Barra, quartiere napoletano di origini antichissime e ricco di vecchie dimore tutelate dall’Ente per le Ville Vesuviane, vide nascere due nuclei abitativi già prima dell’anno 1000. A quel tempo, Sirinum e Casavaleria – questi i loro nomi – ancora non erano definiti casali, ma dal 1275 anch’essi divennero tali, con gran parte del territorio che fu donato alla famiglia Coczi, mentre altri nuclei si andavano costituendo. Il casale in questione, anche per la presenza di molte torri, prese il nome di Barra de Coczi. Nel 1494, invece, queste aree furono unite a quelli del Sirinum e nel 1642 anche al territorio di Casavaleria. Fu tra il 1600 e il 1700, però, che nel quartiere vennero edificate numerose ville nobiliari, molte delle quali ancora oggi visibili.
Percorrendo il corso Sirena, al numero 7, ci si ritrova presso quello che era in origine uno dei complessi residenziali più estesi dell’area vesuviana, la Villa Pignatelli di Monteleone. I lavori di costruzione, iniziati nel 1728 – ma mai completati – durarono fino al 1766. Il duca Diego Pignatelli affidò l’opera prima a Ferdinando Sanfelice e poi a Ferdinando Fuga. Come scrivono ne Le ville di Napoli Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza, la struttura era immersa in un grandioso parco, oggi in pessime condizioni, cui facevano da preludio due edifici poligonali, superati i quali, sull’asse prospettico principale diretto al Vesuvio, si ergeva un cafehaus in forma di tempietto. La facciata presentava un grande portale in piperno con linea spezzata e bugnato a punta di diamante. Oggi la villa si trova in un grave stato di degrado, compressa anche dagli abusi edilizi.
Al numero 55 di via Martucci, si trova poi Villa Salvetti. Indicata anche nella mappa del duca di Noja, non ha subito sostanziali cambiamenti e presenta una planimetria a U con una bella scala con volte a crociera. La facciata è composta da riquadrature in stucco che circondano sia le finestre che il portale. Ha subito vari interventi di restauro, seppur non risolutivi, e attualmente è proprietà del Comune di Napoli, che dovrebbe ristrutturarla. Villa Sant’Anna, invece, si trova in via Volpicelli numero 310. Questo edificio è successivo alla mappa del duca di Noja e, di conseguenza, non compare al suo interno. La sua costruzione, infatti, è datata intorno al XVIII-XIX secolo. La villa presenta una planimetria a U, con due cortili interni. La facciata, con basamento a scarpa, evidenzia elementi decorativi ionici e corinzi.
Sempre al corso Sirena, ma al numero 165, sorge Villa Spinelli di Scalea. Questa villa è stata edificata nel XVIII secolo – anch’essa visibile sulla mappa del duca di Noja – ed è appartenuta prima a Francesco Pignatelli, conte di Acerra, e poi alla famiglia Spinelli. Conserva l’impianto planimetrico a pianta quadrata e si articola intorno a due cortili comunicanti attraverso una doppia arcata. Attraverso un vestibolo si accede al primo cortile che termina con tre arcate da cui si scorge il parco. Da un secondo vestibolo si accede all’altro cortile chiuso su tre lati; un basso corpo di fabbrica, sormontato da una terrazza, lo separa dal parco che ha subito modifiche verso la fine dell’Ottocento, a quando risale il giardino all’inglese e i percorsi regolari sono stati sostituiti con tracciati tortuosi, in più sono stati aggiunti due corpi di fabbrica. Nel parco della villa, in via Velia numero 23, è stata successivamente costruita una palazzina di gusto neoclassico che attualmente è di proprietà dell’ospizio della Povere Figlie della Visitazione ed è chiamata Dipendenza Villa Spinelli.
A Barra è possibile trovare anche delle ville-masseria, nelle quali famiglie di piccola nobiltà di provincia risiedevano stabilmente, a diretto contatto con le loro terre e con i contadini che le coltivavano. Un esempio ne è Villa Mastellone di cui Pasquale Cozzolino, storico del quartiere, scrisse nel 1889: Sulle altezze del Serinum, risanato, il marchese Amato nel 1621 volle, accosto ad un territorio suo, veder costruita la Casa, così detta Scioriniello, forse dai fiori superbi del parco che la dovevano idealizzare, allietata pur da teatrino; e i Mastellone, dei duchi di Limatola, la loro Villa nel 1678, confinante con questa casa Amaro, arricchita anche di nel parco, con stradone centrale di mezzo chilometro circa.
D.O.M. / DOMINICUS MASTELLONUS / SUBURBANUM HOC / PRO SE FAMILIAQUE SUA COMPARAVIT / AT IBIDEM ERUMPENTE INTER RUDERA / ROSA / HOC SACELLUM / AN MDCXCIX / DIVAE MARIAE / ROSAE COGNOMENTO / NUNCUPATUM / INAUGURATO CONSTRUXIT / INGREDERE HOSPES / ET FLORUM / REGINAE / SPARGE FLORES, A Dio ottimo massimo / Domenico Mastellone / predispose / questo suburbano edificio / per sé e la sua famiglia / Nello stesso luogo, essendo spuntata tra i ruderi / una rosa / costruì nell’anno 1699 / questa cappella / consacrata inaugurata col nome di Santa Maria Rosa / Entra, ospite / e spargi fiori / alla regina dei fiori.
Le ville di Barra, nonché le ville vesuviane più in generale, sono un patrimonio artistico straordinario, eppure sottovalutato, che andrebbe conservato, restaurato e valorizzato piuttosto che, come spesso succede, lasciato in un grave stato di degrado. Ognuna di queste vecchie abitazioni, infatti, è capace di raccontare una storia e una cultura uniche al mondo, una memoria che va assolutamente difesa, quindi tramandata.
Da Barrése, ringrazio Francesca Testa per l’intelligente attenzione che ha voluto riservare alle Ville vesuviane di Barra, che davvero “sono un patrimonio artistico straordinario, eppure sottovalutato, che andrebbe conservato, restaurato e valorizzato piuttosto che, come spesso succede, lasciato in un grave stato di degrado … una storia e una cultura uniche al mondo, una memoria che va assolutamente difesa, quindi tramandata”. Per chi volesse approfondire ulteriormente, mi permetto di suggerire: http://www.ilportaledelsud.org/barra10.1.htm
https://www.facebook.com/Angelo-Renzi-Storia-di-Barra-Napoli