Hanno fatto molto scalpore, negli ultimi anni, le notizie di effrazioni domestiche e di rapine in luoghi commerciali privati, che hanno visto i proprietari dei beni sfidare la legge per difendere il proprio diritto alla vita. La grande visibilità che questi avvenimenti hanno ricevuto grazie ai media ha certamente scosso l’opinione pubblica, riportando più volte l’argomento nelle case degli italiani. Non c’è da stupirsi, allora, del sentito bisogno di una legge che tutelasse le vittime di un’aggressione dal diventare potenziali carnefici.
L’attenzione che le sporadiche vicende hanno ottenuto, infatti, ha portato alla luce la nuova riforma sulla legittima difesa e la sua schiacciante vittoria in Senato, votata da Lega, MoVimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il provvedimento consiste in alcune piccole modifiche al testo già esistente che, però, rischiano di comportare grandi cambiamenti e inattese conseguenze.
Molto preoccupante è, difatti, la percezione delle persone sulla questione sicurezza: i sondaggi dimostrano che l’Italia vive nel timore di furti e aggressioni. Eppure, le statistiche ufficiali hanno riscontrato un significativo calo della criminalità. Negli ultimi due anni, gli omicidi sono diminuiti del 19% e furti e rapine dell’11%. Insomma, lo Stivale diventa progressivamente più sicuro, ma le sensazioni degli italiani peggiorano esponenzialmente. In tal senso, è probabile che, nel passato recente, un ruolo importante l’abbia avuto il surreale interesse conferito dai media ai casi di legittima difesa finiti in tragedia che si sono conclusi con processi favorevoli nei confronti delle vittime.
Insomma, fino a ora la legge ha sempre tutelato a dovere il cittadino, ma l’erronea percezione di un fenomeno non poi così grande ha spianato il campo affinché questa riforma nascesse. Resta sempre controverso – anche dal punto di vista legale – il concetto di libertà, che dovrebbe appartenere a tutti ma senza scalfire quella altrui. La norma approvata, invece, nel suo complesso, sembra far tendere troppo in alto un piatto della bilancia.
Le modifiche rispetto alla disposizione precedente intendono garantire maggiore tutela per le vittime e un notevole inasprimento delle pene per gli aggressori. Aumentano, infatti, gli anni di detenzione per i reati di violazione di domicilio, furto e rapina, e diventa più difficile ottenere la sospensione condizionale, concessa solo dietro pagamento di risarcimento. Per quanto riguarda chi subisce, invece, la legislazione dispone che la difesa, in casa propria – o esercizio commerciale – è sempre legittima. La più grande novità, però, sta nell’introduzione del concetto di grave turbamento, che tenta, seppur in modo molto poco specifico, di salvaguardare da colpe collaterali chi ricade in eccesso di legittima difesa a causa della confusione creata dal momento di pericolo. Insomma, attraverso questi cambiamenti dovrebbero aumentare le pene, ma restare invariato il concetto di proporzionalità, secondo cui la legittima difesa va sempre ponderata e applicata alla gravità della situazione. Eppure, nella sostanza, purtroppo, sembra annullarsi proprio questo necessario equilibrio.
Nei cinque episodi di cui si è parlato negli ultimi sedici anni, anche in caso di omicidio dell’aggressore, gli indagati sono stati sollevati dalle accuse e i processi archiviati perché considerata l’incapacità di ragionare lucidamente durante la situazione di pericolo. A discrezione del giudice e della corte, nei momenti in cui è stato necessario giungere a conclusioni di questo tipo, la decisione è avvenuta naturalmente. Specificare tale necessità da parte del testo di legge, allora, oltre a non essere del tutto necessario, può comportare conseguenze molto diverse da quelle attese. È più probabile che le persone si sentano maggiormente tutelate, non nella loro sicurezza fisica, ma nel poter agire liberamente mettendo a rischio l’incolumità altrui o, addirittura, di poter decidere della vita di un’altra persona senza subirne le conseguenze. Insomma, più che aumentare la sicurezza, i risultati di questa riforma potrebbero essere l’esatto opposto di quelli sperati.
Molto probabilmente, allora, la proposta si adagia sulla necessità della popolazione di essere tranquillizzata dal timore dovuto a una percezione statisticamente errata. Il suo grande successo, però, dimostra che i cittadini non si sentono realmente al sicuro e sono privi di aspettative nei confronti delle istituzioni, che dovrebbero proteggerli dalle aggressioni e tutelarne i diritti in sede di giudizio. Attraverso questa iniziativa, dunque, invece di comunicare nel modo giusto e assicurare affidabilità, si continuerà a giustificare la mancata fiducia da parte dello Stato, garantendo maggiore sicurezza attraverso la possibilità di difendersi da soli.
La nuova norma, tuttavia, è stata già messa in discussione in termini di costituzionalità. Rischia, infatti, di violare accordi internazionali poiché il diritto alla vita passa in secondo piano rispetto al diritto di inviolabilità del domicilio. Primo tra tutti i fondamentali principi da riconoscere all’essere umano, esso dovrebbe essere sempre garantito sopra ogni cosa, se non in caso di aggressione all’incolumità della persona, e non essere annullato da un presunto e troppo vago turbamento durante un’effrazione.
Non c’è bisogno, però, di scomodare gli inalienabili diritti umani per riconoscere l’inconcludenza della normativa. Tra i compiti della politica, all’interno di un apparato democratico, dovrebbe esserci quello di legiferare in merito a questioni di cui la popolazione non può essere esperta. Produrre una legge – in realtà non basata su alcun bisogno imminente – con lo scopo di soddisfare gli elettori si rivela, in ogni caso, uno spreco del tempo e delle risorse di chi è pagato per prendere queste decisioni. La possibilità di cadere in conseguenze disastrose e ritorsioni violente che si aggiunge, poi, non fa che aggravare una situazione già compromessa di per sé e l’incostituzionalità e la violazione di accordi o diritti risultano la ciliegina sulla torta di una serie di scelte non solo errate, ma fatte anche per i motivi sbagliati.
Il ruolo del politico è decidere per tutti i cittadini, senza comprometterne il futuro. Accontentarli per assicurarsi maggiore fiducia e possibile rielezione attraverso leggi potenzialmente pericolose, dunque, non risponde in alcun modo al motivo per cui si viene eletti.