Erano i primi di gennaio quando Giulio Gallera si congedava dal Pirellone. In quei giorni, dopo mesi di disastri e dubbi ancora da sciogliere, la giunta lombarda stava lavorando al rimpasto necessario per non cadere. E così, mentre un traballante Attilio Fontana lasciava che a farne le veci fosse Matteo Salvini, Silvio Berlusconi tornava a mettere il cappello su una delle poltrone più calde – e promettenti – che la Regione potesse offrire.
Quella che è stata a tutti gli effetti un’operazione di facciata ha portato, infatti, a una ridistribuzione del potere che ha favorito proprio l’ex Cavaliere, tornato in auge tanto in Lombardia quanto a Palazzo Chigi, con alcuni dei suoi affiliati a ricoprire ruoli chiave in vista del Recovery Fund. In particolare, a occupare l’ufficio dell’Assessorato al Welfare e alla Salute del Pirellone è un nome che ancora riecheggia nelle aule della Corte dei Conti, meno nell’Italia delle seconde possibilità: Letizia Moratti.
Com’è bene ricordare, l’ex Prima Cittadina vanta una condanna per danno provocato alle casse del Comune di Milano per un totale di 1 milione 82mila euro. Una vicenda che le cronache rammentano come consulenze d’oro e per la quale Moratti è stata condannata a versare un risarcimento pari a oltre 591mila euro, rea di aver assegnato incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione, ma anche di aver istituito un ufficio stampa alle sue dirette dipendenze per una spesa di 887mila euro.
Nonostante – o, forse, grazie a – un curriculum tutto da leggere, dunque, a dieci anni dalla sua esperienza a Palazzo Marino, la fedelissima di Berlusconi – al suo fianco sin dall’ascesa del ’94, dapprima in qualità di Presidente RAI, poi di Ministro dell’Istruzione (2001-2006), infine di Sindaco meneghino (2006-2011) – ha lasciato la presidenza di UBI Banca per tornare a ricoprire un duplice ruolo pubblico nella stessa terra da lei depredata. Non solo l’Assessorato, infatti, a Moratti è stata affidata anche la Vicepresidenza della Regione. Un upgrade di tutto rispetto.
Di tutto rispetto, però, è anche la promozione, arrivata nei giorni scorsi, di quel Giulio Gallera di cui sopra, l’Assessore ai tempi deposto perché stanco – così recitava la versione ufficiale – ma in realtà allontanato per la sua totale incapacità gestionale della pandemia: l’esponente di Forza Italia è oggi Presidente della Commissione Promozione e Bilancio, la più importante del Consiglio regionale della Lombardia, quella che deve dare parere determinante sulla copertura finanziaria di tutte le proposte di legge. Ma – anche – l’organismo che definisce i rapporti con le partecipate. Le stesse di cui negli ultimi mesi si è parlato, seppur non a sufficienza.
La più celebre tra queste è ARIA, l’azienda fortemente voluta dalla Lega nel 2019 per ridurre gli sprechi dopo gli scandali a opera di Roberto Formigoni, colui a cui siamo tornati a pagare il vitalizio per gentile concessione del Parlamento dei migliori nonostante un danno erariale di 47.5 milioni di euro di soldi pubblici che ha devastato la sanità in Lombardia. Ma gli sprechi, il fiore all’occhiello dell’amministrazione a trazione leghista, non li ha ridotti affatto: l’azienda è la stessa che a inizio pandemia aveva contratto un accordo con Dama S.p.A., la società di Andrea e Roberta Dini, moglie di Fontana, per una partita di camici da 82mila pezzi e un valore di 513mila euro a carico dei contribuenti. All’epoca sembrava stesse per scoppiare una bomba, invece, nonostante un conto svizzero miliardario e spostamenti di capitali ambigui, il Presidente della Regione è ancora lì e, ancora, gestisce le sorti e i soldi dei cittadini lombardi. Come Moratti. Due che da quella terra andrebbero banditi. E, invece…
E, invece, per un periodo di appena sei mesi, la partecipata controllata al 100% dalla Regione Lombardia ha gestito la campagna vaccinale per un compenso di 22 milioni e 100mila euro. Poste Italiane, che oggi gestisce le prenotazioni, si era proposta di farlo tramite propria piattaforma in via del tutto gratuita. Perché, dunque, si è preferito regalare fondi pubblici a un’azienda il cui fallimento è certificato anche da un documento della Corte dei Conti che ne parla come di un vero e proprio consulentificio? Perché alla stessa è stato affidato l’acquisto dei vaccini antinfluenzali costati molto, ma molto di più che nelle altre regioni italiane? Perché dopo lo scandalo Dama nessuno ha pensato di interrompere subito i rapporti?
Non basta, oggi, che ai vertici di ARIA siano state chieste le dimissioni: un occhio un po’ più attento sa scorgere da sé che anche questa è stata un’operazione di puro marketing, l’ennesimo tentativo di pulirsi la faccia del duo Forza Italia-Lega, entrambe ben intenzionate a mantenere pieno controllo del territorio in arrivo di una pioggia di soldi mai visti prima. In fondo, l’azienda è stata a lungo presieduta da Francesco Ferri, pupillo di Berlusconi, adesso è affidata al direttore generale Lorenzo Gubian, in forza Carroccio. Cosa è cambiato?
Certo, dopo le dosi avanzate, buttate o regalate a parenti e amici, dopo l’accesso al vaccino attraverso un semplicissimo link su WhatsApp – come dimostrato da Radio Popolare – la campagna vaccinale in Lombardia è, oggi, decisamente più spedita. Non eccellente, ma meno critica di poche settimane or sono. Basterà? La sensazione è che, ancora una volta, si sia messa la polvere sotto il tappeto per permettere ai soliti di solcarlo trionfanti. Il tutto con il benestare del governo centrale.