«L’affresco del Tuffatore, oltre a essere al centro di un dibattito scientifico molto controverso, è l’immagine antica che più di tutte le altre ha ispirato artisti, scultori, scrittori e poeti contemporanei. La mostra parte da una domanda molto semplice: come mai questa immagine, alquanto semplice a prima vista, ha suscitato una tale reazione nella nostra cultura contemporanea? La Tomba del Tuffatore è un’immagine di 2500 anni fa ma – in quanto spunto di rivisitazioni e discussioni – è anche un prodotto del nostro presente. Ci dice forse più su di noi stessi che non su coloro che l’hanno realizzata all’epoca»: sono queste le parole scelte dal Direttore del Parco Archeologico di Paestum Gabriel Zuchtriegel per raccontare l’anti-mostra che vuole celebrare il 50° anniversario della scoperta del Tuffatore dal 3 giugno fino al 7 ottobre. Un ritrovamento che è al centro di un dibattito molto controverso e acceso, con l’immagine della figura che si tuffa in acqua che è diventata un vero e proprio rompicapo: si tratta di una visione edonistica della vita e della morte o qualcosa di più di un messaggio ispirato ai culti legati a Orfeo e Dioniso? La manifestazione cilentana, del resto, non pretende di risolvere questi interrogativi: non si tratta, infatti, di un’esposizione tradizionale, bensì di un’anti-mostra che vuole porre delle domande coinvolgendo i visitatori nella discussione.
L’immagine invisibile – questo il nome dell’evento – è composta da circa cinquanta opere provenienti da musei nazionali e internazionali che abbracciano gli argomenti più vari: dalle scoperte importanti sul tema dei culti e dei misteri antichi in Magna Grecia, alle visioni edonistiche settecentesche del mondo di Bacco. Ma anche le danzatrici caste e sensuali del Canova e le visioni novecentesche e particolarmente ambigue di Corrado Cagli e Giorgio De Chirico. La Tomba del Tuffatore, in particolare, è un’opera assai singolare in quanto unica testimonianza della pittura greca a grandi dimensioni, non vascolare e datata prima del IV secolo a.C., tuttavia anche il soggetto rappresentato è alquanto inconsueto poiché si tratta di un giovane completamente nudo che è ripreso mentre si tuffa nell’oceano. Un’immagine metaforica del passaggio dalla vita alla morte. Morte che era stata vista in maniera negativa dai Greci, fino a quando, a partire dal V secolo a.C., iniziarono a coltivare idee del tutto nuove basate sulla speranza di una forma di sopravvivenza dopo l’ultimo battito. Fu proprio Platone a definirla la liberazione dell’anima, sulla base di questa ventata di riflessioni novelle e anticipando le credenze religiose più recenti.
La tomba è stata trovata all’interno di una piccola necropoli di VI-IV secolo a.C. e la scena del tuffatore, che ha dato il nome alla tomba stessa, si trova sul lato interno della lastra di copertura, proprio faccia a faccia con il defunto. Il funerale in questione si svolse intorno al 475 a.C. e gli affreschi rimasero al buio per quasi due millenni e mezzo, fino a quando furono ritrovati nel 1968.
Una mostra, quella di Paestum – visitabile tutti i giorni dalle 8:30 alle 19:30 e il 1° e il 3° lunedì del mese fino alle 13:40 al costo di 9.50€ e ridotto 4.75€ – davvero tutta da scoprire e che vuole raccontare trecento anni di scoperte archeologiche e riletture dell’antico che dimostrano perché la Tomba del Tuffatore non può essere spiegata.