Definire qualcuno speciale, meraviglioso o straordinario, al giorno d’oggi, potrebbe non elicitare più quel preciso carattere di rilevanza che questi aggettivi qualificano per il semplice motivo che essi sono stati – e continuano a essere – utilizzati a iosa e per qualsivoglia tipo di realtà/qualità/circostanza, finendo così per svuotarsi della propria originale carica distintiva per apparirci, a volte, quasi banali. Per cercare quindi di definire chi e cosa riteniamo effettivamente essere speciale, meraviglioso e straordinario, siamo costretti a cercare, inventare e cesellare definizioni e perifrasi sempre nuove.
Per qualcuno tuttavia, questi aggettivi “classici”, oramai così comuni, pur non potendo bastare da soli, sono un ottimo punto di partenza. Una di queste persone è senza dubbio Grazia Sposito. Classe 1987, negli ultimi anni ha partecipato a diversi concorsi sia letterari che poetici, ricevendo molte soddisfazioni e plausi dalle giurie. Nel corso degli anni ha collaborato con piccole testate giornalistiche, affrontando, oltre all’attualità, soprattutto tematiche che mirassero all’abbattimento di qualsiasi barriera architettonica e che si facessero ambasciatrici di ogni tipo di “diversità”. Dal 2014 è promotrice e organizzatrice del Concorso Nazionale di Poesia Urlo e non mi senti, patrocinato, nell’edizione 2016, anche dal Parlamento Europeo.
Lo scorso venerdì, 16 dicembre, presso la Biblioteca Comunale della sua città, Marcianise (CE), è stata presentata per la prima volta la sua prima raccolta di poesie, dal titolo L’urlo dell’anima. Abbiamo raggiunto l’autrice per farle qualche domanda in merito.
Quali sono gli autori di poesia e di prosa che preferisci? Ce n’è qualcuno che senti particolarmente vicino e al quale ti ispiri di più?
«Sarò sincera: il tipo di lettura che preferisco è quello dei libri in prosa. Mi affascinano le storie d’amore, di vita, quelle dove il coraggio non manca e ti fa da insegnante nuovamente e continuamente. Amo conoscere la vera storia dei personaggi che, alla fine del libro, sento un po’ miei amici, avendo condiviso con loro una bellissima avventura. Però nella mia libreria di certo non manca la poesia. In particolare, sono affascinata dalla bellezza dei versi di Alda Merini. È un’artista che come poche è riuscita a far vibrare corde profonde della mia anima, forse è vero che il dolore aiuta ad avere una marcia in più. Lei è stata internata per tanti anni in tempi in cui le presunte “malattie” erano trattate con terapie non propriamente dignitose.»
Dalla tua associazione “Uniti per…” di Marcianise, la tua città, curi un concorso nazionale di poesia che quest’anno giunge alla sua quarta edizione. Come ti è venuta l’idea e quali sono state le difficoltà e le soddisfazioni maggiori che hai avuto nel portare avanti il progetto?
«Il concorso Urlo e non mi senti è una delle tante cose che mia nella vita nasce un po’ per gioco. Faccio parte del Direttivo dell’Associazione da un bel po’ di anni e mi è sempre piaciuta l’idea che ognuno di noi potesse e dovesse fare qualcosa per gli altri. Così, nel novembre 2013, proposi ai membri del Consiglio Direttivo dell’Associazione di realizzare un vero e proprio concorso di poesia. Non un concorso come tutti gli altri ma diverso, particolare, in cui i concorrenti fossero spinti da qualcosa di forte. L’obiettivo principale era quello di portare una rassegna culturale nella mia amata città, dove la solidarietà e la poesia potessero lanciare un urlo più vigoroso al mondo della disabilità che la società tende ancora a discriminare. Momenti di sconforto penso capitino a chiunque, ma il mio cammino di vita mi ha sempre insegnato che non esiste alcun “vincere facile” e che devi consumare tutte le tue energie per arrivare vincitrice al traguardo. Istanti di scoraggiamento ci sono spesso quando pensi che forse è tutto più grande di te e hai bisogno di tenere in mente troppe cose. Ma, d’altro canto, chi si ferma è perduto!»
Parliamo invece della tua poesia, ora. L’urlo dell’anima è una raccolta nutrita e variegata. Esiste, tra tutte le liriche del volume, qualcuna a cui sei più affezionata in assoluto?
«È una raccolta di versi celati nei meandri dell’anima, musa ispiratrice di tanti momenti di vita. Gioie, dolori, speranze, orizzonti non sempre raggiungibili, ma anche amicizie, amori, luoghi che hanno risvegliato incondizionatamente la mia anima. Poesie come specchio dell’anima, come cura di una malattia priva di nome. Sono legata a più liriche della raccolta, ma in modo particolare sono affezionata a Promettimi che ci sarai. È un urlo di gioia, di libertà, di gratitudine per un sentimento assai profondo.»
Ci racconteresti la sua storia?
«Si può dire che, in parte per i miei problemi, abbia frequentato sempre scuole lontane da casa e, una volta terminate le ore scolastiche della giornata, le poche chiacchiere tra amiche finivano in quei banchi. Non vi era nessuna telefonata, messaggio o una semplice pizza extra. Invece, da un po’ d’anni ormai, vivo per questo prezioso sentimento. Mi reputo fortunata ad aver incontrato le mie più care amiche in così tarda età, anche se molte volte loro mi ricordano di essere le vere fortunate. Sono convita che, anche se i tempi cambiano, le nostre vite si “allarghino”. Ci saranno sempre le stesse persone che entreranno silenziosamente nella mia anima per prendersene cura. “Non importa a che ora della vita si incontrano le persone, ciò che importa davvero è che dopo quell’incontro rimarranno con noi PER SEMPRE”, come recita un’altra poesia.»
Se potessi fare qualunque cosa, senza limitazioni né fisiche né di alcun altro tipo, quale sarebbe la prima cosa che faresti?
«Se credi in qualcosa, se hai degli obiettivi da raggiungere nella tua vita ci devi credere fino in fondo. Anche se sei consapevole che per te ci saranno scalate più faticose, non ti fermare lungo il percorso, anzi, sosta per qualche secondo, prendi più fiato per l’ennesima salita e arriva al tuo obiettivo sempre con lo stesso sorriso. I limiti per me non sono mai esistiti, penso che le nostre difficoltà siano soltanto il trampolino delle nostre emozioni più impensate. Mi piace credere, anche se solo consapevolmente persuasa, che se non avessi vestito questi abiti, sarei stata una persona realisticamente persa. Non mi viene da dire che avrei fatto qualcosa in più se avessi percorso questo cammino senza determinati ostacoli, anzi sono dell’opinione che non avrei incontrato talune persone, calpestato precisi luoghi, annusato certi odori per poter capire il vero senso di vita che li accompagnava.»
Visto che la nostra rivista è un po’ controcorrente, come il percorso delle anguille in alcune loro migrazioni, quest’ultima domanda è particolare, autogestita. C’è qualcosa che hai voglia di raccontarci e che magari non ti ho chiesto? Se sì, formula tu stessa la domanda e… la sua risposta!
«Forse c’è una cosa che vorrei aggiungere. Ancora non ho conosciuto il vero amore, a parte una forte amicizia durata diversi anni, ma ho capito che è l’unico, importante sentimento che ha il potere di salvarci da qualsiasi malattia. È l’amore la vera conseguenza del nostro vivere, che fa da luce ai nostri giorni bui, che placa ogni limite e che, anzi, ne fa una vera e propria forza. È la più alta promessa di felicità, cambia qualsiasi nostra prospettiva.»
“L’unica vera libertà che ci viene data è quella di Amare” – Grazia Sposito