Nasce a Napoli un premio letterario particolare, libero da vincoli e da dinamiche di mercato. Gli ideatori sono Raimondo Di Maio (libraio/editore di Dante & Descartes) e Antonella Cilento (fondatrice dell’Associazione Culturale Aldebaran Park e della prestigiosa e longeva scuola di scrittura lalineascritta), da sempre incontenibili vulcani di idee e progetti per animare la vita culturale partenopea. Il premio si chiama Libro dell’anno e viene conferito ad autori di opere pubblicate in Italia nell’anno editoriale precedente.
Il primo Libro dell’Anno è stato assegnato, con una cerimonia informale, a Paesaggio con rovine di Generoso Picone: opera che ha, in qualche modo, ispirato il riconoscimento stesso. Romanzo che racconta la tragedia del terremoto in Irpinia e, ancor più, evidenzia le mancanze di un sistema paese che ha abbandonato e continua ad abbandonare il Mezzogiorno d’Italia, Paesaggio con rovine ha, secondo il parere unanime di Di Maio e Cilento, il merito d’essere tanto più attuale perché la stessa sensazione d’oblio vissuta quarant’anni fa si ripropone oggi con la stessa violenza, sotto le macerie della pandemia da COVID-19. Il riconoscimento arriva, dunque, all’alto valore culturale del testo di Picone trascendendo, per una volta, quello dei numeri di vendita, le fascette da bestseller, il peso in classifica.
Premiare il valore culturale di un’opera non vuol dire solo celebrarne l’autore, riconoscendogli le capacità di lucidità, universalità e maestria letteraria. Un premio al valore culturale è anche e, forse, soprattutto ribadire che è nella cultura tout-court che ritroviamo le nostre radici. Attraverso la cultura siamo in grado di elaborare e rielaborare il passato affinché quest’ultimo sia sempre in un rapporto dialogico con il qui e ora, con il nostro presente malandato e affetto da amnesia. E ribadire con forza l’importanza di questo valore da una città come Napoli acquisisce, se vogliamo, un significato ancora maggiore. Con quest’affermazione non s’intende affiancarsi alla retorica campanilista che racconta la nostra come una città di eterni contrasti e contraddizioni, di mare-sole-pizza e criminalità. Piuttosto, crediamo che riaffermare un primato della cultura a Napoli voglia dire uscire dalla narrazione che la relega alla dimensione fossile del provincialismo.
Napoli è sempre stata crocevia di culture, di contaminazioni linguistiche, musicali, letterarie. Promuovere e premiare la cultura a Napoli ha certamente a che fare con la custodia gelosa di questa sua natura sfaccettata, ma serve anche a proiettare la città nel futuro come la metropoli globale che è sempre stata e dovrebbe essere. Proprio in questi anni assistiamo, tra l’altro, a un rinnovato entusiasmo nella vita culturale della città che lambisce e culla nella sua onda iniziative editoriali di successo, registi pluripremiati, film d’autore come il Martin Eden vincitore a Venezia, casi letterari tradotti e conosciuti in tutto il mondo attraverso i libri e la produzione internazionale di pellicole e serie tv, prima fra tutti la saga de L’amica geniale di Elena Ferrante. Grazie a quest’ultima, peraltro, Napoli viene spogliata della sua patina di esotismo mitologico per prendere il posto che le spetta nel contesto della storia nazionale dell’Italia del dopoguerra.
È proprio per questa ricontestualizzazione di Napoli e del Mezzogiorno tutto come parte d’Italia, d’Europa, del mondo che dobbiamo lottare con lo strumento della cultura. Questo lo sa bene l’editore Dante & Descartes, il primo in Italia ad aver investito sulla traduzione delle poesie di Louise Glück, Premio Nobel per la Letteratura nel 2020. Raimondo Di Maio, da sempre libraio, dimostrò in quella occasione, con la lungimiranza di chi maneggia e lavora coi libri sul campo e tra gli scaffali, di credere sempre e innanzitutto alla voce del testo, al valore letterario delle parole sulla pagina. Solo dopo la proclamazione del Nobel, le opere di Glück hanno lasciato la loro casa napoletana per approdare a Milano, da Il Saggiatore. Ecco la potenza del valore culturale: riuscire a unire il territorio. La letteratura è capacità di interrogare la Storia. E, nel caso del Libro dell’Anno di Generoso Picone, strumento attraverso il quale far riaffiorare una questione meridionale mai affrontata dall’oblio delle macerie.