Il problema, forse, sta nel fatto che siamo stati abituati alla scomparsa della sinistra dagli scranni del governo dagli stessi esponenti che oggi, all’indomani della neonata formazione di Liberi e Uguali, si fanno promotori proprio del rilancio della stessa.
Le manovre degli ultimi anni firmate Partito Democratico, infatti, hanno di fatto cancellato l’elemento caratterizzante delle politiche figlie del PCI e della prima quercia DS, del rapporto tra istituzioni e sindacati, tra Palazzo e popolo, in favore di leggi e proposte che strizzano sempre più l’occhio a un operato facilmente attribuibile al centrodestra berlusconiano
Comprensibile, dunque, non lasciarsi travolgere da una spassionata fiducia nei confronti della formazione capeggiata dal Presidente del Senato, Pietro Grasso, a maggior ragione se si riflette su alcuni dei volti che andranno a comporre la squadra che accompagnerà la seconda carica dello Stato alle prossime elezioni del 2018. D’Alema, Bersani, Vendola, Civati, già troppe volte protagonisti di un ping-pong di flirt e rotture con il partito oggi diretto da Matteo Renzi, non sono, probabilmente, i nomi da cui ci si aspetterebbe, finalmente, una reale inversione di tendenza delle politiche proposte dalle due Camere in tempi recenti. Il tanto auspicato, concreto ritorno a manovre che guardino veramente agli interessi degli ultimi, delle scuole, delle università, della ricerca, del mondo del lavoro, può davvero passare per le mani di chi ha contribuito, dall’alto dei ruoli istituzionali ricoperti, alla situazione nella quale versano le questioni sociali oggi giorno? Basta un ennesimo cambio di logo per definire una nuova rotta per le proprie idee?
Forse no. Tuttavia, sono giorni che rimbalza su diverse testate nazionali un fastidioso sbrogliarsi di accuse rivolte alla coalizione che ha impressi nel nome i principi fondanti della Costituzione della Repubblica Francese del 1793, Liberi e Uguali, proprio relativamente alle questioni di leadership del movimento e – questa davvero di bassa lega – in merito alla composizione del logo, con le foglioline della “E” al centro di una polemica sterile e puerile che vedrebbe il ruolo delle donne della formazione amaranto discriminate nel confronto con i colleghi di sesso maschile, cercando nel simbolo addirittura un collegamento con Adamo ed Eva, con la donna figlia di una costola della dominante posizione maschile.
Fa sorridere, infatti, come d’improvviso la stampa di mezza Italia abbia scoperto in Massimo D’Alema l’origine di tutti i mali attribuibili al mal governo del centrosinistra degli ultimi vent’anni, prendendo di mira l’ex capo del Governo più per le tante formazioni fondate, trasformate, cambiate, che per meriti o demeriti delle reali azioni che portano la sua firma. Non è, infatti, il puntare il dito contro i soliti noti a far riflettere, quanto le motivazioni che vengono attribuite a un certo fallimento anche di questo prossimo esperimento. Inoltre, la figura di Pietro Grasso, non proprio uno che non sappia come far sentire la propria voce, è l’unica che – va riconosciuto – nell’ultimo decennio, è riuscita a raccogliere nuovamente sotto un’unica bandiera la Sinistra moderata con quella più radicale rappresentata da SI.
In qualunque modo la si pensi, Liberi e Uguali ha coinvolto già decine, centinaia di nuove personalità che si affacciano alla politica da pochi anni ma che hanno saputo far sentire la propria voce e metterla al servizio delle persone che gli hanno affidato la propria fiducia.
È il caso di Michela Rostan, giovane parlamentare eletta nel 2013 con il Partito Democratico ed esponente in forte ascesa tra le fila di Articolo 1 – MDP. L’Onorevole della Commissione Giustizia con delega alle Periferie ha detto la sua in merito alle critiche mosse alla coalizione a cui il proprio partito ha recentemente aderito e approfittato per chiarire la posizione di MDP all’interno del movimento.
«Mi sembra che si costruiscano polemiche sul nulla. Colpisce la vacuità della discussione. Dovremmo parlare di lavoro, giustizia sociale, equità, crisi, precarietà, mettere al centro del dibattito questi argomenti troppo a lungo trascurati e, invece, parliamo di cose inutili e strumentali. Siamo in campo per discutere di vita reale delle persone, di problemi veri. Passare il tempo a disquisire di segni grafici, di loghi, di foglie, di malintese definizioni, di strumentali angolature, è un segno di crisi profonda della politica.»
Perché un elettore dovrebbe riporre la propria fiducia in un gruppo che ha nei suoi leader ex PD o alleati PD, un partito, dunque, dal quale vi siete allontanati? Cosa cambia in questa nuova formazione?
«Intanto, si tratta di persone specchiate, oneste, che si sono sempre messe al servizio della collettività facendo del loro meglio. Ma, in ogni caso, io credo che gli elettori si debbano fidare innanzitutto delle idee che portiamo avanti, dei progetti che proponiamo. La classe dirigente la costruiamo insieme e lo facciamo sui territori. A Roma ci sono stati oltre millecinquecento delegati, provenienti da assemblee locali. Con loro costruiremo le candidature, le presenze, i circoli. Capisco che i nomi più conosciuti siano sempre tirati in ballo, ma il nostro progetto politico sta nascendo tra le migliaia di militanti che, in questi anni, hanno mostrato disappunto e stanchezza verso le politiche del PD e vogliono costruire un nuovo cammino.»
Cosa pensa, a proposito, della demonizzazione di D’Alema rispetto all’intera coalizione? Crede che si stia sfruttando la sua presenza come pretesto per attaccare l’intero gruppo?
«D’Alema è stato Presidente del Consiglio, segretario di partito, ha una lunga esperienza politica e potrà essere utile alle nostre battaglie. Non si capisce chi lo contesta cos’abbia di preciso da criticare. Un progetto politico si aggrega intorno a varie personalità: ci vogliono energie nuove, nuova classe dirigente e ci vuole l’esperienza, la presenza di chi ha cultura politica, cultura istituzionale e può dare un contributo. Io credo che sia ora di mettere da parte gli attacchi personali per dedicarsi ai temi della vita reale delle persone. Non siamo impegnati in politica per litigare ma per costruire. La gente ci affida il futuro della società e noi dobbiamo dare risposte, questo interessa. Non l’uno contro l’altro ma con il confronto delle idee.»
Cosa risponde a chi dice che sarà D’Alema a prendere le decisioni anziché Pietro Grasso?
«Mi pare che abbia già risposto bene lo stesso Presidente del Senato. Non mi pare, quella di Grasso, una figura che possa essere sospettata di debolezza. È stato un magistrato importante nella lotta alla criminalità organizzata, procuratore nazionale antimafia, Presidente del Senato. Chi può dubitare della sua forza e della sua autonomia? Il tema vero, però, è quello di costruire movimenti dal basso. Le figure di riferimento sono importanti ma non quanto sia importante aggregare una comunità. Senza una comunità di territorio un movimento politico non vive, non cammina, non decolla. Le decisioni non le prenderà né D’Alema né Grasso. Le prenderà il popolo che sapremo aggregare intorno al progetto di Liberi e Uguali.»