Il rione Antignano a Napoli, anche detto semplicemente Antignano, è una delle zone più antiche del Vomero. Al tempo dei Romani, a quando risale la sua “nascita”, era un nucleo abitativo rurale sulla via chiamata Puteolis Neapolim per colles, la strada che prima era l’unica che permetteva di collegare la zona flegrea alla città. Nel II secolo d.C. circa, la strada è stata sistemata nuovamente e ha preso il nome di via Antiniana.
L’origine del nome Antignano è stato interpretato anche da Carlo Celano nella Sesta Giornata del suo Delle notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli: Tutta questa montagna vien detta Antignano, e vogliono alcuni, che debbasi dire Antoniano, essendo stato villa di Antonino Imperadore; ma il più vero si è, che prende il nome dal lago d’Agnano, dovendosi dire Ante Agnanum, perché anticamente, ed anco al presente, da chi non vuole andare per la grotta, da qui si va al lago suddetto; e nell’estate, i Contadini, che portano colle some a maturare i lini in quell’acque, per non andare per dentro la Città, vanno per questo luogo. In epoca borbonica, invece, Antignano è stato un punto cruciale del Dazio, di cui ancora oggi si conserva la sede, un piccolo edificio a due archi sul cui fianco è visibile l’iscrizione Qui si paga per gli regj censali.
Con il tempo Antignano è diventato uno dei casali della zona alta di Napoli e ha conservato la memoria delle proprietà dei Beccadelli e del Pontano, nonché è stato il luogo dove sono state costruite le ville Prato, Tocco, Crucoli d’Aquino, quella dei marchesi de Majo e quella del conte di Acerra.
Della villa neoclassica De Majo si hanno notizie grazie al Celano-Chiarini e ne parlano Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza nel loro Le ville di Napoli: edificata dal marchese di Genzano, conosciuta come “Villa Majo all’Infrascata” perché ubicata sul poggio panoramico, salendo a destra sulla strada dell’Infrescata, oggi via Salvator Rosa, al n. 130. Il giardino della villa, ristrutturata dal celebre architetto Antonio Niccolini, è di circa 1300 metri quadri, ha una bellissima vista sul golfo ed è arricchito da tempietti e punti di riposo.
Villa Ferrante, che si trova al n. 2 di via San Gennaro ad Antignano, è purtroppo scomparsa. Dal libro di A. La Gala, apprendiamo che la villa era posizionata su un terrapieno eliminato nel dopoguerra per far posto a una stazione di servizio Agip. Al secondo piano dell’edificio nacque nel 1920 Salvo D’Acquisto. Sempre nella zona chiamata Conte Della Cerra, vi è infine Villa Brayda, nei pressi di Villa De’ Mari e Villa del conte di Acerra. Vi ha vissuto, nei primi decenni del Novecento, il poeta Giovanni Capurro, autore di ’O sole mio. Mimmo Liguodo, a questo proposito, ha scritto: Case alte, più basse, screpolate nel colore perduto, nelle fenditure senza intonaco. In alto discosta, dove si incrociano due strano che vanno in collina, villa Brayda se ne sta nel verde di alberi e siepi. È la casa del poeta Giovanni Capurro […]. Nel gennaio 1920 […] lassù a villa Brayda Capurro si spegneva.
Il nome di questa villa deriva dai suoi antichi proprietari. Si tratta di un casato di una dinastia di feudatari piemontesi che si sono poi insediati nel Regno al seguito degli Angioini. Carbonaro e Cosenza raccontano ancora: Pietro di Brayda nel 1271 era vicario e capitano di Torino per il re di Napoli, ma con sconfitta di quest’ultimo da parte del marchese di Saluzzo dovette riparare in Provenza. Esiste a tutt’oggi una bella Villa Tortora Brayda nel comune di Sant’Anastasia parzialmente ristrutturata e utilizzata da quel comune come luogo di eventi culturali.