La gastronomía mexicana, apprezzata in tutto il mondo per i suoi sapori aromatizzati e piccanti, è dal 2010 Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
Nel XVI secolo, il Messico si procura il titolo di Nueva España con la caduta dell’Impero Azteco (1521) per mano dei conquistadores spagnoli, arrivati nel Nuovo Mondo nel 1492 guidati da Cristoforo Colombo. Da questo momento la cultura messicana si trova fortemente intrecciata con quella spagnola tanto che gli amerindi ne fanno propri la lingua, le tradizioni, l’architettura e tanto altro. Anche l’arte culinaria viene così conquistata.
Prima dell’arrivo degli spagnoli, in Messico i piatti sono cotti al vapore e alla piastra. Una pianta particolarmente apprezzata dalla civiltà precolombiana è l’amaranto, che gli Aztechi chiamano “il grano degli dei”. Ricca di qualità nutrizionali e dal potere curativo, la pianta è largamente utilizzata anche durante i rituali religiosi per forgiare immagini di divinità.
La cucina preispanica si serve delle risorse naturali della sua terra ed è per questo che – oltre all’abbondante uso di fagioli, ananas, avocado, patate dolci, arachidi, zucca, erbe e peperoncino (in trecento varietà diverse per colore e sapore) – l’elemento preponderante è il mais, la cui coltivazione è molto semplice in quanto non richiede nessun tipo di preparazione della terra. A questo prezioso ingrediente sono legati alcuni dei cibi messicani più gustosi: tortillas, tamales e tacos. Le risorse a cui si attinge, però, sono anche animali. A questa era, dunque, appartengono ricette a base di tacchino e – preparatevi ad arricciare il naso – scimmie, serpenti, ragni e insetti.
Ma gli indigeni sanno come farsi perdonare: alla civiltà olmeca (Messico meridionale) risalgono infatti i primi semi di cacao, cavallo di battaglia della regione tabasqueña Chontalpa, in cui viene ancora coltivato secondo le modalità tradizionali.
Con l’arrivo dei conquistadores, si diffonde un nuovo metodo di cottura, la frittura, decisamente meno salutare rispetto ai precedenti. Vengono anche introdotti nuovi animali, piante e altri prodotti. Tra le piante: canna da zucchero, riso e banana. Il riso, in particolare, conosce una diffusione totale e diventa un elemento indispensabile della nuova cucina creola. Ma anche cipolla, aglio e pepe si integrano con facilità e danno alla gastronomia messicana quella peculiarità aromatica che attualmente la caratterizza. Inoltre, agli appetitosi animali a cui si è ricorso fino a questo momento, si aggiungono e – in molti casi – si sostituiscono maiale, pollo e manzo.
Un notevole cambiamento si verifica anche nel consumo di alcol: si passa da chicha e pulque (bevande alcoliche ancora oggi presenti, ma con minore successo) a vino e, soprattutto, birra, per poi giungere alla bevanda alcolica messicana per eccellenza, la Tequila, prodotta originariamente in Messico sotto la spinta spagnola.
Ma adesso parliamo dei piatti. Le tortillas messicane – da non confondere con le tortillas de patatas spagnole – sono a base di mais bianco (masa harina) e appaiono simili alle piadine, seppur molto diverse nella consistenza. Gli altri ingredienti sono semplici: acqua, sale e olio. Le tortillas possono essere farcite e cotte in tanti modi differenti, cambiando il loro nome in burritos se grigliate e imbottite con carne, tacos se ripiene di carne e fritte, fajitas se semplicemente accompagnano pollo e verdura, enchiladas se cotte al forno e contenenti carne, formaggio, verdura o fagioli.
I giornali spagnoli e messicani informano che, dall’arrivo di Trump, il prezzo dell’alimento messicano per antonomasia è aumentato fino all’11% in alcune città, accompagnato dall’inflazione del petrolio. Il fenomeno è stato denominato tortillazo.
Altro piatto tipico del Messico sono i tamales, involtini cotti al vapore in una foglia di pannocchia o banana. Sono a base di pasta di mais (masa) e possono essere farciti con carne, formaggio, frutta o verdura, a cui si aggiungono aglio, cipolla e peperoncino. I tamales sono un cibo di strada appartenente alla categoria degli antojitos, dal termine spagnolo antojo che significa “capriccio”, “sfizio”. In parole povere, come diremmo a Napoli, si mangiano per sfizio! Da circa due anni, anche gli antojitos hanno conosciuto un aumento del prezzo.
Si è detto che l’avocado è uno dei frutti prediletti del Messico precolombiano. Ebbene, è felicemente sopravvissuto alla colonizzazione spagnola e tuttora è l’ingrediente base di una salsa molto conosciuta, il guacamole. Altri suoi ingredienti indispensabili sono il succo di limetta e il peperoncino Serrano del Sol. La salsa accompagna spesso le sopracitate tortillas.
Una giornalista del New York Times, Melissa Clark, propose di aggiungere i piselli alla tradizionale ricetta. La reazione, però, fu un deciso “no” da parte della maggioranza, diniego al quale si unirono, su Twitter, l’ormai ex presidente Obama (Rispetto il NYT, ma non compro guacamole con piselli. Cipolla, aglio, peperoncino. Classico.) e il fratello dell’ex presidente Bush (Non si mettono i piselli nel guacamole).
Rinomate sono anche le zuppe (sopas). Tra le più conosciute e apprezzate c’è la sopa de limón, a base di pollo, limone e peperoncino, a cui i messicani aggiungono anche della birra, giacché gli europei l’hanno generosamente devoluta loro. Caldamente sconsigliata prima di un appuntamento, ma incredibilmente saporita, è la sopa de ajo (zuppa di aglio). Di origine spagnola, consiste in un brodo di carne in cui viene fatto bollire aglio schiacciato o tritato, precedentemente appassito nell’olio. Il tocco messicano è dato dall’aggiunta di tabasco, una salsa piccante.
Sarebbe impossibile e di poca utilità elencare tutte le specialità della cucina messicana cercando di dar loro giustizia. Il presente articolo è stato scritto, infatti, con la speranza di concedervi un rapido sguardo sulle bontà culinarie che vanta il Messico, grazie anche al fondamentale apporto della cucina spagnola, e di aver stuzzicato la vostra curiosità al punto tale da farvi prenotare un tavolo in una delle tante cucine messicane presenti in tutta Italia.