Villa Ebe, una palazzina in stile neogotico, è anche nota come Castello di Pizzofalcone e sorge sul fianco occidentale del Monte Echia, nel quartiere di Napoli San Ferdinando. Costruita nel 1922 da Lamont Young, architetto e urbanista che si occupò anche della costruzione del castello Aselmeyer, villa Ebe divenne presto la sua dimora personale. L’edificio era stato progettato su due sezioni diverse, infatti prese il nome di Castello Lamont: da un lato era villa Ebe e dall’altro la residenza della famiglia Astarita.
A oggi, soltanto villa Ebe è ancora visibile in quanto la seconda parte del complesso fu distrutta da un bombardamento durante la Seconda guerra mondiale. La villa prese il suo nome da quello della giovane moglie di Young, Eba Cortazzi, che vi dimorò fino al 1970, poi gli eredi alienarono la proprietà al Comune di Napoli. La villa è nota, soprattutto ai turisti, per la leggenda che da anni circola sul suo conto: il fantasma di Lamont Young, che si suicidò tra le sue mura nel 1929, si aggirerebbe ancora per le stanze o sulla terrazza.
Villa Ebe ha un valore storico estremamente importante sia per quanto riguarda la sua architettura che per la posizione – situata in cima alle rampe cinquecentesche che scendono verso il mare – ed è stata spesso al centro di progetti di restauro e recupero che, però, non sono mai stati realizzati. Alla fine degli anni Novanta, si pensò addirittura di demolirla per costruire un parcheggio, progetto al quale la giunta Bassolino non si oppose. Agli inizi del 2000, invece, grazie a Della Monaco, la villa ottenne il vincolo culturale, salvandosi in extremis dall’abbattimento. Sempre in quegli anni, diverse furono le proposte per il recupero ma, prima che i lavori di restauro venissero deliberati, a causa di un incendio doloso la villa subì gravissimi danni che ne devastarono le sale interne e distrussero la scala elicoidale di cui oggi possiamo vedere soltanto lo scheletro in metallo. La parte forse più affascinante, e che ancora è possibile ammirare, è la torre quadrata con contrafforti ottagonali in pietra vesuviana con finestre ad arco.
Il sito risulta ormai abbandonato da tempo e il progetto di rivalorizzazione di cui si era parlato nel 2000 è stato approvato soltanto cinque anni dopo tuttavia, a causa del disinteresse istituzionale, ha perso ben 11 milioni di euro di finanziamento dell’Unione Europea, che comprendevano anche la rivalutazione del quartiere. Villa Ebe, infatti, avrebbe dovuto trasformarsi in un grande museo interattivo destinato ad accogliere mostre e convegni dedicati all’architettura Liberty. Stile che si è diffuso nella Napoli di fine Ottocento inizio Novecento, ha come caratteristiche principali l’asimmetria, il linearismo, l’uso di materiali policromi e il naturalismo degli ornamenti ispirato al mondo vegetale. La città partenopea, con il Liberty, è stata protagonista di un incredibile sviluppo sia nelle arti figurative che in quelle industriali e, nei quartieri come il Vomero, Posillipo e Chiaia, è fiorito soprattutto in architettura.
Per villa Ebe era prevista la sistemazione della terrazza panoramica e l’installazione su di essa di un moderno periscopio, secondo il modello della Torre di Tavira a Cadice. Gli ultimi aggiornamenti sulla costruzione risalgono al 2008, quando fu approvato un ulteriore finanziamento con fondi europei (circa 3 milioni di euro), ma l’Assessorato Regionale al Bilancio e l’Autorità hanno bocciato il progetto in quanto l’amministrazione Iervolino sembra non abbia mai prodotto una documentazione adeguata affinché il progetto potesse essere approvato. A oggi, la villa versa ancora e purtroppo in un totale stato di abbandono e non si può far altro che sperare che si smetta di perdere fondi per riqualificare luoghi splendidi come questo dalla potenzialità e dalla bellezza davvero uniche nel loro genere.