiatori, salvandosi sempre con cospicue liquidazioni e talvolta tornando a capo di aziende anche di interesse nazionale.
La strategia dei peli sul cuore o dell’ercolino che cade sempre in piedi è quasi sempre vincente sul piano personale ma non su quello degli interessi generali, più probabile di quelli delle grandi organizzazioni che muovono i fili della finanza. La politica è tutt’altra cosa e, per ogni qualvolta si è affidata a questo mondo, a quello dei professori e – peggio – a qualche imprenditore affabulatore, conosciamo bene le conseguenze e i danni che i contribuenti hanno pagato, pagano e pagheranno condizionando sensibilmente il futuro delle giovani generazioni.
È la politica degli amministratori di condominio, quella dei tappabuchi e del solo presente senza alcuna visione del futuro, in un mondo che corre a una velocità supersonica e sembra non accorgersi dei mali e dei disastri ambientali, delle povertà vecchie e nuove, della mancanza di lavoro e di quello che quotidianamente miete vittime innocenti. Di un sistema fallimentare che ormai fa comodo soltanto a una ristretta cerchia, impoverendo anche il ceto medio e i pensionati costretti sempre più a provvedere alle necessità di giovani parcheggiati a vita in attesa di politiche che diano respiro e occupazione a piccole e medie aziende tenute in piedi da aiuti, bonus non sempre spettanti e altre provvidenze con esigue o nulle verifiche. Eppure, il reddito di cittadinanza resta il male assoluto perché ha creato il vuoto in quel mercato dei poveri a basso prezzo, senza alcun controllo.
Una democrazia violentata in cui la Costituzione resta ancora una bella pagina da leggere e da citare nelle grandi occasioni, una classe politica inadeguata che qualcuno ha ritenuto di aver migliorato diminuendo la rappresentanza parlamentare che fa tanto clamore nell’opinione pubblica ma che non modifica di un centimetro una realtà costituita da esponenti impreparati e nominati dai partiti in cerca di visibilità pronti a saltare da una formazione a un’altra aumentando la frammentazione poggiata sul nulla assoluto, la confusione, l’astensionismo e quella frattura tra rappresentanza e cittadini.
Occorre che forze sane e giovani del Paese si propongano come alternativa al sistema, ma che non siano le solite aggregazioni di quelle percentuali da zero virgola chiuse nei propri recinti tra autocelebrazioni e sempre in attesa di crescite future che mai verranno. Occorrono proposte davvero rivoluzionarie, con politici altrettanto credibili e capaci di parlare alle persone anche con un linguaggio nuovo, mettendoci il cuore, possibilmente privo di peli e ampiamente generoso.