Napoli, in particolar modo Posillipo, dal II secolo a.C. è diventata la città degli otia, il luogo ideale per il riposo e lo studio, lontano dalle questioni politiche e militari, permettendo a chi vi soggiornava di godere delle bellezze naturali e culturali che l’impronta greca sapeva offrire. E proprio Posillipo è tornata in auge nell’Ottocento grazie alla costruzione della strada voluta da Murat e completata nel secondo decennio del secolo “regnando Ferdinando IV Re”, scrivono Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza ne Le ville di Napoli.
La costruzione di questa strada ha permesso quindi di raggiungere, anche per via terra, le dimore a ovest di Palazzo Donn’Anna. Pietro Colletta, che era responsabile dei lavori, ne parla nella sua Storia del Reame di Napoli:
La strada di Posillipo intende a prolungare l’amenissimo cammino di Mergellina e condurre alle terre, per memoria venerate, di Pozzuoli e di Cuma, evitando l’oscuro periglioso calle della Grotta. La strada, benché breve due miglia e mezzo, costava la spesa di ducati duecentomila, così grandi essendo i lavori d’arte per tagli di monte e traversar di balze e di borri. Fu pagato il denaro non dallo Stato ma dal re (Murat), in dono alla città. L’opera con sollecitudine procedeva; e oggi accresce le bellezze del luogo e le meraviglie del passeggiero.
Ancora, Carbonaro e Cosenza scrivono: I lavori erano iniziati dopo il decreto Murat dell’8 febbraio 1812 e alla sua partenza la strada era già stata completata fino al bivio con l’attuale via Boccaccio. Ferdinando tra il 1820 e il 1830 fece riprendere i lavori dal Corpo del genio dell’armata austriaca per il tratto fino a Coroglio che comportò notevoli difficoltà e ritardi per il completamento.
La strada ha fatto sì che due ceti sociali, molto differenti tra loro, iniziassero a convivere: a monte quello popolare di piccoli borghesi e artigiani – seppur il tratto più vicino alla città, in particolar modo gli antichi e superbi palazzi seicenteschi, erano stati occupati da pescatori e gente povera – mentre lato mare da aristocratici e alta borghesia.
Valentina Gison nel suo Posillipo nell’Ottocento racconta di come le abitazioni di Posillipo uniscono due criteri di villa diventati noti in età romana: si tratta di un edificio compatto che risalta l’ambiente naturale, da cui però rimane isolata, e dalla struttura aperta che si articola secondo l’orografia e si combina perfettamente nel paesaggio. Per quanto riguarda invece gli stili adoperati si è registrata una forte presenza di costruzioni neoclassiche, con colonne, pronai e frontoni, e la presenza di elementi neoromanici, neogotici e orientaleggianti – seguendo il gusto eclettico europeo che si era diffuso a Napoli grazie alla presenza di architetti e ricchi stranieri che avevano proprietà in quella zona della città.
Non bisogna dimenticare un altro stile importato, il Liberty, che, in particolar modo a Posillipo, ha preso forma con esempi significativi e pregevoli e, visti i maggiori costi nonché difficoltà di realizzazione, andava a rispondere a scelte e possibilità economiche esclusivamente della nobiltà cittadina, della ricca borghesia e degli stranieri benestanti. Carbonaro e Cosenza scrivono:
I pittori della “Scuola di Posillipo”, eredi della tradizione del vedutismo e delle gouaches del Settecento, a partire dal fondatore Pitloo e a seguire con i Gigante, De Nittis, Carelli e altri, rispondendo alla continua richiesta da parte dei viaggiatori stranieri di paesaggi cittadini da portar via come ricordo, hanno lasciato, dagli anni Venti agli anni Cinquanta dell’Ottocento, una ricca documentazione delle ville di Posillipo nella loro copiosa produzione di dipinti, acquerelli, disegni e stampe.
Erano tantissimi gli stranieri, in particolar modo gli inglesi, presenti a Napoli, soprattutto tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento. Erano aristocratici, imprenditori e intellettuali quelli che nelle ville di Posillipo hanno trovato la risposta perfetta al loro gusto romantico europeo. Nelle dimore realizzate hanno importato anche l’eclettismo architettonico già diffuso nei loro paesi di origine. Posillipo era quindi una scelta di vita per tutti quelli che volevano investire capitale e impiantare industrie a Napoli.
Ovviamente la città rappresentava una tappa d’obbligo del Grand Tour per gli intellettuali e tra questi sir Arthur Conan Doyle, ospite dei coniugi Douglas a villa Maya alla Gaiola, Walter Scott che è stato guidato nella visita ai ruderi del palazzo degli Spiriti da William Gell, e anche Oscar Wilde che vi ha soggiornato per qualche mese. Posillipo era quindi diventata il paradiso di sole e mare dove trascorrere le più belle delle villeggiature.