L’idea di costituire comunità ecosolidali e, dunque, secondo una coerenza ecofilosofica – dove per ecofilosofia si deve intendere la volontà di conoscere, sapere, amare, aver cura dell’altro – nasce da un’istanza lontana nel tempo, come ci ricorda Karl Marx nella sua lettera a Ruge del 1843. Nasce come il sogno di ricostruire la comunità umana secondo principi di giustizia e libertà. Un sogno che è un antico lavoro che l’umanità fa su se stessa, un lavoro quasi biblico, titanico, in cui far emergere il bisogno dell’essere delle cose insieme con gli uomini e la natura; che è anche il compito affidato agli uomini sapienti quel tanto che basta per sentire questo sentimento dell’altro come fondamentale.
È solo il sogno di una cosa, una premonizione antropologica di un profetismo moderno o non è anche, nello spirito hegeliano questa volta, la necessità stessa dei giorni moderni, ove questa possibilità cozza contro l’arcaismo dei tempi e s’incontra altresì con lo sviluppo delle forze immateriali e materiali dell’epoca contemporanea?
È sotto gli occhi di tutti che se non andiamo verso la costituzione di comunità ecosolidali, l’abisso del demoniaco e del nulla, dell’odio e della guerra senza fine è quello che ci aspetta. Una lotta sì tra bene e male, intesa da una parte come la volontà dei popoli e delle classi dell’eliminazione delle ingiustizie e, dall’altra, come la volontà di perseguire il male, come l’affermazione di potenza che, per forza di cose, prevede l’eliminazione dell’altro. Oggi ci appare, quest’ultima, una soluzione liquidatoria, barbarica fino in fondo e la soluzione finale per eccellenza è anche quella che sottace la barbarità dell’ultimo Novecento, dove sterminio, genocidio, annichilazione e distruzione sono le idee fondamentali dell’odio.
Dunque pensare alla costruzione delle comunità ecofilosofiche è un compito quasi messianico, ce ne rendiamo conto, quasi biblico, ove per messianico e biblico deve intendersi la vocazione ultima, il destino dell’uomo, la sua restitutio ad integrum, la sua ricomposizione nel corpo e nello spirito, nel corpo e nello spirito della comunità. Gli antropologi chiamano questa restitutio ad integrum ricomporre la “tazza rotta”.
Nel corso del tempo, seconda una leggenda indiana, l’egoismo dell’uomo ha decomposto, destrutturato e poi distrutto la sua natura comunitaria, il suo essere per l’altro. La sua relazione fondamentale con gli altri e con la natura, che non è mai stata fuori dell’umano, se non quando l’egoismo proprietario non ha distrutto questo essere gli uni per gli altri in un mutuo soccorso continuo: cooperazione, solidarietà, spirito di collaborazione, aiuto reciproco.
Si sono scalate così le montagne, riparate le case distrutte, costruite delle nuove, accumulato un sapere concreto che ha prodotto sì una divisione sociale del lavoro ma sempre come laboriosità comune. E adesso, con tutta la ricchezza accumulata, con tutto il sapere accumulato, con la tecnologia enorme e raffinatissima di cui disponiamo, vogliamo recedere nell’antro della incoscienza e del cannibalismo sociale? Già siamo oltre l’umano e scivolati da tempo nell’inumano. Ma il passaggio a nord ovest tocca a noi indicarlo e costruirlo.
Esiste oramai una rete di associazioni, cooperative, di comunità sapienti ed ecosolidali che cresce come nuova coscienza civile e politica in ogni dove sul pianeta Terra, movimenti che reclamano la vita e non la morte, movimenti che chiedono l’abolizione dell’odio e della guerra, la collaborazione e la comunicazione dei saperi individuali e collettivi, come nuova intelligenza collettiva, come nuovo “valore” su cui far crescere i bisogni e la ricchezza del mondo. Ecco il primo atto che queste reti interconnesse oramai dal globalismo elettronico devono compiere è un atto fondativo, di una nuova costituzione universale e costruire queste città d’asilo così come l’ultimo Derrida suggeriva, come luoghi di cooperazione e solidarietà. Non è una utopia, è una necessità possibile.
Per favorire questa nascita e costruzione è sorto un comitato promotore locale, napoletano, nazionale e internazionale che ha visto adesioni significative nel campo dell’arte, dell’economia, delle conoscenze ad hoc, dove per conoscenze ad hoc s’intendono conoscenze specifiche per la costruzione di comunità, città intelligenti ed ecosolidali.
In Danimarca, come in Germania, come in molte zone dell’Italia, nelle stesse zone di sottosviluppo (ammesso che ve ne siano oramai) le comunità umane ecosolidali ed ecofilosofiche sono una normalità e non un’eccezione. Ecco, il nostro sogno di una cosa è far diventare la ecosolidarietà umana la normalità e non l’eccezione.
Il comitato provvisorio che promuove questo progetto è composto da: Daize Coimbra del collettivo ecofemminista di Santerra, Brasile; Romualdo Dias, storico, ecofilosofo, collaboratore per anni di Leonardo Boff, sociologo, filosofo e teologo della liberazione; Vincenzo Crosio, storico della conoscenza; Achille Flora, economista del territorio; Mario Nicoletti, antropologo ed etnomusicologo; Valeria Spinelli, architetto e politico; Giansalvo Pio Fortunato, poeta e filosofo della prassi; Alessandro Lana, economista e capo della formazione e della progettazione del Centro studi sociali Sandro Pertini; Francesco Terracciano, poeta e critico letterario.
Contributo a cura di Vincenzo Crosio