Abbiamo bisogno di un legislatore che faccia delle libertà civili il fiore all’occhiello di un Paese democratico dove buone leggi prevedano che i cittadini non debbano andare in altri Paesi per concepire un figlio, fare ricerca, fare famiglia, avere un lavoro, curarsi, trovare assistenza, scegliere come porre fine alle proprie sofferenze. Abbiamo bisogno di un legislatore che torni a parlare con ognuno di noi, che ci ascolti, che risponda alle nostre necessità, che non ci neghi il diritto alla vita e, anche, il diritto alla morte. Per questo, giovedì 19 settembre alzeremo la voce in Piazza San Giovanni Bosco, a Roma, per ribadire, a sei anni dal deposito della proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale, che non intendiamo arretrare di un passo, per chiedere al Parlamento e al nuovo esecutivo di rimettere l’uomo, da troppo relegato a mero spettatore, al centro di un dibattito ormai lontano dal sentire comune.
Lo faremo al fianco dell’Associazione Luca Coscioni, presieduta, tra gli altri, dalla straordinaria Mina Welby, moglie di Piergiorgio, dal 2002 megafono di chi mira all’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la ricerca sugli embrioni, l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione. Lo faremo anche con Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, ancora sotto processo per aver sostenuto la battaglia di Fabiano Antoniano, in arte Dj Fabo, accompagnandolo in Svizzera per mettere fine alla propria agonia. Un caso che ha scosso l’Italia, ma non al punto da rivoluzionarla legislativamente.
Con noi, tra le strade della Capitale, artisti, giornalisti, politici, medici e operatori sanitari si alterneranno sul palco per chiedere di essere #LiberiFinoAllaFine. A condurre l’iniziativa Neri Marcorè, pronto ad accogliere personalità del calibro di Luca Barbarossa, Roy Paci, Nina Zilli, Pau e Mac dei Negrita, il Dj Claudio Coccoluto, Kento + Dj Fuzzten, Andrea Delogu, Giulio Golia, Giulia Innocenzi, Selvaggia Lucarelli, Francesco Montanari, Il Muro del Canto, Stella Pende, Dj Marc Robijn, Emanuele Vezzoli, Enrico Zambianchi e tanti altri. Nomi più e meno noti che hanno deciso di prestare il loro volto e la loro voce per rompere quel tabù volutamente calato sul diritto a una morte dignitosa. Un diritto totalmente assente nel contratto di governo della legislatura appena conclusasi e rimandato in quelle precedenti, celatesi dapprima dietro le avversità delle destre, poi della Chiesa, infine delle agende fitte di priorità che mai annoveravano tra loro l’individuo, a differenza della Costituzione che, invece, ancora una volta riconosce libertà di scelta: Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana (Articolo 32).
L’evento ospiterà le testimonianze di Mina Welby, Beppino Englaro, Valeria Imbrogno, Mario Riccio, Chiara Rapaccini, compagna di Mario Monicelli, e i parenti di altri attivisti che negli anni hanno combattuto pagando sulla propria pelle la mancanza di una legge sul fine vita. Tra i parlamentari presenti, invece, Riccardo Magi ed Emma Bonino. Una manifestazione del tutto gratuita che si terrà dalle 17 alle 23 e che, come sottolinea Cappato, si svolgerà nella stessa piazza dove il Vaticano negò i funerali a Piergiorgio Welby. Tutte le organizzazioni e i partiti che si dicono d’accordo, continuano i promotori, sono invitati a partecipare. In ogni caso, non chiediamo – né staremo ad aspettare – che sia il governo in quanto tale a sostenere la nostra lotta. Chiediamo solo che i parlamentari siano lasciati liberi di decidere e finalmente il Parlamento si faccia vivo, dopo 6 anni dal deposito della nostra legge di iniziativa popolare.
Una richiesta – legittima – che non possiamo non fare anche nostra. Perché quei vivi di cui Salvini voleva occuparsi al posto dei morti siamo noi che meritiamo rispetto in salute come in malattia. Siamo noi costretti a vedere chi amiamo spegnersi piano, impossibilitati a fare di più.
Ci vediamo in piazza.