Che il nostro sia uno strano Paese ritengo debba trovare tutti d’accordo. Una nazione, l’Italia, in cui la mediocrità della politica tiene banco, la stessa che passa da un giustizialismo esasperato a una beatificazione postuma persino di personaggi che della cosa pubblica, del proprio partito o di entrambi hanno fatto un bancomat personale massacrando i grandi ideali.
È quanto, ad esempio, sta accadendo in questi giorni, in occasione dell’uscita del film Hammamet, con un nuovo colpo di fiamma e il tentativo di riabilitazione di Bettino Craxi, quello dell’uccisione del Partito Socialista dei Lombardi e dei Nenni e degli scandali, l’uomo simbolo della Prima Repubblica raccontato anche da Mani pulite, la vera storia a cura di Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio (Editori riuniti 2002): […] aveva collezionato due condanne definitive per 10 anni di reclusione (5 anni e 6 mesi per la corruzione dell’Eni-Sai e 4 anni e 6 mesi per i finanziamenti illeciti della Metropolitana milanese), più altre condanne provvisorie, in primo e in secondo grado, per circa 15 anni (3 anni in appello per Enimont, 5 anni e 5 mesi in Tribunale per Enel, 5 anni e 9 mesi annullati con rinvio dalla Cassazione per la bancarotta del Conto protezione); e poi due assoluzioni (Cariplo e, a Roma, Intermetro) e una prescrizione (in appello per All Iberian). Non basta. L’allora Segretario del PSI e già Presidente del Consiglio aveva ricevuto tre ordinanze di custodia cautelare, i cui procedimenti al momento della morte non erano stati definiti: Enel, fondi neri Eni e fondi neri Montedison.
[…] Il 7 febbraio, accompagnato dall’avvocato Bovio, Larini si consegna a Di Pietro, che con il capitano Zuliani lo aspetta alla frontiera autostradale di Ventimiglia. Dopo uno spuntino in un ristorante-pizzeria, viene accompagnato a Milano, nel carcere di Opera. Vi trascorrerà quattro giorni, riempiendo decine di pagine di verbali. L’architetto ammette le sue responsabilità. E racconta il suo ruolo di «fattorino delle tangenti» che sgorgavano dal sistema della metropolitana milanese: “Dovevo ricevere il denaro che Carnevale o Prada mi consegnavano e portarlo all’onorevole Craxi. Infatti, a partire dal 1987 e fino alla primavera del 1991, ho avuto modo di ricevere dai predetti 7 o 8 miliardi complessivamente e ogni volta (salvo in un paio d’occasioni in cui li ho consegnati direttamente a Natali) li ho portati negli uffici dell’onorevole Craxi di Piazza Duomo 19, a Milano, depositandoli nella stanza a fianco della sua […]. Posavo la borsa o il plico sul tavolo e la Enza [Tomaselli, la segretaria di Craxi] lo ritirava. Non le ho mai detto nulla, alla consegna, perché era assolutamente scontato di che cosa si trattasse.
L’Italia, dicevamo, il luogo delle riabilitazioni postume, conseguenza emotiva di un film fatto bene – meglio interpretato –, ma pur sempre un film con la grande capacità di trasmettere strani effetti invocativi di beatificazione per giungere poi alla santità. Strano, stranissimo Paese di quanti non si accorgono o fanno finta di non vedere la singolarità dei suoi abitanti che in maggioranza ne costituiscono la parte che sistematicamente rivolge la propria simpatia e tutto l’entusiasmo – nient’altro che questo – nei confronti di coloro che della politica fanno un uso personale, propagandistico, con connotati privi di alcuna base ideologica o di un minimo pensiero, unicamente mettendo insieme un determinato numero di elementi, essenzialmente di natura emotiva, tramutando poi il tutto addirittura in impossibili contratti da rescindere alla prima occasione. Come, del resto, avvenuto sia per l’ex felpato – oggi quasi normalizzato in quanto a immagine esteriore – sia per chi il contratto volle farlo con tutti gli italiani dalla terza camera, lo studio televisivo del singolare Bruno Vespa.
Sono gli avventurieri della politica, i dilettanti allo sbaraglio, gli esperti del nulla, gli improvvisatori e speculatori di sentimenti reconditi annidati in quella parte di Italia figlia del peggiore momento che il Paese abbia attraversato nel secolo scorso e che anche adesso ogni tanto riemerge con la voglia di riscatto che compare in ogni competizione elettorale sia essa nazionale, regionale o comunale, in maggioranza a opera di anonimi soggetti in cerca perenne di incarichi da ricoprire senza competenza alcuna e sempre pronti a esigere e abbandonare la nave in caso di rifiuto giungendo persino al ricatto.
Questa categoria, in ambito locale, assume i contorni della commedia tragicomica, con riunioni da fare invidia a quelle sette carbonare di antica memoria, tenute da pochissimi fidati presto scoperti con le dita nella marmellata. Creature infantili che, una volta sorprese, cercano di mettere una pezza quasi sempre peggiore della marachella per poi, a dispetto, correre tra le lacrime nelle braccia di quanti pronti ad accoglierli nella speranza di portare al proprio mulino qualche decina di voti in più, qualche centinaio in caso di pacchetti preconfezionati racimolati in categorie di ingenui lavoratori.
Emblematico, in tal senso, il caso di Napoli, le cui trame sotterranee sono riemerse come il segreto di Pulcinella. Fatti alla mercé di chiunque con tanto di pubblicazione delle registrazioni su un quotidiano cittadino e poi via, tutti a correre verso Renzi o l’attuale Presidente della Regione. Qualcun altro , invece, è stato attratto da effetto di emulazione o, peggio, di auto-sopravvalutazione con finali certi di auto-eliminazione.
A questo punto, è legittimo chiedersi con quale metro di valutazione siano stati graziati quei personaggi che hanno fatto il bello e cattivo tempo nella Prima Repubblica o anche come siano stati pesati quelli della nostra storia più recente, incapaci non solo di gestire il presente ma anche di progettare un minimo di futuro. Quali riforme radicali dei sistemi giustizia, istruzione, fiscale? Nessuna, soltanto interventi tappabuchi. E nelle realtà locali, quale contributo hanno offerto alle loro parti politiche, e quindi alla comunità, i personaggi in cerca d’autore per lo più eletti per grazia ricevuta con pochi voti come accaduto nella città partenopea?
Strano Paese, dicevamo, quelle delle riabilitazioni e delle beatificazioni postume, stranissimo e incomprensibile concentrato di matti ed esaltati che del nulla son capaci di mostrare materia viva visibile soltanto a se stessi. Passati da uomini dalle grandi abilità politiche, talvolta anche d’altro, a figuri incompetenti e pericolosi collocati irresponsabilmente in settori delicati della vita della nazione, spesso in grado solo di far danni. Ma la buona politica, il buon governo è nelle nostre mani, da ciò che vogliamo costruire nell’unico interesse della collettività e del Paese tutto. Altrimenti, non c’è speranza alcuna, non c’è futuro, perché dal nulla si crea soltanto il nulla.