Diretto, schietto, mai banale. Sono le principali caratteristiche che hanno spesso caratterizzato il fare del Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, durante i tanti passaggi stampa affrontati in questi sei anni alla guida della città partenopea.
Non si è smentito, l’ex magistrato, nemmeno ai nostri microfoni, tutt’altro. Tanti gli argomenti a cui ha risposto nel corso di una lunga intervista, da un bilancio del percorso di sindacatura arancione, alla crisi che viene attribuita alla sua giunta, fino a un prossimo impegno volto al governo del Paese.
Palazzo San Giacomo ha accolto noi giovani giornalisti in un inusuale, caldo pomeriggio di novembre. Ed è stato forse il rapporto di de Magistris con i ragazzi a ispirargli la fiducia necessaria a fornirci più di un titolo, ad affrontare temi delicati per la prima volta, come il nome di colui, o colei, che lo sostituirà nel 2021.
Sindaco de Magistris, se Le dico la parola Napoli, qual è la prima cosa che Le viene in mente?
«Napoli… Mi viene in mente un posto in cui, anche nei momenti più difficili, si può trovare un’energia magica per rigenerarsi. È una città che è una profonda sorgente di vitalità, creatività e di umanità. Tutto questo deriva, secondo me, dalla bellezza ma anche dalla complessità e dalla diversità delle persone che l’hanno abitata nel corso della storia. Credo che la sua stessa complessità sia una delle caratteristiche del suo fascino. Anche negli aspetti un po’ disordinati, nelle cose difficili, Napoli è una città unica. Sarebbe scontato affacciarsi a questo balcone (Palazzo San Giacomo, in Piazza Municipio – ndr) e pensare alla meraviglia che in un istante ci riempie gli occhi. Ciò che la rende particolare è questo intreccio tra spazio e persona. Non riesco a immaginare Napoli senza i suoi pastori. Vi è una frase che spesso ha caratterizzato la città: che bel presepe, sono i pastori che non sono buoni. Ma il bel presepe lo fanno proprio i pastori. Certo, ci sono anche i pastori malamente, ma la stragrande maggioranza è positiva e a Napoli vuole bene.»
Mi dice una cosa di cui è orgoglioso e un’altra che ancora non è riuscito a realizzare?
«Orgoglioso, dico una cosa immateriale, qualcosa che attiene più allo spirito e al sentimento: aver contribuito fortemente – perché sono stato un motore di questo aspetto, ci ho creduto caparbiamente – a cambiare la gente dentro. Com’era il napoletano sei anni e mezzo fa, e com’è il napoletano adesso? È qualcosa di difficile, lo è spesso in un condominio, figuriamoci in una città come Napoli. Questo è il tema che più mi rende fiero e orgoglioso. Ciò per cui affanno ogni giorno, invece, è non essere riuscito a raggiungere tutti gli obiettivi che ci siamo posti, indipendentemente se solo a causa nostra o meno. È un cruccio, un limite su cui stiamo lavorando.»
Me ne dice uno a cui tiene particolarmente?
«In questo momento, i servizi della città. Intendo quei servizi che rendono una città più capitale, come i trasporti che non dipendono esclusivamente da noi, ma sono oggettivamente un nervo scoperto dal momento in cui sono il Sindaco delle persone. È un risultato non ancora raggiunto.»
Parliamo di periferie. Noi di Mar dei Sargassi siamo legati, in particolar modo, a Scampia. Che futuro aspetta l’area nord napoletana e le periferie in generale? Cosa vuol dire periferia?
«Innanzitutto, sto cercando di lavorare anche in questo caso con il linguaggio affinché la periferia possa scomparire nell’idea di un’unica città, non certo perché non se ne debba parlare. Non mi piace il concetto in sé, in quanto c’è una periferia tradizionale che è appunto geografica, come può essere Scampia, ma c’è poi una periferia umana. C’è una periferia anche all’interno dello stesso centro storico di Napoli. Dico che abbiamo fatto investimenti assai importanti in queste zone, anche se sono poco visibili perché, chiaramente, è molto più semplice notare i risultati che attraversano il tempo più rapidamente. Se penso a Scampia, penso a quanto si sta per materializzare da qui a breve, ossia l’abbattimento delle Vele e l’approvazione di un progetto definitivo di rigenerazione urbana delle stesse, penso a qualcosa che ha caratterizzato intere generazioni, anche la mia. Ricordo quando ero ragazzo e alcune strade erano inavvicinabili, via Bakù, c’era proprio un altro scenario. Sembrava quasi impossibile poter pensare che un giorno quell’area avrebbe potuto subire una trasformazione tanto radicale. Si è deciso di far diventare Scampia centro della città metropolitana, e nella Vela che abbiamo voluto restasse in piedi e poi ristrutturata verranno collocati gli uffici. In questo modo, ribaltiamo il concetto di periferia facendola diventare centro. È uno dei progetti a cui tengo di più giacché è anche il più attuale. Dovremmo, infatti, stare a un passo dall’annunciare la data in cui materialmente avrà inizio tutto questo.»
Qual è il Suo più grande pregio? E il Suo più grande difetto?
«Non so se si possa definirla un pregio, ma certamente l’onestà. Onestà non è solo non essere un mariuolo, ma una condizione complessivamente intesa, intellettuale. È una qualità per me scontata che, però, vedo assai rara, soprattutto nelle istituzioni. Trovare, in questo momento, all’interno dei palazzi, persone che fanno dell’onestà la propria ragione di vita, penso sia un qualcosa che dia sollievo alla gente. Il principale difetto, credo il carattere. Ho un carattere complicato, tosto, spesso non è facile seguirmi. Ho una forte personalità, chiaramente stando sotto adrenalina istituzionale ai massimi livelli, le persone che mi affiancano devono sposare anche tutto questo. Qualche volta sono permaloso ma qui entriamo più nel personale.»
Circa un anno fa lanciò la provocazione Napoli partito politico per le prossime elezioni nazionali. Ci sta pensando davvero? Magari non alle prossime nel 2018, ma dopo il 2021. Se sì, ci va da solo? Dove si colloca?
«Quella fu una frase, appunto, provocatoria ma non è una boutade. Penso davvero che il nostro partito, in questi anni, sia stato la città, il popolo napoletano che mi ha sostenuto. Ciò che nel primo mandato poteva sembrare un laboratorio politico, oggi diventa una proposta, cioè, governare in maniera autonoma, fuori dal sistema tradizionale, cercando di coniugare rivoluzione e affidabilità di governo, coinvolgendo il popolo nel senso vero del termine e non solo per pura retorica. Questa città, oggi, gode di rispetto nazionale e internazionale ed è quindi, sì, un movimento politico. Lo riscontro anche quando incontro altri sindaci, il Governo, noto di essere considerato il capo di una Repubblica, anche se spero di non passare per presuntuoso. La città e forse anche il modo in cui la gestiamo è come se rappresentasse un movimento autonomo o un partito. Poi ci si guarda indietro e un partito non c’è, quindi è il nostro modo di governare e la forza che questa città ha assunto. Abbiamo raggiunto obiettivi impensabili, senza un euro, contro poteri anche significativi, e questo porta la persona neutrale, l’avversario, o anche l’osservatore a rispettarti. È un qualcosa che non si può sottovalutare.»
Quindi ci sta pensando…
«Ci sto pensando e credo che dopo l’esperienza amministrativa consolideremo una serie di passaggi che vanno verso un movimento autonomo. Ritengo che dopo l’esperienza di sindaco, per come abbiamo caratterizzato il nostro modo di fare politica, se ci resta l’entusiasmo e la voglia, come credo, dobbiamo provare a lanciare un progetto nazionale su queste basi che vada a puntare al governo del Paese. Mi sembra un obiettivo che una città come Napoli deve porsi. Una persona che ama l’Italia ma la ama da Sud, e che ha sempre pensato che il Mezzogiorno fosse un elemento di forza o che una campagna elettorale potesse vedere come elemento di forza una persona del Sud che si candida a governare rompendo un sistema, capace di gestire una delle città più difficili del mondo, in un contesto complicatissimo, credo sia un fattore che può attrarre una mobilitazione popolare fuori dagli schemi importante, fuori dai recinti tradizionali di destra, sinistra, 5 Stelle.»
Non è vero, allora, che si allea con MDP?
«Ora come ora, io alle politiche non mi alleo. Il mio, il nostro progetto è un qualcosa di diverso, non è un puzzle algebrico dei partiti esistenti. Se dovessi decidere di fare, lancerei un progetto come quello proposto alla mia prima candidatura a Napoli, contando su militanti, associazioni, comitati, amministratori, consiglieri, personalità individuali o elementi di collettività. Poi, non posso escludere che si possa affiancare a un movimento rivoluzionario come il nostro qualche segmento partitico esistente, ma sarebbe in una posizione di non condizionamento in un coro che canta e suona una musica finalmente completamente diversa.»
Mettiamo il caso che vinca. Che posizione prende in merito a questi quattro argomenti che Le propongo? Ius soli, apologia del fascismo, Lavoro e articolo 18, Scuola.
«Vado in ordine. Lo Ius Soli è una vergogna che il Parlamento non l’abbia ancora approvato. Spero in un sussulto di dignità di questo Governo che sta finendo. Sarebbe una delle prime cose che farei, così come a Napoli abbiamo concesso la cittadinanza onoraria ai figli degli immigrati.
Dal ritorno in auge del fascismo sono molto preoccupato. Non ritorna con le stesse modalità, le stesse persone, gli stessi toni, gli stessi comportamenti, ma avverto un vento fascista che spira in Italia come in Europa che non va affatto sottovalutato. Potremmo svegliarci un giorno e trovarci al governo di pezzi del Paese vere e proprie organizzazioni che si ispirano al nazifascismo. Anche per questo l’esperienza napoletana assume un particolare significato e ribadisco la necessità di un’alternativa vera a questo vento nero che si avverte sempre più forte e non viene contrastato a dovere.
Per ciò che riguarda l’articolo 18, tornerei a quella grande conquista che fu lo Statuto dei Lavoratori del Settanta, non in una visione nostalgica o conservatrice, piuttosto per farne attuare in pieno la sua potenza. È stata una delle più grandi conquiste della lotta operaia della seconda parte del Novecento, quindi, ne va ripristinata la potenzialità enorme, eliminando alcune riforme come quelle che non ho per nulla condiviso, quali il Jobs Act. Al primo punto del mio programma metterei l’attuazione della Costituzione, dove al primo articolo c’è proprio il lavoro. Avere un lavoro deve significare diritti e rispetto delle lavoratrici e dei lavoratori.
La scuola, l’ho già dimostrato da Sindaco di Napoli e della città metropolitana, è un’assoluta priorità. Questa è una convinzione che ho maturato già nella mia precedente esperienza come magistrato. Essa è il baluardo principale per la formazione delle coscienze, fondamentale nel contrasto alle mafie, nel combattere una subcultura dell’illegalità, per formare gente che possa un domani pensare con la propria testa, anziché appartenere a batterie di pensiero unico. C’è da invertire completamente la rotta, un’inversione totale delle manovre di bilancio dove allocare le risorse. Ho amministrato Napoli senza avere un euro a disposizione, governare con le mani legate è limitante al massimo. In Italia si spendono settanta milioni al giorno per spese militari, si adoperano cifre folli per opere inutili, si finanziano salvataggi improbabili di banche. Questi fondi vanno stanziati per la salvaguardia dei beni comuni, per la scuola, per la ristrutturazione e messa a norma degli istituti, per la ricerca. Un Paese che investe sempre meno in ricerca, università e scuola, dichiara la morte di una comunità.»
È vero che è in crisi?
«Chi?»
Lei, la Sua giunta.
«La giunta? Pensavo io. Io non sono mai in crisi e sono sempre in crisi. Una vita senza crisi può rischiare di diventare una sopravvivenza. La giunta non è in crisi ma siamo in un momento cruciale. Se dovessi dettare una sorta di crono-programma, abbiamo da capire qual è la manovra economica che esce dal Parlamento, ed è cosa di ore, di giorni. C’è da capire se il Governo dà un segnale di inversione di tendenza rispetto alle istanze dei territori, ai bisogni dei cittadini, quindi, alle proposte dei sindaci. Significa capire se possiamo operare in una maggiore tranquillità istituzionale, finanziaria. Ho poi un check importante per ciò che riguarda la giunta, la maggioranza, il movimento politico. Il periodo natalizio rappresenterà un momento di riflessione preparatorio al 2018, quando si aprirà la volata finale, gli ultimi tre anni di mandato. Affronteremo quattro fasi elettorali, europee, regionali, amministrative e politiche. Ho bisogno di capire chi c’è in questo progetto fino in fondo, chi ha le motivazioni forti, la voglia. Non è una crisi, ma un ulteriore salto di qualità che pretendo da me stesso e dai miei collaboratori.»
Quanto il Partito Democratico, le forze di centrodestra, piuttosto che i 5 Stelle, stanno mettendo in campo per tirarLa fuori in anticipo da Palazzo San Giacomo?
«Tanto. Questo è stato l’obiettivo personale di alcuni. Distinguerei anche dai partiti, sono battaglie messe in campo all’interno dei gruppi stessi, faccio nomi e cognomi. Lettieri, ad esempio, l’ha fatto in modo evidente con una serie di armi, c’è stato un tentativo per tutta la prima sindacatura. Cronache giudiziarie ci consegnano anche che, nel corso dell’ultima campagna elettorale, addirittura, in questo palazzo si lavorava con connivenze esterne per confezionare un dossier contro di me. Vedo esponenti importanti del PD, ma anche dei 5 Stelle, penso a Brambilla. Non faccio un discorso di partiti o legato al MoVimento, di cui ho rispetto, ma penso alla Valente, a Lettieri, a Brambilla, e metto in prima linea le persone per eliminare quella facile accusa, che qualcuno mi potrebbe muovere, che punto il dito verso un partito intero sostenendo che lavori tutto allo scopo di tirarmi fuori dal Municipio. Posso dire, però, che l’obiettivo forte della politica tradizionale, di ambienti criminali della nostra città, di ambienti mediatici – e questa è una novità – hanno lavorato e lavorano non per criticare, che sarebbe cosa gradita, ma solo per farci fuori. E questo la dice lunga sul fatto che siamo sempre stati lontani dal sistema, l’abbiamo sempre contrastato, non abbiamo mai consentito a nessuno, anche nei momenti difficili, di condizionare il nostro operato. Dalla politica ce lo si aspetta, poi, però sono emerse, come detto, altre personalità, e quando dai fastidio al sistema è come con il fango, viene fuori, e puoi vedere di quale materiale, quale colore, quale pasta sono fatte.»
Prima ha detto che il Riscetamento è qualcosa di cui è orgoglioso. Non si sente tradito da chi è nato sotto la Sua amministrazione e oggi Le volta le spalle?
«Non voglio fare paragoni con epoche e fatti lontani, ma il tradimento fa parte della vita politica e istituzionale. Non svolgo più la mia attività di magistrato perché sono stato tradito da chi avrebbe dovuto sostenermi, in politica figuriamoci un po’. Mi sono fatto degli amici in questi sei anni e mezzo perché ho messo i rapporti umani dinnanzi a ogni altro aspetto. Ci sono poi persone alleate con noi, però su altri fronti alleate con altre, chi gioca su una serie infinita di tavoli. Io sono veramente contento della base. Ho visto molta gente interessata al progetto che ci ha rimesso tanto di sé, del proprio tempo, partecipando attivamente a questo percorso. Ci sono persone che, tra assessori e consiglieri, a questo lavoro hanno dedicato il cuore, così come c’è chi ha politicamente tradito, chi ha voltato lo sguardo da un’altra parte. Qualcuno magari lo farà da qui a qualche settimana, qualche mese. È, secondo me, fisiologico se si considera la potabilità che diamo al nostro progetto. Teniamo alta l’attenzione a tenere fuori i collusi, i malavitosi, chi pensa solo al proprio tornaconto. Abbiamo bisogno di gente che creda nel nostro modo di fare politica, che voglia fare rivoluzione governando, gente che alla stessa maniera in cui abbiamo amministrato Napoli ci seguirà in Regione o al governo del Paese. Bisogna rompere un sistema. Se, invece, in quel sistema si vuole stare, e ce ne sono certamente anche tra i nostri, allora il livello di potabilità di questo progetto va indirizzato a continuare sul discorso già intrapreso negli anni. Sono orgoglioso del fatto che non ci siamo mai piegati ad alcun compromesso e questo sarà il nostro modo di agire anche in futuro.»
Chi continua la rivoluzione arancione dopo di Lei? Le suggerisco un nome: Alessandra Clemente?
«È la prima volta che questa domanda mi viene posta dai giornalisti. I cittadini, invece, hanno cominciato a chiedermi la stessa cosa già da qualche mese. Questo mi avvicina un po’ al momento in cui dovrò passare la mano, e sarà un momento molto particolare della mia vita, dopo dieci anni vissuti intensamente in qualità di Sindaco di Napoli. Il fatto che le persone comincino a pormi questo quesito lo considero una cosa molto bella, vuol dire che c’è chi è legato, che ha visto il mio impegno, che vuole continuità. Una signora, qualche giorno fa, mi ha chiesto questa stessa cosa dicendomi che si sente tranquillizzata dalla mia presenza nelle istituzioni, meno appesantita nonostante fosse conscia dei problemi della città. Credo che tra un po’ dovrò cominciare a pensarci, che l’estate prossima tracceremo un primo profilo. Non entrerò nel toto nomi, sia per non bruciare, sia per non far fuori altri. Ci sono tante persone che possono prendere il mio posto e Alessandra (Clemente – ndr) è un nome che verrà certamente fuori. Dobbiamo cominciare a pensarci tutti assieme perché dobbiamo vincere, dobbiamo dare continuità. Il contraccolpo ci sarà, e non voglio essere equivocato o passare per presuntuoso, ma non mi considero un falso modesto. Conosco il mio impegno, so quanto ci ho messo, come funziona la macchina, so come ha funzionato il rapporto con la città, con il Governo, con il mondo che oggi ci guarda. Napoli è la città più cliccata del pianeta, e so quanto questo si regga anche sul mio impegno. Il contraccolpo ci sarà in termini di empatia, di carisma. Dobbiamo lavorare sul profilo di una persona che indichi continuità di moralità e di etica. Ci saranno garanzie estreme di prosieguo del lavoro proposto fino a ora. E, poi, mi auguro una profonda componente giovanile. I ragazzi, e così voglio chiudere, hanno rappresentato una grandissima ricchezza per me, e senza voler fare gerarchie con anziani, bambini. La mobilitazione politica messa in campo dai giovani durante i miei mandati è una bellissima notizia ed è qualcosa che riguarda una forza politica che a oggi ha solo Napoli tra le grandi città. Da lì si deve trarre molto della rappresentanza cittadina che vogliamo offrire a questa nostra realtà.»