Il quartiere di Napoli Chiaia ha preso vita, come lo conosciamo oggi nella sua conformazione, nel XVI secolo, e tutto il terreno posto lungo il tratto di mare e di collina del Vomero è stato abbellito con alberi, fontane e giardini bellissimi dal viceré duca di Medina nel 1692. Nella seconda metà dell’Ottocento, infine, una colmata a mare ha permesso l’avanzare della linea costiera creando così via Caracciolo – poi con il Piano di Risanamento – il Rione Amedeo e via dei Mille.
Un quartiere bellissimo, quello di Chiaia, una zona ricercata per le abitazioni di svago, ville incantevoli immerse nel verde, dal panorama mozzafiato che ancora oggi celano un grande fascino: Villa Manso diventata poi Palazzo Balsorano; Villa massaria poi Palazzo Carafa di Roccella; la villa di Vittoria Colonna o Palazzo d’Avalos e infine Villa Carafa di Stigliano poi Palazzo Cellamare.
Villa Manso, attuale Palazzo Balsorano situato in via Crispi numero 4, presenta sulla facciata una lapide del 1895, posta per il terzo centenario della morte di Torquato Tasso, che recita: Torquato Tasso ospite di un amico nel MDXCII mirando da questo poggio il cielo i campi la marina – delineava Il Mondo Creato – ritesseva La Gerusalemme – filosofava dell’Amicizia – dimentico delle avversità – contento della vita. Amico e proprietario del poeta era Giovan Battista Manso, nobile mecenate, studioso, signore di Bisaccia e Panca e uomo d’armi, la cui villa omonima era una casa di campagna circondata da verde fino al mare. Il marchese amava la poesia e coltivava le sue amicizie con uomini illustri. Tra questi, oltre a Tasso, Giovan Battista Marino e John Milton. L’abitazione, come raccontano Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza nel libro Le ville di Napoli, aveva una sala da pranzo arredata con arazzi e tele fiamminghe e godeva di ampia vista sul mare. Successivamente, è stata trasformata dai Balsorano, conti di Lefebure, in palazzo e ha acquistato l’aspetto imponente che è possibile ammirare ancora oggi.
Uno dei più famosi palazzi del quartiere Chiaia è probabilmente il Palazzo Carafa di Roccella. Masseria con terreno di proprietà della famiglia di Sangro, nel 1667 Francesco, principe di San Severo, l’ha ceduta a Giuseppe Carafa, suo genero, come dote per la figlia. Il palazzo è stato per molto tempo una residenza di campagna fino a quando, nel 1717, l’abitazione è stata venduta ad Antonia Cantelmo Stuart, moglie del principe di Roccella. Luigi Vecchioni, collaboratore di Luigi Vanvitelli, ha ristrutturato la villa a partire dal 1755 e dopo circa dieci anni, la massaria è diventata un palazzo estremamente elegante, dotato anche di locali destinati all’affitto, dal chiaro stile vanvitelliano nella centralità del portone d’ingresso e dello scalone principale.
Successivamente è stato costruito anche il secondo piano poi abitato da Vincenzo Maria Carafa e dalla moglie Livia Doria. Nel 1885, però, è stata realizzata via dei Mille, strada che passava proprio dove era situato l’atrio coperto, dividendo i locali destinati al fitto dal resto della proprietà. Infine, nel 1984, il palazzo è stato acquistato dal Comune di Napoli che lo ha trasformato, dopo i lavori di ristrutturazione, in un Centro di Documentazione delle Arti Contemporanee destinato ad accogliere esposizioni, archivi, attività culturali e tanto altro. Il 26 marzo del 2006 Palazzo Carafa di Roccella è stato ufficialmente inaugurato con il nome PAN, Palazzo delle Arti di Napoli.
Altra bellissima dimora di Chiaia, diventata poi palazzo, è la villa di Vittoria Colonna, la cui costruzione originaria è stata voluta da Francesco Ferrante d’Avalos d’Aragona, marchese del Vasto e di Pescara, sposato con la nobildonna e poetessa. Il poeta Galeazzo di Tarsia nei suoi versi ha definito la villa Pietralba ed è diventata scenario di feste aristocratiche e convivi letterari. Il marchese purtroppo è morto giovanissimo e Vittoria Colonna, molto legata al marito, ha preferito lasciare l’abitazione ritirandosi nel Castello Aragonese a Ischia, proprietà dei d’Avalos. Dopo la morta della poetessa, con i suoi eredi, il palazzo è ritornato protagonista della vita mondana della città.
Con il passare del tempo, inoltre, la dimora si è arricchita di numerose opere d’arte, tra cui quelle di Tiziano e Giordano. Tuttavia, soltanto alla fine del Settecento il palazzo è stato completamente ricostruito secondo uno stile più affine al classico. Il progetto affidato a Mario Gioffredo ha comportato infatti una ridefinizione simmetrica del corpo quadrilatero dell’edificio e della sua corte. L’accesso è stato spostato a sud e i giardini antistanti sostituiti da un nuovo grande piazzale la cui memoria, come scritto ne Le ville di Napoli, sarebbe poi rimasta nel nome della breve via detta Largo del Vasto a Chiaia. Ancora oggi, l’assetto del palazzo è quello tardo-settecentesco a tre piani e vi sono conservate le decorazioni, gli arredi, i dipinti e suppellettili di tre epoche diverse; alle spalle continua a esistere un giardino con frutteti.
Nel quartiere vi è infine Villa Carafa di Stigliano, realizzata nei primi decenni del Cinquecento per volontà di Giovan Francesco Carafa. Inizialmente casa di campagna, dopo il 1533, quando è stata realizzata via Chiaia, Luigi Carafa ha incaricato Ferdinando Manlio di abbellire la costruzione e conferirle le caratteristiche di una dimora signorile. Nel Seicento la villa è stata ulteriormente ampliata e circondata da splendidi giardini che si sviluppavano con una scenografia doppia rampa che verso l’alto portava alle orangeries, recintate da un muro con due imponenti portali dal timpano mistilineo.
La villa, di gran lusso, era posta più in alto rispetto alle altre perciò godeva di una meravigliosa vista sul Golfo. Nei primi del Settecento è stata acquistata dal duca Giovenazzo Antonio Giudice, principe di Cellamare, che l’ha ulteriormente arricchita di pregevoli pitture di Giacomo del Po’, Pietro Bardellino, Giacinto Diana e Fedele Fischetti, nonché dotata di una cappella gentilizia con gli esterni rifatti da Ferdinando Fuga. La villa ha così acquisito tutte le caratteristiche di un imponente edificio cittadino. Verso la fine dell’Ottocento, però, il palazzo è stato suddiviso e venduto a privati, e nel 1943, per l’allargamento di via Chiaia, ne è stata demolita una parte. Negli anni 1948-1950 le antiche cave di tufo, usate per la costruzione iniziale del palazzo, sono state in parte occupate dal cinema-teatro Metropolitan.