Appare quasi come un’isola felice, dipinta dal Sindaco Luigi de Magistris, la città di Napoli, nel bel mezzo di un mare in tempesta scosso dai venti dell’odio che spirano dalla Padania e alla deriva per ciò che riguarda qualsiasi punto di riferimento che non sia l’insensata e disumana caccia alle streghe di cui, però, le sue onde sembrano non poter più fare a meno.
Essere primi in Italia per cultura e turismo, onestà e talenti giovanili, partecipazione e beni comuni, è qualcosa di stupendo che ci riempie di orgoglio napoletano. Sappiamo quanto lavoro durissimo e immane c’è dietro questo primato.
Si apre così l’ultimo post del Sindaco affidato al suo account ufficiale su Facebook, un leitmotiv che abbiamo imparato a riscontrare più volte, nel corso degli anni, nelle parole del Primo Cittadino partenopeo, una bandiera che, con fierezza, ha sventolato in ogni parte d’Italia, vessillo di un popolo che, finalmente – dopo anni di anonimato e, anzi, di una nomea fetida associata più spesso alla monnezza e alla malavita, piuttosto che alla cultura, all’arte e al progresso – è tornato a essere protagonista di telegiornali senza l’ombra della camorra, sfondo di eventi sportivi di livello mondiale e passerella di manifestazioni invidiate da ogni parte del globo.
Fin qui, tutto bene, dunque. Continuando nella lettura dello scritto, però, qualcosa giunge all’occhio come un pugno inatteso. Economia cittadina mai così forte, decine di migliaia di posti di lavoro creati solo con la forza del capitale umano. Tutto questo è frutto del lavoro, della passione, del coraggio, dell’amore, anche della follia, di tantissimi napoletani. Ogni giorno sempre più numerosi.
Che lavoro, passione, coraggio, amore e follia siano certamente termini adattissimi a dipingere gli abitanti della città del Vesuvio è fuori discussione. Soltanto chi è dotato di un gran senso d’appartenenza al proprio territorio ed è mosso da un sentimento incondizionato che celi tutta la polvere presente in città sotto il tappeto dell’entusiasmo, infatti, può restare ancorato alle banchine del porto sul Golfo e non prendere il largo verso un futuro che, non solo Napoli, ma l’intera nazione sembrano non essere più in grado di garantire ai giovani nati sotto il tricolore.
D’amore non si muore, cantava Massimo Ranieri – napoletano – nella celebre strofa del suo successo Rose Rosse, ma manco ci si campa. Difficile, infatti, con le statistiche che, ogni giorno, rimbalzano da un quotidiano all’altro e che raccontano di ragazzi e ragazze sempre più lontani dalla propria casa dell’infanzia e ormai grandi nella loro nuova lingua, credere a quanto scritto da de Magistris per annunciare la battaglia che egli, assieme al proprio popolo, è pronto a portare a quei tanti, troppi ostacoli ci vengono sempre frapposti e ci impediscono di poter contare su quelle risorse materiali, economiche e umane che migliorerebbero di gran lunga i servizi e la qualità della vita della nostra città.
A leggere di decine di migliaia di posti di lavoro, a fronte di una crisi soffocante, di napoletani ogni giorno sempre più numerosi, infatti, si fa fatica a crederci, anche noi che, attraverso le pagine di questo giornale, abbiamo sempre visto – e continuiamo a vedere – nell’inquilino principale di Palazzo San Giacomo l’unica vera e concreta alternativa alla barbarie che insiste in Italia.
Se, però, i numeri analizzati dal Sindaco partenopeo davvero fotografano questa brillante realtà, la sensazione che si avverte comunque dai vicoli e dalle strade è quella di un’impasse fino a ora sconosciuta per gli attenti seguaci del progetto arancione, e il conseguente disaffezionamento che sfocia nella ricerca di un nuovo comandante a cui affidare le proprie sorti, come per il resto del Paese, non può portare ad altro che alla formazione di nuovi adepti per l’esercito dell’odio capitanato da Salvini, ben coperto alle spalle dai grillini. E Napoli – proprio no – non può e non deve cadere, non può permettersi di mollare la resistenza e smettere di ispirare la rivincita che la gente del Sud Italia e i delusi da una sinistra attenta, esattamente come la destra, agli interessi dei soli potenti, aspetta da ormai troppo tempo.
È il momento, dunque, per il Sindaco de Magistris, di sfoderarle quelle armi di cui parla (Useremo tutte le armi, ovviamente non violente, della democrazia per disarmare le armi dei nemici di Napoli, non siamo più disposti a subire ingiustizie), e di mostrarle con forza a chi crede di non avere più bastoni tra quelle ruote che corrono verso lo svilimento della democrazia, è il momento di inventare e di reinventarsi e nessuno ha dimostrato, negli anni, di avere tanta capacità di iniziativa quanto l’ex magistrato.
Napoli e i napoletani, dopo le recenti vicende nazionali, si sentono più soli, più smarriti, più inclini alla debolezza. E, stavolta, chiedere (e credere) ancora di attingere dal loro mai domo entusiasmo potrebbe non bastare.