Che Mami fosse uno dei personaggi più importanti di Via col vento non lo si può certo negare. Con quel suo fare sbrigativo e le sue risposte un po’ acide è entrata subito nei cuori di tutti quelli che hanno visto il film diretto da Fleming. Ma qualcuno si è mai preoccupato di chiedere alla cameriera di colore di casa Hamilton cosa provasse ad allevare figli non suoi, a curare una casa non propriamente sua, a essere una schiava? A dare voce a questo personaggio o, perlomeno, alle sue discendenti ha pensato Kethryn Stockett nel suo romanzo di esordio L’aiuto pubblicato nel 2009.
Certo, le condizioni di vita di Aibileen e Minny – due delle protagoniste del testo – sono un po’ diverse da quelle di Mami: non vivono a Tara nel corso della Guerra di Secessione, ma nel 1962 nel Mississippi come dipendenti stipendiate di famiglie bianche. Il modo in cui vengono trattate a Jackson, dove abitano, tuttavia, non è poi così diverso da quello di chi condivideva il loro colore di pelle nell’America del XIX secolo: l’Apartheid costringe a una severa divisione tra bianchi e neri, che non possono frequentare le stesse biblioteche, le stesse scuole, sedere nello stesso posto sui bus o usare lo stesso bagno. Aibileen, Minny e tutte le altre domestiche di Jackson vengono pagate per il loro lavoro, ma non rispettate, vivono la maggior parte della loro vita con famiglie che, più che accoglierle come membri integranti, le trattano come macchine pronte a obbedire. Nessuna di loro ha mai pensato che le cose potessero cambiare, o meglio, anche se lo ha creduto, nessuna ha mai cercato di farlo, poiché non in possesso degli strumenti adatti. Il ritorno di Miss Eugenia Skeeter Phelan, giovane donna inusuale di 23 anni, però, fornisce l’utensile attraverso cui cominciare la battaglia: la penna.
Tornata dall’università, in cerca della sua autonomia da una madre che la vorrebbe come le altre, Skeeter, amante della scrittura e aspirante giornalista, decide di denunciare, attraverso una serie di interviste racchiuse in un libro, tutti i soprusi e le offese ricevute dalle cameriere di colore delle ricche famiglie della sua cittadina facendosi aiutare proprio dalle due protagoniste. Ne L’aiuto le voci che intervengono, quindi, sono tre: quelle di Aibileen, che si avvicina alla scrittura in ricordo del figlio morto, quella di Minny, dal temperamento bisbetico, e quella di Miss Skeeter, che come primo lavoro accetta di scrivere per un giornale una rubrica domestica, pur non sapendo come smacchiare una camicia. Attraverso le loro parole si vengono a conoscere tutti gli altri personaggi che popolano Jackson. Kathryn Stockett ha la capacità di caratterizzare ognuno perfettamente: ciascuna delle sue protagoniste, infatti, si distingue per uno stile ben preciso che ne rispecchia l’indole e i sentimenti.
Interessante è notare come l’autrice abbia deciso di affiancare alla storia delle domestiche quella di giovani donne bianche non accettate dalla comunità. Se da un lato ciò rischia di distrarre il lettore – per il quale è più facile identificarsi con il personaggio di Skeeter che con quello di Minny – dal tema della segregazione razziale, dall’altro personaggi come Celia Foot sono indispensabili per mettere in rilievo la mentalità ottusa del Mississippi e di quasi tutta l’America del tempo: se la comunità delle donne di Jackson non riesce ad accogliere tra loro una persona con usanze più progressiste delle sue, come potrebbe mai accettare chi non condivide con essa il colore della pelle?
Attraverso un romanzo divertente, toccante, veritiero e anche in parte autobiografico – come rivela l’appendice a fine libro –, la scrittrice riesce a raccontare in maniera leggera della questione femminile, ma soprattutto a ricordare una delle fette più oscure della storia americana, un’attitudine nei confronti di coloro con la pelle scura che, visti i recenti fatti di cronaca, persiste anche a più di cinquant’anni di distanza dai fatti narrati ne L’aiuto.