Nell’era digitale, le immagini della violenza, crude anche oltre ogni limite di decenza, spiattellate in prima pagina o rimbalzate sui canali social fino alla nausea, fanno da sfondo a ogni nostro passaggio al computer, sguardo al televisore, lettura di un quotidiano.
Il manto del Vesuvio carbonizzato, fatto a pezzi, deturpato da rovinosi buchi di desolazione, è il volto di una donna sfregiata dall’acido, segnata per sempre dalla follia di una relazione malata. Spenti i roghi, però, dimenticata l’emergenza, non ci aspettavamo altro! Neppure il tempo di veder sparire dai nostri cieli intasati di cenere e polveri l’ultimo canadair, infatti, che i giornali, le tv, gli esponenti della politica locale e nazionale, persino le persone che hanno respirato per giorni le nubi tossiche della mano armata dalla camorra dell’accendino più veloce del Sud, hanno seppellito l’emergenza e il gravissimo danno prodotto al territorio al pari delle tonnellate di rifiuti nocivi che gonfiano il sottosuolo del Gigante.
Ah! Tanto per precisare, alla storia del ragazzo armato di clipper capace di cancellare duemila ettari di bosco senza una complicità ben più organizzata e criminale, non solo non crediamo, ma riteniamo necessario e doveroso offrire elementi di chiarezza alle popolazioni minacciate dai fuochi di qualche settimana fa, conditi dai dettagli di un lavoro che le forze dell’ordine stanno svolgendo e svolgeranno al fine di far luce sui motivi e assicurare i mandanti dei roghi alla giustizia.
Gente, quella residente alle falde del vulcano, che dal pericolo non è ancora stata messa al riparo, anzi, il rischio di danni ancor ben più gravi di quelli registrati in questa torbida estate è rimandato alle piogge che cadranno tra l’autunno e l’inverno, con la probabilità di imponenti valanghe di fango a seppellire palazzi, macchine, e strade.
Sono preoccupato per ciò che potrebbe accadere con le piogge autunnali — afferma il generale regionale dei carabinieri forestali, Sergio Costa — con tutta questa distruzione si rischiano fiumi di fango fino alle abitazioni. Serve subito un tavolo di crisi per la tutela idrogeologica tra autorità amministrative e politiche.
Dalle pagine del Corriere della Sera, Silvana Pagliuca, ricercatrice e geologa, rincara la dose, illustrando le reali e tragiche conseguenze che il disboscamento potrebbe provocare: Senza vegetazione le aree a valle possono essere interessate da scorrimento di flussi fangoso-detritici. Mancando vie naturali potrebbero scorrere sulle strade e causare danni a persone e cose. Questi flussi possono diventare devastanti nel giro di pochi minuti. Tali aree — scrive Pagliuca — non dispongono, attualmente, di alcuna difesa; i cittadini possono solo sperare che le prossime piogge non siano “tipo nubifragio”, in modo che poco alla volta la cenere sia dilavata.
Al fine, di evitare una nuova strage sulla scia della colata che piegò la cittadina di Sarno nel 1998, creando vittime e danni ai fabbricati, l’esponente del Consiglio Nazionale delle Ricerche risponde così: Il sistema di allarme idrogeologico immediato è necessario per la difesa dei cittadini delle aree urbane del Vesuvio e del Somma, interessate spesso da nubifragi che sopraggiungono improvvisamente. È evidente che a causa della spinta urbanizzazione non è possibile evitare eventuali danni ai manufatti.
Insomma, non è bastato veder sparire uno dei boschi più vari e colorati d’Italia, messo a rischio e decimato oltre seicento specie animali, polverizzata l’intera colonia di api che risiedeva lungo le pendici del Vesuvio, sparso nell’aria metalli e altri rifiuti pericolosi per la salute. Oltre al danno, la beffa, anzi, il rischio di una vera e propria catastrofe. Chi metterà al sicuro le persone di Torre del Greco, Terzigno, Ottaviano, e delle altre città ai piedi della montagna? Chi garantirà loro un piano di prevenzione adeguata? È inaccettabile che dopo il fuoco, anche l’acqua possa far tremare i polsi di chi andrà a dormire sicuro del tetto che avrà sopra la testa a ripararlo dalle precipitazioni.
Il Vesuvio, per quanto pericoloso nella sua natura, è sempre stato sinonimo, per i napoletani, di protezione. Fa parte della nostra natura controversa. Guardarlo con gli occhi colmi di paura, anziché della meraviglia che è in grado di generare, sarebbe un ulteriore schiaffo a un popolo che, troppo spesso, conta sulle sue sole forze nella battaglia a criminalità e mal governo.