Il quartiere napoletano di Chiaia, che era una delle zone più ambite per le abitazioni di svago, nella conformazione che conosciamo oggi è stato creato nel XVI secolo e, inizialmente, era un borgo al di fuori delle mura cittadine. È nel 1800 circa, però, che ne è stato completamente modificato l’assetto originario anche grazie alla realizzazione di via dei Mille e del rione Amedeo.
Le bellezze del quartiere partenopeo sono ancora tantissime: infatti, molte ville gentilizie che furono costruite a Chiaia nel periodo vicereale sono poi diventate dei palazzi cittadini. Come racconta Carlo Celano, nel suo Notizie del bello, dell’antico e del curioso […], un chiaro esempio di palazzi cittadini sono la Torre della Valle Alarcón, Villa Gravina e Casino Faxardo. A questi tre, il letterato partenopeo aggiunge anche la leggenda legata al Monastero di San Leonardo, ormai scomparso seppur presente in molte immagini dell’epoca, che fu distrutto e al suo posto fu eretta la Villa Reale. Questo monastero, come scrivono Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza nel libro Le ville di Napoli, si ergeva isolato al centro dell’arenile di Chiaia nella zona compresa tra la chiesa di San Giuseppe e la chiesa della Vittoria.
A proposito della Torre della Valle, invece, come scrive sempre il Celano: palazzo quello del Marchese della Valle, della casa Mendoza, e fu il primo che fosse stato da signori edificato per delizie in questa spiaggia; e perché non era questo luogo popolato come oggi, vi fabbricò una forte torre, per sicurtà, in caso d’incursione de’ Turchi, che ne’ tempi andati erano frequenti. L’edificio che il marchese della Valle fece costruire, era in forme rinascimentali e l’ingresso principale affacciava sulla spiaggia di Chiaia, dotato di una torre quadrangolare a difesa del palazzo che dovrebbe rappresentare una delle più antiche costruzioni di Chiaia ancora oggi sono visibile. La Torre della Valle è poi diventata Palazzo Caravita di Sirignano, inizialmente di proprietà del principe Caracciolo di Torella, per poi essere acquistato, nel 1838, dal principe Leopoldo delle Due Sicilie che ne commissionò il riammodernamento all’architetto Fausto Niccolini. Dal 1937 il palazzo è la sede della compagnia di navigazione Tirrenia.
Carlo Celano, a proposito di Villa Gravina e del Casino Faxardo, scrive invece: vedesi una strada che va a terminare nella bella chiesa di Santa Maria in Portico, servita da’ Chierici Regolari Lucchesi, della Congregazione della Madre di Dio. Era questo luogo un famoso palazzo di delizie, con una villa ben grande, che arrivava fin sopra il piano del Vomero, del Duca di Gravina della casa Ursini. D. Felice Maria Ursini, Duchessa di Gravina, essendo rimasta vedova si diede ad una vita ritirata e spirituale, colla guida de’ Padre della Compagnia di Gesù; ma avendo passati alcuni disgusti colli detti Padri, fece venir da Lucca questi, e convertì le sue stanze in abitazione de’ Religiosi; e nell’anno 1632 si dié principio alla nuova chiesa; e vi fu buttata ne’ fondamenti la prima pietra, quale volle calare di sua propria mano, buttandovi una quantità di monete d’oro e d’argento: ed ella si fabbricò un amenissimo casino su la cima del monte per sua abitazione, che ha vedute pur troppo belle, dove santamente godeva con la direzione di così buoni Padri, che di continuo l’assistevano; e morendo, lasciò loro quanto poté. La chiesa già detta è delle nobili, pulite e ben servite che siano della nostra città. […] Vi è avanti dell’altar maggiore sepolto il corpo della Duchessa fondatrice, che passò da questa vita nell’anno 1647, a’ 2 di febbraio. La casa de’ Padri è ella deliziosissima, e ha fertilissimi e ampi giardini, e v’erano un tempo nobili e stravaganti logge di fiori. Presso questa chiesa vi sono bellissimi casini, come quello del Faxardo, del già fu Presidente Cacciuottolo, oggi posseduto dal signor Reggente Moles, al presente Reggente di Cancelleria in Napoli.
Nel 1646 proprio questo territorio, che la duchessa di Gravina aveva donato ai padri lucchesi, fu suddiviso in lotti, acquistato e venduto nel corso dei secoli successivi. Su di esso fu poi costruita la Floridiana, al Vomero, e la Villa Quintieri alle spalle di Santa Maria in Portico.