Dio, peccato che non c’eravate anche voi. Se Holden Caulfield avesse preso parte all’ultimo grande evento realizzato lo scorso fine settimana a Napoli, nel quartiere di Scampia, vi avrebbe detto esattamente così: Dio, peccato che non c’eravate anche voi. Per il sesto anno consecutivo, infatti, nell’area nord partenopea si è tenuto Libera in Goal, il torneo di calcetto che ha visto trionfare i padroni di casa, promosso da Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie in collaborazione con VoDiSca – Voci di Scampia, per una tre giorni ricca di emozioni e storie straordinarie che le istituzioni e i media – ma non noi di Mar dei Sargassi – hanno deciso di ignorare, ribadendo un concetto ormai chiaro da tempo: le catene del pregiudizio non vanno spezzate.
Si fa presto, infatti, a dire Scampia. La criminalità organizzata, la droga, lo spaccio, le Vele, via Bakù, la legge che non esiste, i rom, il degrado e la povertà offrono spunti da picchi di audience che non si possono ignorare. Al contempo, si fa un po’ meno presto a raccontarla per davvero. Le associazioni, le iniziative, le vittime innocenti, le storie di chi ce la fa, il Tg delle belle notizie, il talento, la passione e l’amore per la propria terra non devono fare rumore. Come un’etichetta che non vuole staccarsi, il nome di quel quartiere di cui tutti parlano, ma che nei fatti nessuno conosce, sa spesso trasformarsi in una condanna, soprattutto per chi ci vive e lotta nel mutismo dell’intera collettività che quel marchio non ha alcuna intenzione di cancellarlo. Libera in Goal ne è stato soltanto un ulteriore esempio. Al weekend di sport, associazionismo e legalità, infatti, in assenza di tappeti rossi da calcare e televisioni a cui sorridere, gran parte della cittadinanza, del mondo politico e degli intellettuali ha pensato bene di non presenziare, ricordandoci quanto quella zona così discussa sia, in realtà, volutamente dimenticata dalla città e non solo.
Quando le pistole sono riposte, i microfoni spenti e le telecamere adagiate, a Scampia non va nessuno. Non ci vanno le istituzioni che la sfruttano per campagna elettorale, non ci vanno i giornalisti che a essa dedicano finti fiumi di parole, non ci vanno gli indignati che dicono di volerla salvare. Non ci va nemmeno Roberto Saviano che a suo nome le serie tv non smette di farle girare. Gli unici ad andarci sono giovani provenienti da tutta Italia e associazioni che se ne prendono cura con sentimento sincero, a differenza di quanto troppo spesso vogliono farci credere. Anche quest’anno, per la competizione dedicata ad Antonio Landieri, vittima innocente di camorra, sono accorsi in tanti: da Napoli a Udine, passando per Sarzana, Torino e Trieste c’è stato un incontro di persone incredibili e realtà coraggiose che si sono prese per mano e hanno mescolato, in modo naturale e sincero, le loro storie. Solidarietà, aggregazione, legalità, passione, amicizia, ideali, sogni e sentimenti forti si sono raccolti all’ombra delle Vele, portando luce su un territorio che ha umanità da insegnare. Lo sport, infatti, come raramente accade, soprattutto in Italia, è tornato a essere motivo di integrazione e condivisione, portatore di valori sani e voglia di stare insieme con lo scopo di dare un calcio alla malavita e agli stereotipi. Nell’indifferenza di uno Stato che non supporta e non sottolinea l’importanza di momenti inclusivi come Libera in Goal, soprattutto in contesti ostili, le rappresentanze di VoDiSca, Marotta&Cafiero editori, Libera Udine, Rime, Get up¡, L’égalitè, Casa Acmos, Associazione Dream Team – donne in rete, Coordinamento campano familiari vittime innocenti della criminalità e la nostra Associazione L’Anguilla hanno sfidato le previsioni meteo alla scoperta di luoghi grondanti di racconti di vita vissuta, dapprima sui campi dell’Arci Scampia, poi in giro per le strade del quartiere, facendo proprie le esperienze altrui. Insieme, hanno consumato i pasti presso il gustosissimo e temerario ristorante italo-rom Chikù, hanno dormito in tenda, hanno preso parte al progetto Pangea, una chiara e decisa risposta al menefreghismo istituzionale che a Scampia pianta aiuole per poi privarle dell’acqua, encomiabilmente raccolta dagli abitanti della zona affinché il verde non si spenga. Sono diventati amici, sono diventati famiglia, condividendo la durezza del quotidiano e il coraggio delle loro scelte che, in un finto silenzio, stanno rivoluzionando un Paese che vogliono convincerci sia morto. E, invece, no. Resiste e combatte, marcia sulla via della libertà, piuttosto che su Roma.
È difficile tornare alla normalità dopo questi tre giorni, soprattutto nel confronto con il mondo che quell’intera comunità di concrete speranze tenta di schiacciarla con continui soprusi e violenze. Ma se è vero che non si è veramente fregati finché si ha da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla, Libera in Goal è solo l’inizio di una rivoluzione nuova guidata da un inarrestabile sentimento d’amore che ha travolto tutti noi partecipanti. Una manifestazione umana, ancor prima che sportiva, capace di cambiare il senso di molte vite. Dio, peccato che non c’eravate anche voi.