La strada è un soggetto incredibile, una vita che scorre, giorno per giorno, animata da personaggi unici e straordinari che si fondono nell’ambiente urbano e non, noncuranti degli attimi speciali che loro stessi creano. La Street Photography, quindi, che da essa prende il nome, non necessita di una strada vera e propria, ciò che conta davvero è proprio catturare il momento “decisivo”, quel momento in cui è possibile cogliere e immortalare per sempre l’attività umana.
Parliamo di un genere fotografico nato agli inizi del Novecento grazie all’introduzione sul mercato delle prime fotocamere portatili (le fotocamere a telemetro), attraverso le quali era possibile ritrarre la realtà circostante in maniera immediata, una forma meno ossessivo-compulsiva di quella odierna che avviene attraverso l’utilizzo degli smartphone. Una cosa, però, resta uguale: scattare questa tipologia di fotografie non è semplice poiché le immagini devono raccontare un momento particolare, uno stato d’animo che a parole sarebbe difficoltoso spiegare.
La fotografia di strada, probabilmente, si è sviluppata a Parigi e tre grandi fotografi sono passati alla storia per le loro istantanee: Eugène Atget, Henri Cartier-Bresson e Izis Bidermanas. Incredibili artisti, altrettanto importanti, sono stati poi lo scozzese John Thomson, gli italiani Caio Mario Garrubba e Alex Majoli, gli americani Robert Frank e Alex Webb, il francese Robert Doisneau, il tedesco Alfred Eisenstaedt e molti molti altri.
La Street Photography necessita di una “condizione” che non dovrebbe mai mancare: la spontaneità del soggetto ripreso. Questo significa dimenticare completamente l’idea di avere un individuo fermo, in posa, pronto a essere ritratto. Si tratta di qualcuno che si muove liberamente nell’ambiente in cui si trova, non importa se all’aperto o al chiuso, l’importante è che non sia consapevole di quello che sta succedendo attorno a lui. La spontaneità però è un attributo che deve appartenere anche al fotografo, peculiarità con cui, in questo caso, s’intende la sua capacità di improvvisare, sfruttare i momenti che gli si presentano e, quindi, di cogliere l’attimo.
La ragione, in queste circostanze, è sì importante, ma ciò che conta davvero è l’azione, perché quell’istante – che per il fotografo è la sua fotografia perfetta e ideale – un attimo dopo potrebbe non esserci più. La Street Photography è quindi la realtà nuda e cruda, così come si presenta agli occhi di chi scatta e osserva. Questa forma d’arte vuole, dunque, raccontare la vita di qualcuno nella sua quotidianità e non implica necessariamente la presenza fisica di una persona, perché spesso una presenza si riesce ad avvertire, con grande forza, anche quando nell’immagine non c’è nessuno. Si tratta di un viaggio alla scoperta di un mondo che continua a trasformarsi, della resa eterna di un pezzo della società che non si ripeterà mai più. Sicuramente i flâneur del passato e moderni non hanno fatto altro che immergersi nell’imprevedibilità di un luogo, vissuto da estranei, cogliendone un preciso frammento di vita, un istante considerato unico, degno di essere immortalato.
Dalla prima fotografia scattata a una persona, nata dal genio di Jacques Daguerre nel 1838 – Boulevard du Temple –, a oggi tantissimi particolari sono cambiati e si sono evoluti, ma una cosa è certa: queste immagini continuano ancora a parlare a voce alta, attirando l’attenzione con un impatto immediato.
Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere. – Henri Cartier-Bresson