L’ecologia politica si occupa dell’articolata relazione esistente tra l’ecologia e l’economia politica nel più ampio discorso sull’ambiente naturale e sociale. Molti studiosi indicano il filosofo e scrittore francese André Gorz (1923-2007) come fondatore della disciplina, anche se del tema si è cominciato a parlare dalla metà degli anni Trenta del secolo scorso, nella pubblicistica riguardante la geografia umana e in antropologia, agli inizi degli anni Settanta, per descrivere la complessa e conflittuale interazione tra ecosistema e sviluppo sociale, fino all’odierna definizione di Capitalocene dello storico dell’ambiente Jason W. Moore che vede la crisi ecologica e planetaria dei nostri giorni come un prodotto dell’ecologia-mondo capitalista.
Di nascita austriaca, André Gorz visse, studiò e lavorò nel campo editoriale soprattutto in Francia, sulla scia dell’interesse per la fenomenologia di Edmund Husserl e per l’opera di Jean-Paul Sartre. Nel 1964, fu tra i fondatori del giornale Le Nouvel Observateur e cercò di coniugare l’esistenzialismo con il marxismo, interessato alle lacerazioni prodotte dal sistema sociale sull’esperienza umana individuale, vissuta tra alienazione e anelito libertario. L’autonomia individuale era percepita dal giornalista e intellettuale francese come condizione necessaria per la trasformazione sociale.
La liberazione personale e quella collettiva, tuttavia, si condizionano a vicenda, come a Gorz insegnarono le ricerche dell’amico Herbert Marcuse e degli altri studiosi della Scuola di Francoforte – da Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, fino a Jürgen Habermas e Oskar Negt – che costituirono un’altra fonte critica del suo pensiero. Lo studioso, invece, criticò lo strutturalismo che gli appariva come la principale negazione della soggettività, soprattutto nei suoi articoli sulla rivista Les Temps Modernes, dagli anni Sessanta, e allo stesso tempo tentò di superare l’economicismo presente anche nella concezione classica del pensiero marxista.
Con l’avvento della contestazione sessantottina, la sua visione esistenzialista e umanista del socialismo si fece carico di ciò che accadeva all’interno delle diverse forme istituzionali, dalla famiglia alla scuola fino al mondo del lavoro e dello Stato, che limitano o addirittura impediscono le possibili forme della libertà umana. L’incontro e l’amicizia con Ivan Illich, alla fine degli anni Sessanta, e la riflessione indotta dai saggi Descolarizzare la società (1971) e La convivialità (1973) dello studioso austriaco di origini croate furono fondamentali per l’evoluzione della sua visione critica e radicale del sistema-mondo.
Con il saggio Ecologia e libertà (1977), infine, affrontò la problematica ecologista nell’ambito del complicato sistema di interazioni tra economia, politica e società, tecnica e ambiente naturale. La sua visione delle scienze della società si integrò con le tematiche del degrado dell’ambiente naturale e sociale e diede sempre più spazio ai fenomeni del controllo del potere, dell’emarginazione individuale e collettiva, nonché dei conflitti ambientali locali e mondiali.
Al di là del pensiero critico di Gorz, i fondamenti della pratica dell’ecologia politica – come teorizzati, per esempio, dagli studiosi Raymond L. Bryant e Sinead Bailey – ribadiscono che i cambiamenti ambientali influiscono in maniera complessa e non sempre prevedibile sulla vita societaria e che eventuali modifiche dell’ambiente devono incidere sullo stato delle cose economico-politico. Infine, la distribuzione diseguale e iniqua di costi e benefici provoca sempre delle conseguenze sulla politica degli Stati e nella formazione dei rapporti di potere intra-societari.
Il pensiero di André Gorz tenta di formulare una risposta ecologista ai problemi del sistema e, soprattutto, descrive la distruttività delle logiche dell’economia produttivista e consumista che porta agli squilibri ecologico-sociali. Assieme a Illich, il pensatore francese critica radicalmente l’ambientalismo sistemico e anche ecocentrista in nome di una visione umanista e anticapitalista.
Sulla scia della concezione radicale dell’ecologia politica, in effetti, nelle riflessioni più recenti vengono ripensate anche le elaborazioni teorico-pratiche della green economy, che si oppongono all’economicismo della crescita infinita su un pianeta finito, cercando di guardare alla natura non più come limite ma come opportunità. Queste ultime teorizzazioni, tuttavia, risultano funzionali al sistema economico capitalistico e alla finanziarizzazione del mondo.
Nel suo recente contributo saggistico Antropocene o Capitalocene? (ombre corte, 2017), infine, lo storico Jason W. Moore afferma che il capitalismo non ha costruito una visione ecologica perché esso stesso è un regime ecologico: lo sfruttamento e la creazione di valore non si danno sulla natura, ma attraverso essa, all’interno dei rapporti sociali e naturali dell’articolazione variabile di capitale, potere e ambiente definita Capitalocene. È con questa organizzazione della natura, di conseguenza, che bisogna fare i conti, per affrontare, prima che sia troppo tardi, la disastrosa crisi ambientale dei nostri tempi.
Musica per le mie orecchie, in questo caso per i miei occhi. Ottima riflessione che ricorda a tutti cosa è utile leggere per capire.
grazie per l’attenzione, Alessandro Citarella!