Dopo la storica Villa Belvedere, tra le grandi ville del Vomero c’è la ben nota Floridiana. Il suo aspetto neoclassico si è conservato quasi del tutto intatto, probabilmente anche grazie alla sua trasformazione in museo. L’edificio si presenta a due piani con loggia centrale a motivi iconici e si eleva sul pianterreno in pietra lavica vesuviana, un materiale più robusto del marmo nato dalle antiche eruzioni del Vesuvio.
Nel loro Le ville di Napoli, parlando della Floridiana, Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza scrivono: Un’ampia scalinata marmorea a doppia rampa degradante lungo il declivio della collina rende più maestosa la facciata meridionale e si raccorda con la bella terrazza panoramica arricchita da un tempietto circolare ionico. L’elegante facciata settentrionale, sormontata da un timpano triangolare, poggia con il pianterreno a livello dell’ampio prato antistante.
La villa è stata realizzata per volontà di Ferdinando IV di Borbone da Antonio Niccolini, grande protagonista dell’architettura partenopea del tempo. Il suolo sul quale essa sorge era stato donato, nel 1646, da donna Maria Felice Orsini ai padri Lucchesi, i quali, nel 1797, ne concessero parte, in enfiteusi, a un favorito di Maria Carolina, François Chevreux, detto Lalo, che, sette anni dopo, vi si fece costruire, affrancando l’enfiteusi, una villa, che vendette, nel 1807, a Cristoforo Saliceti, ministro di Giuseppe Bonaparte. Il re Ferdinando acquistò dagli eredi del ministro Saliceti la casa e i terreni confinanti con quelli del principe di Belvedere da un lato, dall’altro con quelli del marchese de Sinno, per farne dopo alla duchessa di Floridia, vedova di Benedetto Grifeo, principe di Partanna, donna Lucia Migliaccio, da lui sposata con matrimonio morganatico nel 1814.
La villa si presenta in stile neoclassico, con la pianta regolare e un corpo centrale rettangolare, dotato di piccole “ali” perpendicolari che vanno ad accompagnare e concludere idealmente lo spazio antistante l’edificio. Il lato opposto invece presenta una rampa a doppia tenaglia che prosegue nella lunga scalinata marmorea del giardino sottostante, creando una fuga davvero spettacolare. Al suo interno, Villa Floridiana comprendeva diverse stanze disposte su due piani, con dei saloni e una piccola cappella. Con l’acquisto del podere de Sinno è stato poi possibile raddoppiare la superficie del giardino che oggi va sino a via Cimarosa n.77 dove si apre l’ingresso principale con il lungo viale di accesso.
Nel XIX secolo è stato aggiunto il kaffehaus, che però tempo dopo ha preso il nome di Villa Lucia. Si tratta di un padiglione per serate mondane che, sempre il Niccolini, ha realizzato in stile pompeiano con un portico con colonne. In realtà, la villa è stata dapprima un luogo di preghiera dei padri benedettini a fine Cinquecento, poi è diventata una casa di villeggiatura dei padri lucchesi a metà Seicento. Nel 1807, dopo essere stata acquistata da Giuseppe Saliceti, ministro di Murat, quando era già un caffeaus – come si diceva a Napoli – è stata poi sistemata da Francesco Maresca e, infine, nel 1816 acquistata dal re Ferdinando per diventare a tutti gli effetti parte del complesso della Floridiana.
L’architetto Niccolini ha saputo accostare con grande armonia gli edifici della Floridiana e di Villa Lucia applicando, in maniera del tutto personale e brillante, i criteri prospettici e illuministici che sono stati introdotti da William Kent per questa tipologia di giardino proto-romantico un po’ orientaleggiante, allargando e arricchendo i giardini con più di centocinquanta specie vegetali. Non vi erano soltanto piante rare, ma anche aiuole, fontane, logge, boschetti e animali esotici. Arnaldo Venditti nel suo Napoli neoclassica: architetti e architetture ha scritto: L’esperienza di un’articolata composizione del verde e il tema di una villa-belvedere era stata già affrontata da maestro alcuni anni prima, allorché nel 1809, egli era stato chiamato a realizzare allo Scudillo, presso Capodimonte, la villa per il Marchese di Gallo, Marzio Marzilli, creato duca da Murat, più nome come villa della regina Isabella, e verrà ripresa nella villa Majo all’infrascata e nella Ruffo a Capodimonte.
Nella seconda metà dell’Ottocento il duca di Martina, Placido de Sangro, l’allora proprietario della villa Floridiana, raccolse una splendida collezione di porcellane di Meissen, di Capodimonte, di Ginori, di Sévres, di Limoges, della Cina e del Giappone oltre a preziose maioliche, vetri, avori, giade, mobili, quadri, ecc. La ricca collezione di oggetti di arte applicata fu dal duca lasciata in eredità al nipote Placido de Sangro, conte dei Marsi, che morendo nel 1911 volle donare l’intero “museo di famiglia” alla città di Napoli, pur lasciando l’usufrutto in vita alla moglie Marina Spinelli di Scalea. La villa, divenuta più tardi proprietà del maggiore inglese Harrison, fu acquistata nel 1919 dallo Stato italiano e trasformata in sede del Museo Nazionale della Ceramica dal ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile, raccontano ancora Carbonaro e Cosenza. Dal 1931 è quindi esposta nella Floridiana una delle più grandi e antiche collezioni di arti decorative europee e orientali che vanta oltre seimila pezzi.