Manca meno di una settimana al voto che rinnoverà il Consiglio Comunale della città di Napoli. Sei giorni che determineranno il futuro di Palazzo San Giacomo e che decreteranno, in tutta probabilità, la vittoria del candidato dell’asse PD-5 Stelle, Gaetano Manfredi.
L’ex Ministro dell’Università si appresta a succedere a Luigi de Magistris e a scrivere una nuova pagina della capitale del Mezzogiorno d’Italia nel corso di un quinquennio di vitale importanza sul piano economico e sociale. Come Antonio Bassolino nel 1993, Manfredi erediterà una poltrona più comoda di quella del suo predecessore, un po’ per il buon lavoro svolto dalla giunta arancione – a riprova vi è la scelta di Manfredi di accogliere nelle sue liste gran parte degli uomini vicini all’ex magistrato –, un po’ per i finanziamenti che pioveranno su Napoli grazie al Recovery Fund.
I fondi europei per la ripartenza dopo la pandemia da coronavirus permetteranno quegli investimenti che de Magistris non ha mai potuto attuare (frenato da un bilancio disastrato da un debito ingente accumulato dalle amministrazioni passate) e rilanceranno – si spera! – il capoluogo campano sul fronte dei servizi essenziali, avvicinando le periferie al centro.
È proprio su questo tema che, nel corso della campagna elettorale, Vincenzo De Luca, vero candidato a Sindaco di Napoli e burattinaio del fantoccio di casa PD, ha messo in scena ripetute recite al fine di chiarire – semmai ce ne fosse stato bisogno – chi comanda tra le fila del centrosinistra in Campania e chi detterà l’agenda di Piazza Municipio per gli anni a venire.
Gaetano Manfredi, ancor prima di vestire la fascia tricolore, si muove già come un Sindaco commissariato, ascolta il delegato alla guida della città dalla prima fila, come un invitato qualunque, un giornalista incerto sulle domande da porre al leader carismatico che tiene la scena. E se Atene piange, Sparta non ride, così il ricandidato Primo Cittadino di Salerno, Enzo Napoli, soffre la stessa sorte del suo collega partenopeo. Entrambi, durante i comizi di questa estate, si sono trovati nella situazione di assistere al De Luca show seduti tra i loro sostenitori nelle sedioline di fronte al pulpito dell’oratore che dettava l’agenda e disegnava le strategie dei due Comuni.
De Luca ripete, a più riprese, che senza lui e la Regione, Napoli non avrà futuro di cui godere, una minaccia che ha già avuto modo di abbattere sulla città del Sindaco de Magistris – mai sostenuto e persino osteggiato a più riprese a fini meramente elettorali, anche a discapito di chi la abita (e magari lo aveva anche votato) – e che sembra fare da monito alla popolazione che si recherà prossimamente alle urne.
Il candidato spettatore, anziché rivendicare la propria autorevole posizione di ex Ministro e Rettore dell’Università Federico II, china il capo di fronte allo strapotere dello Sceriffo e si adopera in una propaganda di basso profilo, quasi incentrata a nascondere i tanti difetti delle sue liste anziché di promozione del programma che sarà il rilancio di Napoli, mentre De Luca avanza una vera e propria offerta pubblica di acquisto sull’elezione, come nel caso del progetto previsto per il prossimo Palazzo della Regione.
Così, il Presidente si sostituisce a Manfredi e parla di una Napoli europea, propone la realizzazione di una nuova sede per i suoi uffici nei pressi della stazione centrale, un’architettura da 4-500 milioni di euro che mira a gettare nuovo cemento in un’area, invece, che sarebbe da ristrutturare e restituire ai tanti cittadini che abitano la zona e ne lamentano da anni le criticità in termini di vivibilità, sicurezza e inquinamento. «Io sono fissato per queste cose e neanche qualche processo mi ha distolto».
Il vero prossimo Sindaco di Napoli, inoltre, dichiara di avere in programma un nuovo hub di 250mila metri quadri per il trasporto su gomma, dimostrando una visione del futuro quantomeno bizzarra, per non dire vetusta, con tutte le chiacchiere sulla green economy della città che vanno a farsi benedire con il benestare dei Verdi che, dalle poltrone di fianco a Manfredi, hanno applaudito per oltre due mesi senza colpo ferire.
L’accoppiata Manfredi-De Luca trasforma, così, le opportunità garantite dal Recovery Fund in un modello di sviluppo insostenibile che incentiva lo sperpero di denaro pubblico, e non basta il solito, trito e ritrito richiamo al mare che bagna Napoli a sanare la situazione: l’ex Ministro incaricato alla formazione più alta dei giovani, neppure menziona – o chiede al suo regista di farlo per lui – la futura classe dirigente partenopea, chissà conscio che il domani in queste terre sembra sempre un concetto legato soltanto all’espatrio.
Si scrive Manfredi, si legge De Luca, e nulla – alla vigilia di questa elezione – faceva intendere altro, con il Professore a vestire i panni del cavallo di legno per entrare in città, per sbarcare, il PD, in quella Piazza Municipio difesa da Luigi de Magistris non tanto dal partito oggi retto da Enrico Letta (a cui, in verità aveva spesso chiesto di intervenire sull’arroganza del Governatore e a sostegno della città), ma dalle dinamiche della vecchia politica che, stando a quanto appena descritto, continuano a determinarne l’azione.
Manca meno di una settimana al voto che rinnoverà il Consiglio Comunale della città di Napoli. Sei giorni che determineranno il futuro di Palazzo San Giacomo e che decreteranno, in tutta probabilità, la vittoria del candidato dell’asse PD-5 Stelle, Gaetano Manfredi. Ma il vero Sindaco sarà Vincenzo De Luca.