Il primo piano di una donna dalla pelle pallida e la bocca vermiglia, il viso contornato da una chioma dorata che da un lato forma dei ghirigori ricadenti sui suoi lineamenti delicati e dall’altro le coprono uno dei due occhi. Il secondo, quello destro, invece scoperto e chiuso, lasciando intravedere il trucco pesante che porta. Da quella palpebra serrata scendono delle lacrime, lacrime dello stesso colore dei suoi capelli, lacrime d’oro.
È questo che si vede quando si ha davanti il quadro Larmes d’or di Anne Marie Zilberman, un dipinto che ormai tutti conoscono, soprattutto grazie alla frequente condivisione sui social e alla sua falsa attribuzione a Gustav Klimt. Per l’uso dell’oro di Bisanzio, infatti, l’opera dell’artista contemporanea francese viene spesso associata al pittore viennese che faceva di questo colore uno dei suoi marchi di fabbrica. Tuttavia, se si guarda attentamente un lavoro del secessionista e della giovane pittrice – di cui si sanno solo poche informazioni, tra le quali che ha studiato arti grafiche a Parigi –, si comprende subito che i due artisti, per quanto scelgano entrambi di far diventare quella tinta splendente uno degli elementi più importanti nelle loro tele, hanno stili completamente diversi che si distinguono soprattutto per la pennellata: più fluida quella di Klimt, più corposa quella di Marie.
Ma chi è la donna ritratta nel dipinto? Un indizio sulla sua identità viene fornito proprio da quelle lacrime d’oro che danno il nome all’opera e che permettono di pensare alla fanciulla come alla dea Freyja. Divinità della guerra, della morte, delle virtù profetiche, ma anche della fertilità, dell’amore, della bellezza, della seduzione e dell’oro, Freyja appartiene al Pantheon delle divinità normanne ed è la figlia del dio Njǫrðr e regina degli Elfi. Detentrice di arti magiche, di lei si diceva che fosse bellissima e che la sua bellezza derivasse in parte dalla capigliatura dorata. La dea era anche la moglie del dio Odur, di cui poco si sa, se non che spesso partiva per lunghi viaggi lasciando la consorte tutta sola. Si narra che ogni volta che il suo amato si allontanava, Freyja piangesse disperata lacrime d’oro che tingevano l’alba di colori.
Anne Marie Zilberman, quindi, ritrae la divinità mentre si abbandona a questo pianto dorato riuscendo a catturare, in un quadro estremamente semplice per composizione, il dolore e la disperazione di una Penelope germanica che vede partire il suo Ulisse senza sapere quando e se tornerà. Quelle labbra socchiuse, quell’occhio congiunto diventano rappresentazione del supplizio immenso di una dea che si trasfigura in semplice donna piangente. Tuttavia, il rosso della bocca riesce a trasmettere la sensualità che sembra caratterizzasse Freyja.
Grazie a una sbagliata attribuzione, l’opera dell’artista francese ha potuto conoscere la popolarità che meritava, giungendo persino a ispirare una poesia scritta da Annalisa La Porta, intitolata proprio Larmes d’or:
Dormi, anima mia, dormi
Piangi dolcemente sul tuo incantesimo,
Il tuo triste incantesimo malinconico
di un angelo caduto,
con una strana fronte febbrile,
infelice.
Piangi, angelo mio, piangi
Lascia scorrere le tue lacrime d’oro
come la pioggia autunnale
quei languori amari e amari monotoni.
Le tue ali sono tagliate, la tua piuma inutile:
piangi così, sei così solo.
Il silenzio ti accompagna,
accolto, raccolto: accettare sconfitte,
anche loro danno un prezzo alla vita.