Siamo realmente padroni di noi stessi? È concesso a ogni individuo di decidere, consapevolmente, della propria vita? Siamo davvero consci di cosa significhi vivere in uno Stato in cui il cittadino è considerato libero?
Con la legge 2801, approvata il 14 dicembre 2017 dal Senato e in vigore a partire dal prossimo 31 gennaio, gli italiani otterranno la possibilità di firmare il biotestamento ed essere detentori effettivi del proprio domani. La vita, fin quando è dignitosa, è giustificata a esistere. Come Seneca affermava, ogni individuo dovrebbe avere diritto a condurre un’esistenza rispettabile e decorosa e, per garantirla, il medico, i politici e le famiglie non devono intromettersi nel percorso verso il fine vita dell’ammalato. Naturalmente, nessuno desidera la morte. Arrivare a sperare e a chiedere di smettere di vivere non può che mostrare quanto le conseguenze di alcune malattie terminali siano strazianti e logoranti.
D’accordo con questa teoria è anche Wilhelmine Schett, conosciuta come Mina Welby, co-presidente dell’associazione Luca Coscioni, iscritta al partito dei Radicali Italiani dal 2003 e vedova di Piergiorgio Welby, attivista, giornalista, politico, poeta e pittore italiano, affetto da distrofia muscolare. Dieci anni fa, con l’aggravarsi della sua malattia, l’acuirsi dei dolori e delle difficoltà respiratorie, è stato proprio l’artista a chiedere alla moglie di sostenerlo e accompagnarlo in Svizzera – dove l’eutanasia era già riconosciuta legalmente – per permettergli di realizzare il suo desiderio di morire dando un termine alla lunga agonia.
Purtroppo, in Italia, i primi progressi verso un’apertura nei confronti del fine vita sono da poco riscontrabili e, dunque, Piergiorgio, come tanti altri, quale ad esempio Dj Fabo, è stato abbandonato e ignorato, in un momento così delicato, sia dal suo Stato sia dalla sua patria, costretto a morire lontano dai propri cari. Altro caso italiano è quello di Eluana Englaro e della sua famiglia che, dopo diciassette anni di coma irreversibile della ragazza, è finita sotto processo per aver deciso di interrompere la nutrizione artificiale fino ad arrivare alla morte per disidratazione.
L’accanimento terapeutico si rivela doloroso e oneroso sia per il malato che per i propri familiari, i quali, pur di non perdere la speranza, cercano vani tentativi di guarigione. Le terapie, infatti, spesso si rilevano inefficaci, contribuendo a prolungare le sofferenze.
Prima di raggiungere la paralisi e l’atrofizzazione, la patologia di Piergiorgio, combattuta con estrema forza d’animo e coraggio, non ha impedito all’uomo di continuare a produrre opere d’arte in forme alternative e originali grazie all’aiuto e alla collaborazione della moglie che, giorno dopo giorno, gli ha procurato gli strumenti necessari per realizzarle. La SLA, quindi, fa solo da sfondo alla vera forza protagonista di questa storia: l’amore. Un amore immenso e profondo anche nel dolore e nella malattia, un sentimento che è riuscito a superare gli ostacoli e i preconcetti della società, sfidando la legge pur di non essere soppresso. Un esempio da seguire per tutte quelle persone che hanno paura di esprimere le loro convinzioni, le loro idee e le loro volontà. Ignorare le necessità di un degente è l’atteggiamento meno opportuno per aiutarlo a contrastare il male.
Al libro L’ultimo gesto d’amore, che immerge il lettore nel travolgente e incondizionato rapporto di amicizia, amore e condivisione dei coniugi Welby, hanno lavorato l’autrice Mina Welby e il giornalista Pino Giannini, il quale afferma che la proprietà non è strettamente collegata alle cose materiali. L’uomo deve essere proprietario del suo corpo e in quanto umano deve riconoscere e accettare la possibilità di errore. Ogni individuo deve avere il diritto di commettere un eventuale sbaglio purché riguardi se stesso e purché consapevole. La soggettività fa parte delle persone così come la vita e il corpo.
La presentazione del libro si è svolta venerdì 19 presso La Scugnizzeria, la libreria di Scampia che, nel corso dell’evento, ha inaugurato una stanza destinata a corsi di produzione artigianale chiamata Laboratori artigiani Piergiorgio Welby, in onore della coppia che per prima, in Italia, ha avuto il coraggio di sfidare lo Stato.
Ad aprire la porta sono stati uno scugnizzo napoletano di appena otto anni e la stessa Mina, in rappresentanza della lotta e dei sacrifici da lei compiuti in passato e di quelli che faranno i bambini del futuro che impareranno a combattere per affermare le proprie idee e le proprie convinzioni con tutte le loro forze. Gli obiettivi saranno stimolare la creatività dei piccoli, allenarli all’utilizzo della manualità, abituarli alla cooperazione e all’aggregazione, elementi chiave per la loro formazione e per il raggiungimento di risultati produttivi all’interno dei gruppi di lavoro.
Gli strumenti e i materiali a disposizione sono stati finanziati dalla casa editrice Marotta&Cafiero, mentre pennelli, pittura e alcune delle opere dell’artista sono state donate dalla signora Welby.
La storia d’amore travolgente e d’ispirazione come quella di Mina e Piergiorgio è caratterizzata da un sentimento di condivisione che li ha legati per tutta la loro vita, dal momento in cui le loro strade si sono intrecciate fino all’attimo cruciale, quello dell’addio.