Seppellire i morti.
Visitare i carcerati.
Dar da mangiare agli affamati.
Vestire gli ignudi.
Dar da bere agli assetati.
Curare gli infermi.
Ospitare i pellegrini.
È Caravaggio che, in un vicolo della nostra città, mette in scena la sintesi degli ideali che dovrebbero guidare ognuno di noi. Un quadro quasi blasfemo per crudezza e spietatezza spirituale, dove la carità è raffigurata da una donna che allatta un vecchio. Non da un De Luca che consegna un pacco alimentare. Una carità intima, orizzontale, che toglie il fiato per poesia e generosità. Del resto, si sa, il bene, per essere bene, deve essere fine a se stesso: anonimo.
Laddove la compensazione del nostro dare è terrena (visibilità, consenso, prestigio, voti) non ha nessuna altezza spirituale. Legittima legittimamente i propri ego. Non sono i progettini di bontà dei nostri amministratori o delle nostre massonerie soft che incidono nella crescita di una realtà. Al contrario: producono carriere, patentini di finte altezze e poco altro. In questo senso, non ci deve trarre in inganno se una mosca si poggia su un fiore, perché il suo campo di atterraggio è “fisiologicamente” altrove. Programmi, idee, slogan sono sempre proporzionali a colui che li proclama, alla credibilità personale, alla storia individuale e al gruppo di persone che si porta dietro. La campagna elettorale napoletana è la sintesi cristallina di come una classe politica grigia, confusa e sputtanata, qualunque cosa vada a narrare in giro, resti grigia, confusa e sputtanata.
Gaetano Manfredi, reduce dal soggiorno balneare come ministro del Conte bis, mette in scena un remake della vecchia DC e del pentapartito. Inutile sottolineare che il degrado insito nella sua coalizione difficilmente passi inosservato ai napoletani. Gonfia di un consenso forzato la sua candidatura, che si squaglierà come neve al sole. L’azione politica di questa pachidermica forza non può, per ambiguità e impalpabilità, confrontarsi con le sette misericordie indispensabili nei nostri quartieri: qualche rabbioso progetto di bontà salernitano e la più cupa inconsistenza.
Maresca, essendo candidato di Salvini, non ha niente a che fare con la misericordia, ma solo con un livido civico-qualunquismo. Per il povero Bassolino, invece, essendo colui che ha nell’ultimo mezzo secolo dominato la scena cittadina, trascinandola in questa condizione di vuoto politico e morale, bisogna invocare la misericordia. Non siamo noi, ma lui stesso a doversi giudicare e a mettersi di lato o a servizio della storia. Resta Alessandra Clemente, con la sua pulizia e il suo rigore.
Cammino per Piazza Garibaldi e cerco di ordinare i pensieri, ma le immagini incombono e confondono. I morti dei migranti in mare non hanno sepoltura. Non hanno nome. Sono imprecisi numeri statistici. Ma ci sono responsabili politici di destra e di sinistra per questo massacro? A Napoli chi li rappresenta?
Un’infanzia violata, negata, vissuta in una realtà di fame e di scuorno produce criminali. Carceri piene. Ci sarà una fisiologica parte di popolazione che delinque a prescindere, ma gli altri? Chi ha affamato, nascosto alla pubblica opinione, lasciato nelle mani della criminalità organizzata i nostri bambini? Ci sono forze in città che hanno fatto dell’inclusione la loro bandiera, che nonostante la scarsezza di risorse hanno bonificato interi quartieri, portandoli alla luce, fuori dal degrado. Chi sono?
Il lavoro, sancito come diritto costituzionale, viene oggi calpestato, quasi deriso, da una classe politica cinica e strafottente. Il nostro territorio è stato derubato, umiliato, distrutto nelle sue immense potenzialità produttive. Da chi?
Mentre gironzolo per Piazza Garibaldi tentando di dare un senso al mio delirio politico, scorgo un capannello di latinoamericani in lacrime attorno a una donna. Mi avvicino. La signora si chiama Teresa e, dopo oltre dieci anni di Napoli, ha trovato lavoro a Milano. Lascia due figli grandicelli, un amore forse stanco e tanti amici. Il fiume della vita del Pendino che scorre, che mi riconduce sempre alla realtà: a quel groviglio di morte e luce di cui è composto il destino di ciascuno di noi.
Contributo a cura di Luca Musella