Confesso di non aver mai amato le biografie e, ancora meno, quelle in forma di romanzo. Vita di Schiele di Aldo Putignano, invece, è una felice eccezione perché è un racconto sulla vita e sull’arte di Egon Schiele, ma tradisce fin dalle prime pagine il genere biografico, che spesso scade nella mera descrizione – agiografica o denigratoria – del personaggio di cui si vuole narrare.
Lo scrittore ed editore napoletano, che di recente ha ricevuto il Premio Amato Lamberti per la Cultura, rifiuta da subito la strada della semplice ricostruzione storica e la sua attenzione è diretta al perché dell’uomo e della sua arte. In tal senso, il suo scritto è un’appassionata genealogia dell’espressione artistica e delle sue sfide personali e collettive.
Ce lo dice lui stesso nei Titoli di coda dell’opera, parlando del criterio che ha guidato il suo lavoro di ricerca e di scrittura, durato nove anni e approdato a una personale interpretazione (…) del personaggio Egon Schiele, pronto a rimettere in gioco ogni cosa, se un quadro o un dato storico osava mettere in discussione le mie labili convinzioni. In questo caos i viaggi e i libri sono stati la mia bussola.
Il risultato è uno straordinario viaggio artistico, letterario e sentimentale di cui ci rende partecipi fin dalla nascita di Egon, il 12 giugno del 1890, a Tulln, una piccola stazione del servizio ferroviario dell’Impero asburgico, a trenta chilometri da Vienna, definita centro immobile del mondo. Ci racconta, inoltre, dei difficili rapporti familiari e dell’importanza determinante della figura paterna, con l’ombra della sua follia, una minaccia che accompagnerà il giovane artista nel corso di tutta la sua tormentata esistenza.
La passione artistica del giovane Schiele assume da subito il carattere di una sfida imprescindibile e disperata alla marginalità del suo spazio vitale e all’immobilismo culturale al potere nel tempo storico in cui vive. Le sue opere susciteranno scalpore, tra ammirazione e scandalo, per le nudità e le pose esplicitamente sessuali delle figure disegnate o dipinte, inusuali nel rifiuto della bellezza delle forme classiche e perturbanti nell’indicare il disagio dell’intimità e la sofferenza dello stare al mondo.
L’incontro con il suo amato maestro Klimt e con le teorie della Secessione viennese aiuteranno il giovane artista ad abbandonare le rigide regole dell’Accademia e a esercitare la sua arte espressionista, peraltro in maniera del tutto personale. Fonderà, infatti, il Neukunstgruppe, il cui nucleo teorico è costruito attorno alla capacità, meglio ancora, alla necessità dell’artista di creare i fondamenti e le forme della propria espressione.
La scrittura densa e coinvolgente di Aldo Putignano ci fa rivivere, assieme al protagonista, l’esaltazione del successo e i momenti più bui della sua esistenza, come, ad esempio, la kafkiana metamorfosi in un “insetto immondo”, quando viene accusato di pornografia e di aver traviato minorenni. Condotto in carcere, il giovane Schiele sarà costretto a “spiegare” al giudice la differenza tra arte e pornografia, che secondo lui è assente nelle sue opere, dove sono ritratte modelle definite poco appetibili, perché osservate e riprodotte nella loro nudità psicologica ed esistenziale.
La parte finale della Vita di Schiele è una malinconica sequenza narrativa che evoca la dimensione esistenziale, vera e disumana, della perdita: la lontananza dall’amata sorella Gerti, la chiamata alle armi e la guerra, con la visione di un’umanità che corre verso la distruzione. E poi la morte di Wally, sua modella e amante per diversi anni, e quella del maestro Klimt agli inizi del terribile 1918.
Nell’autunno dello stesso anno, l’influenza spagnola infuria a Vienna e cala il sipario sulla commedia umana del grande artista. A fine ottobre, la moglie Edith, che aspettava un bambino, muore e, dopo alcuni giorni, anche Egon seguirà la stessa sorte, all’età di ventotto anni.
L’Impero asburgico si spegne in questo stesso periodo, ma la visione del mondo che lo sosteneva è già finita da tempo. La straordinaria e drammatica esistenza del pittore è la testimonianza di un epocale passaggio storico e culturale.
La Vita di Schiele narrata da Aldo Putignano è un emblema di quella sfida eterna che è l’espressione artistica, la quale può liberare alcuni esseri umani dall’angusta visione del proprio tempo ma perderli nella considerazione morale negativa della comunità di cui fanno parte, fino a condurli alla marginalità e alla follia. Quest’ultima, comunque, è pur sempre una condizione umana, troppo umana, che riguarda e accomuna tutti gli uomini e le donne, al di là del ruolo sociale che svolgono e del tempo di vita nel quale si rappresenta la loro esistenza.