Contributo a cura di Eleonora Cepollaro
Umberto Galimberti, filosofo e intellettuale del nostro tempo, nella sua opera L’ospite inquietante: il nichilismo e i giovani, pubblicata da Feltrinelli Editore nel 2007, dichiara ufficialmente avverata la profezia nietzschiana.
L’autore del Così parlò Zarathustra, infatti, nella seconda metà del diciannovesimo secolo scriveva: “Ciò che io racconto è la storia dei prossimi due secoli. Io descrivo ciò che viene, ciò che non può fare a meno di venire: l’avvento del nichilismo.”
Ma cos’è il nichilismo? È la caduta di ogni valore, l’abbattimento di ogni punto di riferimento, la negazione di ogni significato. Nichilismo è assenza di scopi e risposte ai perché. È la convinzione di non poter rivedere il sole sorgere dopo il tramonto.
Il futuro smette di essere il luogo temporale in cui i sogni si realizzano divenendo il luogo del fallimento e della sconfitta. Il futuro non è più una promessa ma, al contrario, una minaccia che genera turbamento e inquietudine, soprattutto per noi appartenenti alla cosiddetta “generazione dei nativi digitali”, incapaci di fermare il tempo impiegandolo.
Dio è morto e ha portato con sé i valori che hanno animato e giustificato l’esistenza dei vecchi mondi che si sono sovrapposti e susseguiti uno dopo l’altro. Questo ha fatto sì che ereditassimo una sfiducia nei confronti di tutto ciò che ci circonda: nessun mondo è stato in grado di resistere al tempo, nessun valore è riuscito a conquistare l’eternità, tutti hanno avuto ragione, nessuno continua ad averla.
Uno svuotamento di senso che ha pervaso l’esistenza di ogni uomo del nuovo millennio e che rende sempre più difficile riuscire a credere in qualcosa.
Martin Heidegger riguardo al nichilismo scrisse:
“Non serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia”
Il nichilismo non bussa alla porta, niente toc toc. Anche i sistemi più avanzati di serratura non possono fermarlo. Esso si introduce nella nostra casa in silenzio, dopo averla perlustrata di sottecchi. E noi possiamo non accorgerci subito della sua presenza perché non ha un volto da mostrare e neanche un corpo da abitare. Però possiamo, anzi dobbiamo, smettere di essere indifferenti nei riguardi del nostro ospite: si potrebbe trovare bene nella nostra casa decidendo di allungare la sua permanenza.
Dio è morto ma noi siamo ancora vivi, anche se troppo spesso lo dimentichiamo. Il futuro è il secondo tempo del presente e la vita è una partita che non sempre si decide ai supplementari.
Il tempo passa, cerchiamo di investirlo conoscendo il nuovo coinquilino: potrebbe essere il nostro compagno di vita.